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Crisi Finale: il supereroismo secondo Grant Morrison

Creato il 10 novembre 2014 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

dc_absolute_crisi_finale_coverdc_absolute_crisi_finale_coverCome già scritto in un’altra occasione, il fumetto di supereroi può essere considerato un sottogenere della letteratura di fantascienza. Ad esempio Jerry Siegel e Joe Shuster erano grandi appassionati di fantascienza e nella creazione di Superman ebbero come punto di riferimento proprio i racconti di questo vastissimo genere della letteratura (basti ricordare che la prima versione di Superman era uno scienziato malvagio protagonista di un racconto vero e proprio).
D’altra parte sono molti gli scrittori di fantascienza che hanno in qualche modo influenzato, con riferimenti più o meno espliciti il fumetto, in particolare supereroistico. Come premessa importante all’analisi che seguirà ha dunque senso specificare in maniera esplicita la suddivisione che verrà fatta nel corso dell’articolo. Si distinguerà infatti tra personaggi di stampo zelaznyano – esseri di livello praticamente divino per poteri e morale, come per esempio i protagonisti di Signore della Luce o Creature della luce e delle tenebre, romanzi rispettivamente sulla mitologia indù ed egizia – e personaggi di stampo vanvogtiano, anch’essi dotati di incredibili poteri, ma decisamente meno filosofici, come per esempio il protagonista de I polimorfi, in grado di rimodellare il Sistema Solare. Un sottogenere di personaggio vanvogtiano, in cui ricade per esempio Batman, è d’altra parte Artur Blord, audace imprenditore privo di poteri, ma dotato di grandissimo ingegno e di validi collaboratori e protagonista di Pianeti da vendere.
È intorno a queste due categorie che sembra muoversi Grant Morrison tra le pagine di Crisi Finale, il crossover uscito nel 2008 e recentemente raccolto in edizione absolute dalla RW Lion.

Nel segno di Crisi Infinita: saga fantascientificca da Wolfmann a Van Vogt e Zelazny

Una delle storie più importanti per il fumetto supereroistico moderno è sicuramente Crisi sulle Terre infinite di Marv Wolfman e George Perez. Se opere come Il ritorno del Cavaliere Oscuro e Watchmen hanno influenzato il modo di approcciarsi ai supereroi, Crisis ha invece delineato il modo di affrontare i grandi eventi, i crossover che coinvolgono tutti o quanto meno la maggior parte degli eroi di un dato universo narrativo.

monitor
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In particolare per Crisis, la maxiserie sfruttò un nodo narrativo fondamentale, quasi distintivo per la DC Comics dalla silver age fino al 1985, anno dell’uscita della serie: il multiverso. L’introduzione di elementi divini e mistici che si andavano a confondere con una tecnologia inimmaginabile, quella di Monitor e Anti-Monitor, contribuirono a creare una saga fantascientifica dal sapore, in ultima analisi, molto vanvogtiano, ma senza un eroe realmente forte. La vittoria finale, infatti, venne stabilita grazie al gioco di squadra degli eroi unito al sacrificio di Barry Allen, Flash, che Wolfman suggerì essere rimasto chiuso in un loop temporale mortale e impossibile da rompere, un po’ come il protagonista di Paradosso cosmico di Charles Harness.
Crisi finale, d’altra parte, che come Age of Ultron è, in fondo, una reinterpretazione del tema originale di Crisi sulle Terre infinite, propone una sfida di un livello superiore, quasi una variazione sulle sfide tra i personaggi di Signore della luce di Zelazny, dove un gruppo di uomini, grazie alla scienza, si sono autoeletti divinità dell’universo.

crisi_finale-darkseid
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Il riferimento zelaznyano è, ad esempio, evidente nella reincarnazione degli dei di Apokolips in corpi umani, opportunamente preparati per sopravvivere il più a lungo possibile alla corruzione dovuta al legarsi con un aspetto divino1. Gli eroi che, invece, alla fine si riveleranno vanvogtiani sono Superman, quello originale, guida della truppa dei Supermen multiversali; Nix Uotan, il monitor ribelle diventato il giudice del multiverso alla fine di Final Crisis #5; e Batman, la cui forza vanvogtiana, intuibile con la scena conclusiva, sarebbe stata evidente solo alcuni mesi più tardi nel corso de Il ritorno di Bruce Wayne: la capacità di viaggiare tra gli universi, di viaggiare nel tempo, di rimodellare la realtà con uno schiocco di dita o con una semplice nota sono tutte variazioni su caratteristiche simili dei superuomini di Van Vogt.
Se per un momento, però, ci dimentichiamo del finale, forse un po’ debole e deludente, la forza di Crisi finale sta nella capacità di Morrison di riciclare e combinare insieme le idee che hanno caratterizzato la sua carriera in un’unica storia supereroistica, sintetizzando alla fine le sue molteplici fonti di ispirazione, a incominciare da Jack Kirby e Alan Moore.

Collage supereroistico: l’ispirazione kirbyana

Un primo esempio è sicuramente il Super Young Team, gruppo supereroistico giapponese introdotto durante la serie settimanale 52: in Crisi Finale viene rinnovato in chiave kirbyana grazie all’ingresso del nuovo Mister Miracle, quasi a suggerire che il fumetto può rinnovare se stesso solo se non rinnega il suo passato, ma lo utilizza in combinazione con gli elementi moderni. Questa lettura è anzi supportata se osserviamo che il primo incontro del lettore con il gruppo durante Final Crisis è, all’inizio del secondo numero, all’interno di un locale di supereroi a Tokyo, con una citazione evidente a Kingdom Come, storia scritta da Mark Waid a partire da alcune idee precedentemente abbozzate da Alan Moore. In particolare, nell’idea di Waid, KC doveva essere un confronto tra gli eroi classici della DC Comics e gli eroi violenti introdotti con l’avvento dell’Image, e già allora questa idea di fusione tra elementi distinti era stata gettata quando, nell’ultimo numero, i sopravvissuti tra i nuovi eroi erano presenti all’incoronazione finale di Wonder Woman su Isola Paradiso.

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Altro elemento cardine è, poi, il concetto di loop temporale, che assume interesse narrativo quando può essere in qualche modo rotto, come avviene con il ritorno di Barry Allen, o sfruttato per porre i semi della vittoria, come fa Metron con Anthro all’inizio di Final Crisis #1. In effetti quella di Metron, personaggio ideato da Kirby, è una presenza che aleggia su tutta la serie, più che esserne un reale protagonista: da un lato è il messaggero per la vittoria su Darkseid e l’equazione dell’antivita, ma dall’altro la sua sedia è anche fondamentale per guidare il proiettile spaziotemporale che ucciderà Orion, dando così inizio ufficialmente a tutta la Crisi, e infine permetterà a Nix Uotan di recuperare i ricordi e diventare il giudice del multiverso grazie al cubo di Rubik. Diventa, però, anche il simbolo di una magia tecnologica di livello planetario, se non addirittura cosmico, il personaggio che incarna ed esplicita gli elementi mistici di Crisi Finale: in un certo senso è il deus ex machina di una sorta di voodoo supereroistico, già tentato da Morrison ai tempi di Invisibles, in quel caso provando a coinvolgere esplicitamente i lettori2.

Filosofia e politica del multiverso

E proprio da Invisibles ritorna, in maniera forte, l’utilizzo della terminologia tipica della teoria delle stringhe, senza la quale non sarebbe scientificamente concepibile, a livello di fisica moderna avanzata, il concetto di multiverso. In questo caso la teoria delle stringhe viene utilizzata come base non solo per il multiverso, ma anche per le stesse Crisi che periodicamente lo attraversano, mentre la spiegazione dei cieli rossi è, per Morrison, la rappresentazione visiva del sanguinamento del multiverso: il fatto che con l’appropinquarsi della sfida finale con Mandrakk il cielo sanguini letteralmente è un segno di quanto gli eroi siano stati vicini all’annientamento definitivo.

crisi_finale-antivita
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Un altro elemento chiave è la parola verbale: essa è in grado di modellare l’universo, quando diventa canto, e di modellare le menti, utilizzando il vocabolario opportuno, come avvenuto nella già citata Invisibles, o come avviene in Crisi Finale, quando Darkseid lancia il virus dell’anti-vita nel sistema di comunicazione terrestre. Questa idea venne sviluppata da William Burroughs in particolare su Nova Express, dove introduce proprio i virus verbali che poi Morrison utilizzerà per la sua vecchia serie Vertigo.
La descrizione del dominio di Darkseid sulla Terra è, poi, una rappresentazione molto più dettagliata del futuro distopico raccontato ne La pietra dei tempi, saga della JLA morrisoniana: ambienti insalubri e un controllo ossessivo dei cittadini sono elementi che devono più a Burroughs che non a George Orwell, senza dimenticare che, nella sua quadrilogia di romanzi allucinogeni, lo scrittore statunitense ha anche utilizzato elementi della mitologia Maya, in parte presenti nel Quarto Mondo di Kirby. Burroughs, però, nella sua serie ha l’idea di diffondere un messaggio sociale fortemente anarchico, che in realtà Morrison ha progressivamente abbandonato nel corso della sua carriera. Mentre, infatti, in Invisibles il gruppo di anarchici spaziotemporali non ha bisogno di alcun elemento esterno per sconfiggere i propri nemici, che come Darkseid o come gli extraterrestri di Burroughs, hanno preso il controllo del potere politico terrestre, in Crisi Finale la soluzione della storia sembra essere impossibile senza l’intervento risolutore di Metron, ovvero senza un intervento dall’alto.

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Il personaggio di Kirby, però, resta in un certo senso confinato al livello di scintilla, più che di guida, ruolo che verrà invece interpretato da Superman, una sorta di equivalente supereroistico del greco Pisistrato che guiderà i moti collettivi, rappresentanti in prima istanza proprio dai Supermen multiversali. Politicamente parlando, quindi, Morrison sembra suggerire un ritorno all’idea originale di governante come rappresentante, pur restando in ogni caso necessaria la sua figura per l’evoluzione della società.

Due eroi salveranno l’universo

Torniamo, però, al fumetto e ai due eroi principali: Superman e Batman. Essi vengono utilizzati in un modo non troppo differente da quanto già fatto nelle precedenti saghe morrisoniane. Il Cavaliere Oscuro, nel futuro distopico narrato all’interno de La pietra dei tempi, viene torturato e colpito dai raggi omega di Darkseid durante il loro confronto conclusivo, proprio come in Crisi Finale. Rispetto a quella saga, però, è Batman in prima persona a colpire il tiranno di Apokolips con una pistola spaziotemporale, laddove ne La pietra dei tempi era Freccia Verde (all’epoca Connor Hawke) con una freccia luminosa. Batman ne emergeva, già allora, come il Cavaliere senza paura in grado di farsi carico dei dolori del mondo contro il tiranno, e sarà soprattutto Il ritorno di Bruce Wayne a rinforzare questa lettura morrisoniana del personaggio.

crisi_finale-batman
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L’uomo d’acciaio, invece, in particolare durante Superman Beyond #1, #2, e Final Crisis #7, sfiora il livello quasi divino toccato alla fine di One Million: mentre in OM questo livello era conseguenza dalla permanenza nel Sole per migliaia di anni e dal possesso dell’anello di Lanterna Verde, nel caso di FC, questo livello viene raggiunto grazie alla fusione con Ultraman indotta da Capitan Allen Atom (versione morrisoniana del Dr. Manhattan). Superman diventa, così, un veicolo per divulgare un insegnamento cardine nelle dottrine meditative orientali: l’uomo, infatti, può avvicinarsi all’illuminazione solo accettando i due aspetti che lo compongono, quello luminoso (Superman) e quello oscuro (Ultraman).

crisi_finale-superman_multiverso
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Questa visione, però, viene anche mediata con quella occidentale quando, con la separazione dei due aspetti, il secondo, quello oscuro, diventa più facilmente corruttibile: esempi lampanti sono proprio Mandrakk, Rox Ogama e Ultraman, corrotti dal multiverso stesso. Ci si potrebbe allora chiedere come possa l’aspetto luminoso dell’animo umano non essere anch’esso preda della corruzione nonostante la sua imperfezione. La risposta, già presente in Terza guerra mondiale, l’ultima saga della JLA morrisoniana, viene dalla forza del collettivo: Mandrakk è sconfitto grazie all’arrivo degli eroi provenienti da tutto il multiverso, incluse le Lanterne Verdi che diventano l’esecutore materiale della condanna finale del male, proprio come Mageddon in Terza guerra mondiale viene fortemente indebolito quando l’intero genere umano, superpotenziato, si getta nello spazio per affrontarlo a fianco di quegli eroi che hanno salvato la Terra così tante volte.

Il finale

Tra i punti di debolezza, oltre al finale, anche un certo scollamento nella gestione dei personaggi, in particolare Question e Superman che compaiono all’improvviso, senza alcuna spiegazione, in situazioni particolari: mentre Superman, dopo una lunga assenza, compare alla fine di Final Crisis #6 giusto in tempo per andare a recuperare il (presunto) cadavere di Batman senza che il lettore sappia quale sia la sua provenienza, Renee Montoya la ritroviamo all’inizio di FC #7 all’interno dell’Ultima Thule, la nave dei Monitor in grado di attraversare il multiverso, senza sapere come o perché è entrata in possesso di questo mezzo di navigazione.

crisi_finale-question
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Il finale, infine, appare un po’ debole, e questa debolezza è originata soprattutto dalla facilità con cui Mandrakk viene sconfitto, in particolare se confrontata con le difficoltà incontrate dagli eroi nella sfida contro Darkseid.
Nonostante ciò, però, la saga, nel complesso risulta interessante e ricca di spunti sia letterari sia fumettistici sia culturali, in un gioco a incastri in cui Morrison ha sintetizzato in un’unica grande storia distopica molti dei soggetti che ne hanno caratterizzato la carriera.

Abbiamo parlato di:
DC Absolute: Crisi Finale
di Grant Morrison, Doug Mahnke, J.G. Jones, Carlos Pacheco, Matt Clark, Jesus Merino, Christian Alamy, Marco Rudy, Tom Nguyen, Lee Garbett, Trevor Scott
RW Lion
400 pagine, cartonato, colore, € 43.95
isbn: 9788868731342

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