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Crimson Peak

Creato il 22 gennaio 2016 da Jeanjacques
Crimson Peak
Guillermo Del Toro non è uno dei miei registi preferiti. Certo, ho visto tutti i suoi film più di una volta e tre di essi li ho in dvd, ma nonostante tutto non me la sono mai sentita di metterlo in una particolare preferenza. Piuttosto lo definisco una persona molto intelligente, uno che il suo lavoro lo sa fare e che, a differenza di molti, ci mette tutta la passione che ha in quella che fa. Forse è per questo che, nonostante abbia svenduto le chiappe a destra e a manca (non che ci sia nulla di male, alla fine quello del regista è un lavoro e deve pur pagarsi l'affitto come tutti, di sola arte - purtroppo - non si vive), è sempre riuscito sempre a camminare a testa alta, differenziando i suoi lavori dalla comune mediocrità di, esempio a caso, una Marvel che produce dei film che magari risultano godibili ma che alla fine sono tutti uguali fra loro. Del Toro invece mantiene intatta la sua cifra stilistica, cerca sempre di rinnovarsi e, quando gli capita, ci mette pure un tocco di poesia. Può succedere quindi che dalle sue mani escano dei capolavori di tamarreide come Blade II, Pacific Rim e Hellboy: the Golden Army, oppure delle pellicole delicate e a loro modo poetiche come La spina del diavolo e Il labirinto del fauno - a tal proposito, io aspetto ancora il terzo capitolo di quella che dovrebbe essere una trilogia della guerra spagnola, forza Guillermino, muoviti! Forse nelle sue mani pure i film de Lo Hobbit potevano riuscire bene. Ma intanto, ora che è libero da progetti contrattuali, è il momento di godersi il suo ritorno in pompa magna con un horror gotico, genere che a lui sembra piacere. E vista la sua stazza, il termine magna non sembra usato a caso.

La giovane Edith Cushing, figlia di un imprenditore con velleità letterarie, dopo la morte della madre ha la particolarità di vedere i fantasmi. Le cose diventano problematiche quando il baronetto Thomas Sharpe, che vuole convincere suo padre a finanziargli una strana invenzione per l'estrazione dell'argilla, fra breccia nel suo cuore...

Dicono che ne abbia ammazzati più l'hype che la febbre suina. Non so quante vittime abbia causato, ricordo però che quando ero andato a San Francisco c'era una fobia incredibile per la faccenda ma, tornando a noi, potrei stare ore a elencare tutti i film per cui avevo aspettative mostruose e che si sono rivelati un mezzo fallimento. Ammetto che mi aspettavo grandi cose pure da Man of steel, che poi è stato quello che è stato. E ammetto anche che attendevo questo film con una certa smania, per quanto abbia avuto modo di vederlo solo in tempi recenti. D'altronde Del Toro e il gotico vanno  braccetto, è il suo pane (e salame) quotidiano, ha imbastito un'intera carriera su quello ed ha saputo sfruttarlo al meglio anche in situazioni in cui sembrava un elemento estraneo. In un film come questo, ambientato nell'epoca vittoriana e che fa perno proprio su quella che deve essere una casa infestata e sulle visioni macabre che si fanno al suo interno, poteva dare il meglio del suo meglio, creando finalmente un horror maestoso e che sapesse incantare con uno stile visivo superbo e raffinato. Quello che ne esce purtroppo invece è... è... "un film". E fin qui nulla di male, perché per chi non ha delle pretese particolari si tratta di una storia che si lascia guardare e che mostra tutti i classici e tipici sviluppi: ci sono i fantasmi, c'è l'intrigo così come il colpo di scena finale, ma certe volte il sapere che dietro alla macchina da presa sta un certo autore può cambiare del tutto la prospettiva con cui guardi e noti certi particolari. E come se prendessimo Narciso e Boccadoro di Hesse e, con i dovuti cambiamenti di nome, mettessimo dentro Tre metri sopra il cielo di Moccia. Lo so, questo è un paragone piuttosto empio, ma credo che sia il modo migliore per far capire quello che intendo. Perché da Guillermo Del Toro, uno che il cinema lo sa fare e, soprattutto, lo sa anche scrivere, era lecito aspettare che con tutti gli elementi che mette sul piatto riuscisse a fare la ricetta vincente. Invece a salvarsi sono unicamente i comparti delle scenografie, della fotografia e dei costumi, perché tutto il resto sembra veramente uscito dalla visione di un tizio qualunque. Certo, c'è sempre la telecamera mai ferma tipica del suo cinema, ma pure la regia sembra davvero statica e punta a far paura coi soliti trucchi del bubusettete e senza sviscerare mai i temi che potevano rendere davvero macabra quest'opera. Su serio, chi è il villain si capisce fin da subito, così come quali sono le sue intenzioni, e persino un tema come quello dell'incesto viene trattato con una superficialità davvero imbarazzante, creando dei momenti involontariamente ridicoli e dilungati in una maniera eccessiva. Persino il cast, che comprende degli attori eccezionali (a parte la Wasikowska, che non mi ha mai fatto impazzire e che, per certi versi, mi sembra sempre malaticcia) viene usato male, diretto in una maniera a malapena sufficiente soprattutto nelle scene più topiche e, sempre collegandoci a quest'ultimo termine, usare così male un'attrice superba come Jessica Chastain dovrebbe essere un nuovo crimine contro l'umanità - no, non capisco come puoi innamorarti della Wasikowska quando hai tutti i giorni sotto gli occhi una come lei. Si prosegue la visione quindi attendendo qualcosa che non arriva mai, un quid che sembra esserci sottopelle e che invece albergava solo nelle tue fantasie di fanboy, fino ad arrivare a quel finale dove Del Toro si autocita (seriamente, è preso pari-pari da La spina del diavolo) in maniera totalmente coerente al resto di questo lungometraggio: troppo lineare, formalmente standardizzato e senza la benché minima presenza di emozioni. E può sembrare strano, ma anche un horror necessita di emozioni. Ogni storie le richiede.

Per me, una delle grosse delusioni recenti, anche se alla fine non è decisamente molto peggio di tante altre cose arrivate in sala in tempi più o meno vicini.Voto: ★ ½

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