Crisi economica e tagli al welfare: ciò che i politici dovrebbero sapere

Da Quipsicologia @Quipsicologia

È di qualche settimana fa una lunga disamina di Lancet, una delle riviste di area sanitaria più prestigiose al mondo, sulle conseguenze della crisi economica sulla salute delle persone. Alcune considerazioni di Lancet su crisi economica e salute erano prevedibili, altre non lo erano affatto, ma su un punto la disamina è particolarmente chiara: quando, in periodo di crisi economica, le scelte politiche hanno comportato tagli ai servizi di welfare oppure quando ai cittadini è stato imposto un contributo di spesa maggiore (quello che da noi si chiama ticket), il livello medio di salute dei cittadini è sceso. Secondo Lancet, soprattutto nei periodi di forte crisi economica, i meccanismi di protezione sociale devono essere mantenuti o incrementati, perché possono ammorbidire le conseguenze della recessione sulla salute.

L’austerità e i tagli di Grecia, Spagna e Portogallo

I tagli ai servizi sono l’unica soluzione alla crisi economica?

Grecia, Spagna e Portogallo hanno scelto di fare tagli al welfare ma questo, dice Lancet, ha solo spostato i costi sanitari sulle famiglie, senza risollevare l’economia. In questi paesi sono saliti i tassi dei suicidi, alcolismo, depressione e malattie infettive, i casi di Aids in primis. E l’accesso ai servizi, pubblici o privati, è sceso. Ci sono stati meno morti per incidenti stradali, ma questo è ovvio: sempre più persone lasciano la macchina a casa e, per risparmiare, usano i mezzi pubblici o la bicicletta.

Nel breve periodo, scrive Lancet, non avere un lavoro può addirittura avere effetti positivi, perché spinge a comportamenti di salute, ad esempio a rinunciare all’acquisto di cibi dannosi o di alcolici o a usare il tempo libero per fare sport.

Al di là di queste conseguenze paradossali, perdere il lavoro fa male: i problemi psicologici sono presenti nelle persone disoccupate in percentuale doppia rispetto a chi ha un lavoro. Rimanere a lungo senza lavoro aumenta il rischio di sviluppare disturbi depressivi o d’ansia, malattie psicosomatiche, dipendenza da alcool o il rischio di suicidio.

Il welfare garantito in Islanda, a dispetto della crisi economica

Dall’altro lato, l’Islanda all’austerità e ai tagli al welfare predicati dall’ortodossia economica ha preferito il mantenimento dei servizi e l’investimento in meccanismi di protezione sociale da quando la crisi economica è esplosa. Lì la crisi, a differenza di quanto sta accadendo in Grecia, Portogallo e Spagna, non ha danneggiato la salute delle persone, dice Lancet.

Ma, teniamolo a mente, si tratta di persone molto, molto attive, capaci di moti popolari che hanno cacciato un governo e portato a processo diversi banchieri, un popolo che si è sentito unito e che ha dimostrato grande coesione sociale. È cioè probabile che garantire il welfare e non tagliare servizi siano solo alcuni dei tanti elementi che hanno reso gli islandesi resilienti rispetto alla crisi economica e che altrettanto importanza abbiano avuto e abbiano fattori quali le relazioni.

Si potrebbe pensare che quella islandese senza tagli al welfare sia una soluzione che funziona solo lì: i fattori in gioco sono tantissimi e forse non è un modello esportabile. Quella islandese non è però una strategia inedita.

Durante la crisi delle banche degli anni Novanta, ricorda Lancet, anche la Svezia e la Finlandia hanno scelto di non ridurre la spesa pubblica relativa ai servizi sociali e welfare e di sostenere le persone disoccupate nella ricerca di un altro lavoro e nel far fronte a spese come l’affitto. Questo modo di affrontare la crisi  economica ha permesso a svedesi e finlandesi di mantenere la salute ai livelli di prima, senza nessun aumento di suicidi.

Servizi ma anche intervento precoce

La raccomandazione di Lancet di garantire i servizi di welfare soprattutto in tempi di crisi economica non è del resto neanch’essa una novità. Un paio d’anni fa la Divisione europea dell’Organizzazione mondiale della sanità, indicava questi cinque punti quali cardini di una politica che tuteli la salute dei cittadini in tempi di crisi:

  1. programmi governativi di reinserimento lavorativo;
  2. programmi di supporto alle famiglie;
  3. controllo dei prezzi e della disponibilità degli alcolici;
  4. assistenza di base per persone ad alto rischio di problemi di salute mentale;
  5. programmi di aiuto rispetto ai debiti contratti.

In questo documento l’Organizzazione mondiale della sanità sottolineava inoltre l’importanza della prevenzione e dell’intervento precoce.

È triste constatare come i politici italiani continuino a ignorare indicazioni in materia di salute provenienti da chi in questo campo è esperto. Se così non fosse, saprebbero del resto che intervenire subito significa ridurre la spesa sanitaria (Solano, 2011). Intervenire subito, non tagliare i servizi.

Per approfondire

Karanikolos M. et al. (2013). Health in Europe 7. Financial crisis, austerity, and health in Europe. Lancet, 381: 1323–31.

Solano L. (2011). Dal Sintomo alla Persona. Edizioni Franco Angeli.

WHO (Regional Office for Europe) (2011). Impact of economic crises on mental health.

Photo credit: Keerati 

Rosalia Giammetta, psicologa e psicoterapeuta, è responsabile dell’area prevenzione dei comportamenti a rischio in adolescenza per l’associazione PreSaM onlus. Nell’ambito dell’educazione alla salute e della peer education, ha condotto numerose attività di formazione e ha pubblicato il volume L’adolescenza come risorsa. Per saperne di più, visita la sua pagina personale e leggi gli altri articoli.

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