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Crisi: nuove merci, nuova domanda

Creato il 01 settembre 2014 da Prosumer

nuove merci, nuova domanda

Quando i redditi mancano di dare sostegno alla domanda che smaltisce l’offerta di merci la macchina economica si ferma.

Si dirà: ma c’è l’aiuto del credito. Ennò, quello si è prima fatto debito, poi ha fatto sboom!

Si rende indispensabile mettere in campo opzioni di risarcimento in grado di ripristinare l’efficienza del meccanismo dello scambio. Conditio sine qua non per uscire dalla crisi.

Si intravvedono operose azioni che attrezzano business; strategie di prodotto che il mercato apprezza e prezza.

Dentro quelle officine si scorgono fatti nuovi: vendono i consumatori, acquistano produttori, commercianti e nuovi consumatori. Il mondo alla rovescia.

L’attenzione, il tempo, l’acquisto: le merci esposte.

L’attenzione: venduta dagli spettatori di format di ogni tipo, pagata con l’intrattenimento full time e senza canone; il prodotto che le televisioni commerciali vendono ai pubblicitari.

Stessa cosa con le free press: la notizia cattura l’attenzione del lettore, ceduta al pubblicitario, produce utili in parte restituiti al lettore con l’informazione quotidiana e il costo zero: guadagno 365 euro l’anno.

«Parli gratis se ascolti pubblicità»: efficace il business di quelle compagnie telefoniche che retribuiscono l’ascolto di reclame mentre si dialoga con chicchessia. Un bel guadagno.

Pure il tempo è denaro: Ikea confeziona merci in scatola di montaggio, mobili da assemblare; chi li acquista e li monta vede retribuito il tempo del suo lavoro con un prezzo imbattibile. Ikea rinuncia a parti di utile per fare business; pure il consumatore fa business.

Sondaggisti  che retribuiscono il tempo di chi compila il questionario.

Ci sono agenzie che acquistano dati su abitudini, gusti, vezzi: il non tutto ma di tutto dei consumatori; buoni per confezionare prodotti ad hoc da vendere a quella stessa gente. Ci sono altri tempi e pure luoghi dove si accatastano merci in eccesso: due volte l’anno con i saldi, tutto l’anno negli outlet. Lo smercio di merci invendute fa l’affare: vendere l’istanza dell’acquisto guadagna sconti esilaranti dal 20 al 70 per cento.

Tutto questo accade, altro ancora si può fare.

Affari consumer-to-business: il risparmio degli italiani, seppure in fase di contrazione e mal impiegato, ammonta a 6 mila miliardi di euro. Offerto a investitori professionali capaci di extra rendimenti, oplà, per ogni uno per cento in più, 60 miliardi nelle tasche dei consumatori.

Affari consumer-to-consumer: vendere l’acquistato e non usato. Il valore raddoppia, la stessa merce fa due volte prezzo; non si impegnano nuove risorse, non si smaltisce; guadagna chi vende, guadagna il prezzo più basso chi acquista, migliora la redditività del reddito.

Business anche con il peer-to-peer: occasioni per tutti senza spesa che rimpinguano il reddito. Sharing il suffisso d’ordine, poi i prefissi: house, file, video. C’è pure il coach-surfing.

Mauro Artibani

www.professionalconsumer.wordpress.com

http://www.ladiscussione.com/recensioni.html



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