«Criba è un fumetto fondamentalmente ‘vivo’. Criba non segue regole scenografiche stilistiche o di metrica e non ha avuto nemmeno un posto fisso dove sia stato scritto o disegnato».
Con queste parole Filippo Biagioli, autore di Criba. Il divoratore di affetti, si rivolge al lettore parlando del proprio lavoro, primo volume di una serie di cui al momento è stato pubblicato solo il secondo capitolo (La Notte kan’d’ema) e di cui è in lavorazione il terzo e ultimo (Millennium).
Biagioli ha iniziato ad usare il fumetto (o ‘fumetto d’arte’, come lo definisce) come espressione artistica, superando le proprie remore nel 2009, comprendendo che questa forma espressiva si sarebbe ben conciliata con quell’analphabetic art di cui egli stesso è esponente.
Difatti, guardando i disegni dell’artista pistoiese, le sue sculture e le fotografie, è evidente la visione naïf e persino infantile della forma. L’interpretazione vuole essere in nuce, non palese, e non esclude coinvolgimenti psicologici.
Il risultato è interessante, atipico, simpatico, seppur acerbo sotto diversi aspetti; con tematiche inusuali per un fumetto, quali la ricerca dell’equilibrio personale e la difficile gestione delle emozioni, e la fuga consapevole dai canoni della Nona Arte.
Presentato il 5 marzo 2010 nella Hugh Theatre Lecture Room del British Museum, durante la Prima Conferenza del MAP Museo Arti Primarie, Il divoratore di affetti è la storia di Criba, appunto, un personaggio cui è difficilissimo dare una età, che parte per un viaggio in cerca della ‘felicità’. Le sue discussioni, gli incontri, le avventure hanno spesso un risvolto psicologico, filosofico, esoterico, ironico. Nella sua essenza, Criba ha la capacità di far fare anche a un lettore attento un viaggio dentro se stesso, sebbene scoprirsi totalmente può far paura, emozionare, contraddire.
Criba è nato a Solici, la città dei nati soli e infelici, e viaggia accompagnato dai suoi ricordi, rappresentati da un cavallo con le ruote, e dai suoi pensieri negativi, rappresentati da una nuvoletta nera con tre loschi figuri sopra. Aiutato da Etta e Ogo (stranissime guide incontrate da Criba quasi all’inizio del proprio viaggio), parla a volte con una sorta di demone che rappresenta la rabbia dentro di lui ed è facile trovarlo a litigare con il suo disegnatore, rappresentazione chiara del concetto di ‘fumetto vivo’.
Afferma difatti Filippo Biagioli: «Tutto questo si svolge in un mondo che insieme alla storia è una continua sorpresa anche per me, poiché disegno il fumetto tavola per tavola, decidendo sul momento quello che deve accadere».
I personaggi sono un miscuglio tra le figure di Altan, i disegni fatti da bambini e le maschere tribali africane. Il disegno è mutevole nei tratti e il bianco e nero contrastatissimo conferisce alla storia un sapore mitologico, rafforzandone la dimensione mentale. Tuttavia la personalissima veste grafica contrasta talvolta con i testi poco efficaci, che mal si conciliano alle situazioni intriganti che la fantasia dell’autore è in grado di inventare.
Ciò che di poco congruente risulta nella sceneggiatura – che di tanto in tanto sfocia in una sorta di auto analisi dell’autore – è probabilmente imputabile all’estemporaneità che caratterizza l’opera, come dichiarato nell’introduzione da Biagioli. E questa stessa volontà di giustificare le dinamiche della storia depaupera l’esperimento di quella immediatezza che invece è tipica di un’arte istintiva e ‘non colta’.
Tuttavia il progetto appare interessante e merita la piena attenzione di lettori e critica.
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Angela Pansini
Filippo Biagioli, CRIBA. Il divoratore di affetti, Tribaleglobale Primary Art, € 18,00