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Bisogna ammetterlo, è proprio difficile il rapporto fra genitori e figli. Specie quando, come oggi accade, i genitori hanno il forte timore di perdere l'affetto dei propri figli e tendono a sedurli, invece di educarli.
Ricerche in campo pedagogico ci dicono che un uomo può amare, solo se è stato amato. Ciò significa che ogni persona, per arrivare ad accettarsi, ha prima bisogno di sentirsi riconosciuta da un padre e da una madre. Deve cioè riconoscere di avere avuto un posto nella storia della famiglia.
La famiglia non è solo il luogo in cui nasciamo, ma è anche l'ambiente in cui siamo "persona" in tutta la nostra totalità. Ci da la dimensione in cui ciascuno di noi riceve un volto, un valore. Per i genitori, e per tutta la famiglia, ogni figlio, come ogni singolo membro, è unico, speciale, anche quando la vita ci mette di fronte a individui provati nel fisico o nella mente. Nessun altro gruppo umano possiede tale capacità generativa, nessuno ha il potere di "umanizzare" come la famiglia.
Coloro che nella propria infanzia hanno sperimentato relazioni positive: si sono sentiti amati, protetti, ascoltati, ecc.; avranno maggiori possibilità di portare avanti, a loro volta, atteggiamenti di accoglienza verso gli altri e di fiducia nella vita. Saranno, inoltre, più propensi a superare le difficoltà, a creare relazioni sociali funzionali, e saranno persone che ascolteranno in maniera empatica l'altro.
Ma oggi i genitori, pur mostrando rispetto per il passato, sono più sensibili ed attenti alle esigenze dei propri figli. A questo fa da contraltare una percezione narcisistica del figlio, visto più come la realizzazione del proprio desiderio di paternità, o di maternità, anziché come un soggetto autonomo.
Così accade che la figura del genitore-educatore, muta in una figura di genitore-amico. I genitori cioè abdicano alle proprie responsabilità di trasmissione di valori.
Chi ne risente, di questa situazione, è tutta la famiglia. Ad essere indissolubile non è più il legame coniugale ma quello filiale. La famiglia cioè non poggia più sulla più sicura alleanza fra adulti ma su quella fra genitori e figli, con tutte le conseguenze in termini di esclusioni e ricatti.
Nella nostra epoca, purtroppo, va evidenziato il fatto che sono sempre più molteplici gli impegni di lavoro, che occupano la maggior parte delle ore della giornata sia per i padri che per le madri, e soprattutto le separazioni e i divorzi, che sono una realtà con cui dobbiamo fare i conti. Tutto ciò ha la conseguenza di allontanare i genitori dai figli.
Diminuiscono le occasioni di dialogo e di confronto tra giovani ed adulti. Di questo ne parlo in maniera approfondita all'interno del saggio "Conflitto tra genitori e figli, La crisi del dialogo nella famiglia contemporanea".
Va quindi ricordato ai genitori, che all’interno della famiglia esistono (anche in caso di divorzio) due tipi di relazioni: una relazione orizzontale (quella che si realizza tra i coniugi), e una relazione verticale (che è quella tra genitori e figli).
Soprattutto va tenuto ben presente che la relazione genitori-figli, è sempre, per sua natura, gerarchica, asimmetrica. Ma è anche una relazione che ha degli effetti circolari, per cui chi educa viene, a sua volta, educato. Sottrarsi al compito di educare, per un genitore, significa perdere quella importante occasione (irripetibile nella vita) di crescita per se stesso.
I figli non si aspettano, e non desiderano, la presenza di due amori paralleli. Dove l'amore tra genitori è paritario all'amore tra genitori e figli. Essi hanno invece bisogno di un amore triangolare, in cui i genitori sono prima uniti tra loro ed insieme si rivolgono al figlio.
Anche nei casi di genitori separati, o divorziati, è sempre importante che ci sia accordo tra gli adulti sulle regole e sui valori da trasmettere ai figli.
Tutto questo serve a prevenire il disagio esistenziale a cui i giovani tendono quando mancano loro fondamenta solide, come la famiglia.
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