Il caso Lavitola continua a tenere banco e a riempire le prime pagine dei quotidiani di Panama e non poteva essere altrimenti, vista la trascendenza della vicenda sul futuro del governo di Ricardo Martinelli. Introvabile per giorni, il presidente ha affidato a twitter la sua verità: Lavitola gli venne presentato nelle vesti di amico intimo di Berlusconi, di un influente intermediario capace di chiudere affari tra i due Paesi. In quanto alle dichiarazioni di Franco Frattini al pool di giudici di Napoli, Martinelli non ha dubbi: l’ex Ministro era geloso del ruolo rivestito da Lavitola nei negoziati e da questo risentimento proviene il tenore delle sue accuse.
Ciononostante, le accuse hanno fatto crescere il nervosismo nella coalizione di governo. Martinelli giovedì scorso, nella prima conferenza stampa data dopo l’arresto di Lavitola, ha insultato pesantemente il giornalista Hugo Famanía di RPC Televisión, scatenando un’ondata di ripudio della stampa e dell’opinione pubblica ed aggravando la sua immagine già abbastanza screditata.
Sull’affare Lavitola, la parola d’ordine è negare. Nega Martinelli naturalmente, negano i suoi alleati di partito, nega il Ministro dell’interno José Raúl Mulino che sarà a Roma questa settimana per spiegare alle autorità italiane la posizione del governo panamense nell’intera faccenda. Mulino è lo stesso ministro che ha sempre difeso l’operato di Lavitola e che in un’intervista dello scorso novembre al quotidiano ¨La Estrella¨ aveva giustificato i contratti ed espresso riconoscenza al faccendiere italiano.
A rifiutare ogni relazione con l’ex direttore dell’Avanti era stato invece l’ex vicepresidente panamense Juan Carlos Varela, che aveva sempre bocciato, nonostante l’insistenza di Martinelli, la nomina di Lavitola a console onorario di Panama a Roma. Nell’aprile dell’anno scorso l’ex alleato di governo di Martinelli aveva inviato una missiva all’allora ministro Frattini per avvisarlo che non avrebbe mai firmato quella designazione. Una ruggine delle tante che poi avrebbero portato alla rottura della coalizione e alla crisi di governo sofferta da Panama lo scorso agosto. Neanche a farlo apposta, risale proprio a quel periodo il viaggio privato di Martinelli e di tre suoi collaboratori in Sardegna, che ora sembrerebbe essere stato pagato dalla Finmeccanica e del quale il presidente panamense non ha mai voluto dare ragguagli in patria.
L’immagine di Panama vacilla di fronte allo spettro della corruzione ed è un colpo forte per un governo che ha attirato centinaia di contratti, appalti ed aziende grazie ad un audace programma sulle grandi opere. L’ampliamento del Canale –un affare da 13.000 milioni di dollari- è solo una delle tante commesse che hanno fatto di Panama uno dei paesi latinoamericani con il più alto indice di crescita degli ultimi anni: autostrade, metropolitana, centri commerciali, dighe, ospedali hanno richiamato qui centinaia di imprese, la grande maggioranza di capitale straniero. Il caso Lavitola, con le sue fosche tinte di corruzione, potrebbe aprire un filone di inchiesta molto più ampio.
Martinelli, però, per il momento tiene. Mercoledì il parlamento locale ha dimostrato la sua fiducia al presidente, respingendo la richiesta dell’opposizione di creare una commissione d’inchiesta parlamentaria.
Sulle indagini, che si preannunciano complesse, vuole vederci chiaro anche il procuratore generale panamense José Ayú Prado, che ha inoltrato alle autorità italiane la richiesta di visione degli atti dell’inchiesta in corso.
Maurizio Campisi