Confesercenti teme il congelamento delle tredicesime di statali e pensionati per non aumentare la spesa pubblica. La ciliegina sulla torta di una recessione che sembra non avere fine…
Scioperi: in Spagna il popolo è in piazza, in Italia è in spiaggia o davanti alla tv.
Niente doni sotto l’albero per statali e pensionati, solo carbone nella calza per il governo dei tecnici che non sa più che pesci (e denari) prendere al popolo più tassato del mondo. Sarebbe allo studio una manovra per congelare le tredicesimeche lo stato si troverà a pagare a fine anno, l’ennesimo odioso tentativo di fare cassa per un esecutivo che non ha più santi cui votarsi. Di patrimoniale non se ne parla neppure: come sempre sono i poveri a dover rinunciare a quel poco che hanno.
Ricapitolando, prima hanno preteso che i pensionati che ricevono un obolo superiore ai mille euro mensili (la stragrande maggioranza, se contiamo la mensilità di dicembre che spesso eccede quella somma)si dotassero di conto corrente bancario per ricevere i pagamenti. Adesso hanno deciso che la tredicesima mensilità è un surplus non dovuto, un “eccesso di liquidità”
Català: Vaga General 29-S a Granada. (Photo credit: Wikipedia)
da non immettere nel circuito dei consumi cui spesso, per motivi culturali e stagionali, è destinato. Stiamo ancora cercando di comprendere in base a quale arcano motivo a simili individui vengano attribuiti titoli e onori accademici. Il governo dei bocconiani chiarisce parecchi interrogativi in merito alla laurea alla celebre università conseguita dalla mitica Sara Tommasi…
A questo si aggiunga che i predoni di palazzo Chigi hanno già disposto, per l’ultimo mese dell’anno, il pagamento dell’ultima rata dell’IMU: stanno riducendo il popolo alla fame e Gasparri (tanto per citarne uno, e neanche il più intelligente!) vanta l’emendamento sul semipresidenzialismo votato ieri dal Senato. In alternativa, c’è chi preferisce fare pronostici sulla data delle elezioni anticipate. La casta merita il congedo, speriamo gli italiani abbiano memoria.
L’assurdo provvedimento di congelamento delle tredicesime rientrerebbe nella spending review, la stessa che non prende in minima considerazione l’idea di ridimensionare di qualche euro il corrispettivo di Gubitosi, nuovo dg della Rai, pagato a peso d’oro in barba all’austerity che coinvolge solo i meno abbienti.
Patroni Griffi dice di non saperne niente e di aver appreso del provvedimento dalle agenzie di stampa, le associazioni dei consumatori temono il definitivo tracollo dell’economia e chiedono una secca smentita al Governo che non si esprime in merito (forse per evitare di bruciare un jolly da giocare in momenti in cui l’attenzione sui fatti di casa nostra sarà un po’ più allentata).
Secondo Confesercenti, su 16 miliardi circa di tredicesime, quasi la metà vanno tradizionalmente investiti nei consumi: sottrarre all’economia reale ben otto miliardi di euro innescherebbe un effetto domino dal quale non ci si risolleverebbe facilmente. Il commercio sarebbe soffocato, i posti di lavoro verrebbero tagliati come rami secchi, perché non ricevono la linfa vitale del profitto: non ci vuole la laurea, se non si consuma non ci saranno i soldi per pagare gli impiegati e pertanto sarà inutile produrre.
Cui prodest? A voler essere spietati si potrebbe essere portati a credere che, dopo siffatto provvedimento, il popolo perderebbe tutto e sarebbe quindi sfiancato, messo al tappeto e disposto ad accettare qualsiasi altra manovra nelle politiche del lavoro e della spesa sociale: il trionfo dei Marchionne e degli effetti deteriori del capitalismo che arriverebbero ad un climax difficilmente reversibile.
Ma forse questi sono argomenti di poco momento: quel che più conta è che lo spread è più alto del giorno in cui Monti raccolse il testimone del Nano Eroticus. Ma questa notizia non sfamerà i disoccupati, né curerà i meno abbienti e gli orfani dello stato sociale.
Vietato, ora più che mai, abbassare la guardia e cedere allo scoramento che a molti fa dire che “Si stava meglio quando c’era Berlusconi“. E’ proprio quello che vogliono: farci accettare il peggio, come l’unica possibilità razionalmente accettabile.