Al Mazzotti si è ritirato e al suo posto è arrivato il bravissimo Raphael Saini, batterista con un curriculum di collaborazioni che va dai Master a Paul Gilbert e che vanta un recente passaggio negli Iced Earth, con i quali ha registrato l’ultimo album in studio Plagues of Babylon per poi partecipare al successivo tour estivo. È stata poi aggiunta in pianta stabile una seconda chitarra nella persona di Wild Vitto. E sono state le due mosse migliori che i Cripple Bastards potessero fare in questo momento, perché quello di sabato scorso al Traffic è stato uno dei migliori loro concerti a cui abbia mai assistito. E li ho visti parecchie volte.
Per quanto mi riguarda, dopo l’exploit di Misantropo a senso unico, il secondo snodo fondamentale della carriera degli astigiani è stato Variante alla morte, che aveva segnato la svolta definitiva verso un suono dall’impronta più death, accrescendo la componente metallara del loro pubblico a scapito di quella più legata al circuito HC. Un discorso che il nuovo Nero in metastasi ha approfondito e che, per essere portato avanti sul palco, necessitava, prima di tutto, di una formazione a cinque. In secondo luogo, senza nulla togliere all’ottimo Mazzotti, trovo che lo stile di Saini, più tecnico e dinamico, vicino a quello dei tritapelli grind di scuola moderna alla Adam Jarvis, sia maggiormente adatto a quello che è il suono attuale del gruppo.
Non me ne vogliano i gruppi di supporto Mud e Ozaena se sono arrivato a mezzanotte, giusto in tempo per lo show dei Cripple, ma prima non gliela facevo. Non c’è moltissima gente, quindi mi piazzo subito sotto le transenne che, in questi casi, se sai i testi è un dovere morale andare sotto a sbraitarli. Apertura dedicata ai pezzi di Nero in metastasi, che dal vivo coinvolgono ancora più che su disco. Hit personale la raggelante Lapide rimossa. Si recupera qualche classico di Misantropo, poi la seconda parte della scaletta pesca soprattutto da Variante ed è qua che la nuova line-up fa davvero la differenza. Show intensissimo e devastante, come sempre. Mi fanno pure Sangue chiama, la mia preferita in assoluto nonché mio personale Bushidō in salsa grindcore. Piano piano la ressa sotto il palco sale e il pogo si fa più volento. La chiusura è affidata a vecchi classiconi come Stimmung, 1974 e l’immancabile inno nazionale alternativo Italia di merda.
Sarebbe finita, poi Raphael, che è il più fomentato di tutti (e scopro ora essere cagliaritano come me), esce e ci aizza. Dai, che ne facciamo altre due! Ne volete altre due? I Bastardi ci mandano a casa con Karma del riscatto e l’inno da stadio Morte da tossico. Io li avrei ascoltati per un’altra ora, mi fa Blasf sulla via del ritorno. Pure altre due, rispondo io.