Magazine Economia
Il mancato pagamento dei crediti costa alle imprese attorno ai 10 miliardi di euro l'anno.
Lo rileva una stima della Cgia di Mestre secondo la quale e' questo l'importo di cui le imprese, soprattutto quelle piccole, devono farsi carico per far fronte alla mancanza di liquidita' provocata dal ritardo nell'incasso delle fatture.
Questa situazione, diffusissima in Italia, costringe molte aziende a ricorrere a prestiti bancari per finanziare l' attivita'. A questo extraonere sono da includere,
scondo Cgia, anche i costi delle risorse umane impegnate nel sollecito dei pagamenti, o quelli da sostenere quando si e' costretti a rivolgersi ad un legale o ad una societa' di recupero crediti.
''Solo nei confronti della sanita' italiana – precisa il segretario Cgia Giuseppe Bortolussi – le imprese vantano crediti per circa 35 miliardi di euro. Complessivamente, nei confronti della Pubblica Amministrazione le aziende private devono ancora riscuotere una somma che sfiora i 70 miliardi di euro. Una situazione che non ha eguali in Europa''.
Ma le cose non vanno meglio nemmeno quando si fa riferimento a transazioni commerciali tra imprese private. ''Secondo una ricerca effettuata dall'Ue – prosegue Giuseppe Bortolussi – e' emerso, soprattutto in Italia, che i ritardi di pagamento imputabili alle grandi imprese si verificano con una frequenza doppia rispetto a quelli addebitabili alle piccole imprese. Inoltre, la durata delle dilazioni e' doppia nel caso dei pagamenti effettuati dalle grandi imprese alle Pmi, rispetto a quelli effettuati da queste ultime alle grandi imprese''.
Drammatica la situazione per quelle imprese che lavorano con la Pubblica amministrazione italiana: i pagamenti vengono onorati dopo 180 giorni (+52 giorni rispetto al 2009) con un ritardo medio, nei confronti dei termini contrattuali, di 90 giorni. Niente a che vedere con le situazioni che si verificano nei Paesi nostri concorrenti: in Francia le fatture vengono ''saldate'' a 64 giorni (6 giorni in meno rispetto al 2009), nel Regno Unito a 47 giorni (-2) e in Germania a 35 giorni (-5 rispetto al 2009).
''Vista la situazione presente in Italia – conclude Bortolussi – e' necessario che tra le misure che caratterizzeranno la cosiddetta 'fase 2', il Governo Monti recepisca quanto prima la Direttiva europea che stabilisce i tempi massimi entro i quali devono essere fatti i pagamenti tra privati, e tra i privati e la Pubblica amministrazione. Nel primo caso le fatture dovranno essere pagate a 60 giorni, nel secondo caso a 30 giorni. Visti i costi di cui le piccole imprese devono farsi carico per fronteggiare questa anomalia tutta italiana, e' necessario intervenire subito''. fonte
I rimedi?
Da Linker....sito che si occupa di imprese + finanza. ***Ineccepibile. Lo abbiamo detto troppe volte: la mancanza di liquidità in Italia dipende più dai ritardi (ingiustificati) di pagamento tra le imprese e dalla PA che dalla rigidità delle banche. Le banche subiscono i ritardi delle imprese sul portafoglio crediti e addebitano costi a causa dei ritardi e degli insoluti. I ritardi sono frutto di pessime abitudini in cui prevale la furbizia e il debole non è mai tutelato. L’approvazione della direttiva comunitaria è la soluzione principe e ora viene invocata da Bortolussi ma anche da altri, oltre ad essere stata inserita timidamente (un anno di tempo…) nello statuto delle imprese recentemente varato.
Certificare le imprese puntuali?
Anche la Direttiva potrebbe non bastare in un paese di furbi, dove alcune grandi aziende notoriamente impongono ai fornitori di emettere le fatture solo quando lo dicono loro e parecchi giorni dopo avere ricevuto merci e servizi. Potrebbe essere molto efficace fare partire un meccanismo di trasparenza e certificazione delle imprese che pagano puntualmente, l’adesione a un codice di comportamento che prevede come requisito la puntualità assoluta. All’estero è stato fatto, in Italia sarebbe ora di farlo.*** fonte
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