A volte gli antispecisti si incazzano con me per i toni con cui sminuisco le loro teorie.
E non solo loro, anche alcuni altri loro colleghi filosofi, che generalmente trovano che il mio modo di criticare l’antispecismo sia poco “rispettoso”. Lo definisco irrazionale, parareligioso, insignificante sotto ogni punto di vista; spesso mi piace anche deriderlo apertamente.
E invece loro vorrebbero che gli riconoscessi almeno una specie di “onore delle armi”. Tipo che i filosofi antispecisti si muovano all’interno del razionalismo, che i loro argomenti, anche se sbagliati, siano razionali (?), logici (?!), e legittimi (!?!)
Allora, lasciate che vi spieghi come funziona la mia mente (poi se la vostra funziona diversamente cazzi vostri): se mi viene posto davanti un argomento che è logico e anche legittimo, ovverosia che presenta un ragionamento corretto che parta da presupposti accettabili, io non mi limito a dargli l’onore delle armi: io mi dichiaro sconfitto, e ne abbraccio la causa.
Ma se gli argomenti usati non sono razionali, non sono logici e non sono legittimi, se presentano errori e per di più errori evidenti, allora sono scadenti e meritano di essere buttati nel cesso tirando lo sciacquone.
Gli argomenti degli antispecisti sono scadenti, presentano errori evidenti; o almeno, ad uno con il mio tipo di profondità di pensiero sono evidenti. Se voi non li trovate altrettanto evidenti, ragazzi, non so che dirvi. Evidentemente ragiono meglio io.
Su che base dovrei onorare quegli argomenti, allora, visto che li trovo scadenti? Sulla base del numero di riviste su cui sono pubblicati, e sul loro Impact Factor? Su in quali università hanno fatto il dottorato i filosofi antispecisti?
Devo deludervi.
Sono argomenti scadenti e superficiali, e io non posso onorare un argomento scadente e superficiale senza al contempo disonorare ogni argomento solido ed approfondito.
Potrei sentirmi spinto ad “onorarli”, al massimo, con tutte le precisazioni del caso, sulla base di un qualche criterio puramente “estetico”, qualcosa che in essi mi ispira, qualche punto di forza particolare che vi dovrei riconoscere. Insomma, sulla base di un qualche criterio puramente soggettivo.
Ok, se andiamo nel soggettivo, cioè al livello di “impressioni”, allora io vi dico che, a parità di valore della argomentazioni, ovvero zero, esteticamente preferisco perfino il fatiscente pensiero cristiano a quello antispecista, e per le seguenti ragioni:
1) utilizza un realismo morale fondato (su Dio che se ne fa garante), contro il realismo morale infondato dell’antispecismo (il bene esiste ma non ha alcun garante)
2) (derivata da (1)) utilizza un realismo morale dichiarato (“il bene assoluto esiste e Dio ne è garante”), contro il realismo morale cammuffato degli antispecisti più moderni (“il bene assoluto non esiste, però tutti quanti dovremmo comportarci secondo i criteri del bene che ora io vi dico e che sono quelli dell’antispecismo”. Ovvero “il bene assoluto esiste”, ma detto con un giro di parole più lungo).
3) Sotto il profilo applicativo, non è utopistico, in quanto non si propone come ideale regolativo il creare paradisi in terra, ma si limita a prometterli nell’aldilà (e contrariamente a quanto molti pensano, l’aspetto utopico non è una specie di difettuccio marginale; l’assurdità del principio guida adottato mette in crisi anche tutte le azioni che esso ispira)
4) è più astuto, in quanto almeno TENTA di parare alcune facili obiezioni di cui i teorici antispecisti non si sono neanche mai accorti. L’esempio più facile riguarda proprio la componente utopistica di cui in (3): entrambe le filosofie pongono obbiettivi morali transumani, ovvero non permessi dai limiti della natura umana, e questo è un chiaro problema strutturale nelle teorie etiche che propongono; tuttavia la filosofica cristiana almeno dribbla il problema spostando l’utopia nell’aldilà, e affidandone la chiave d’accesso a un fatto “magico”: la grazia. Gli antispecisti invece sono ancora fermi a “dobbiamo cercare di essere santi” servito in varie salse, e non si preoccupano del piccino piccino sebbene cruciale dettaglino che ha un senso “cercare di essere santi” solo se la santità è posta in principio come immagine concreta.
5) è molto più vecchio; ovvero, a parità di insensatezza, ha dimostrato almeno di non essere una moda passeggera figlia dei troppi agi del capitalismo
6) Ha ammesso, specie nei suoi sviluppi più avanzati (come l’esistenzialismo religioso) la presenza in se stesso di una componente non razionale (la fede), una cosa che di solito gli antispecisti si rifiutano di fare
Insomma, fondamentalmente, ciò che apprezzo della filosofia cristiana è il suo essere almeno un po’ smaliziata; ad esempio di aver prodotto pensatori come Kierkegaard, capaci di star dentro la fede pur riconoscendone l’intrinseca assurdità.
Insomma, siccome sanno che sul piano della razionalità non vincono, spostano il discorso su un piano diverso. Il che sfuma molto la distinzione fra un credente e un pazzo, ovviamente, ma mi mette anche in un diverso stato psicologico rispetto a ciò che dicono: la filosofia cristiana, ai miei occhi, è una pura farneticazione che non merita di essere presa sul serio e, soprattutto, non pretende neanche di essere presa sul serio.
La filosofia antispecista invece viene a sfidarmi sul mio territorio, quello della razionalità, e anche con pompa, con convinzione. Siccome non è neanche disposta a rifugiarsi nella pazzia, non le restano che la miseria e il disprezzo, e anche un po’ di fastidio per tutta quella confidenza con cui si presenta.
Per questo quando parlo della filosofia cristiana i miei aggettivi preferiti sono “pazza” e “assurda”, mentre gli aggettivi che preferisco per la filosofia antispecista sono “miserabile” e “superficiale”.
Dunque, se proprio devo riconoscere l’onore delle armi a dei filosofi scadenti, preferisco riconoscerlo a (alcuni) filosofi cristiani, che dicono puttanate colossali ma almeno quando le dicono se ne accorgono e si rifugiano nella storia della Fede, laddove gli antispecisti dicono puttanate colossali senza manco accorgersene, e pretendono pure che si riconosca ai loro argomenti una imprecisata solidità razionale che però non è razionale fino in fondo (?)
Ribadisco che questo è un aspetto soggettivo. Possiamo essere portati a pensare che l’antispecista sia ingenuo e superficiale, mentre il cristiano è astuto e subdolo, e questo potrebbe portarci a provare un maggior senso di rispetto per il primo rispetto al secondo. Ma io, personalmente, preferisco colui che almeno ha l’intelligenza sufficiente ad accorgersi della propria irrazionalità, quindi stimo di più l’astuto e subdolo dell’ingenuo e superficiale. Specie se poi tutti e due fanno danni più o meno allo stesso modo.
Poi è chiaro che se parliamo di Cristiani Cattolici che vorrebbero pure farsi passare per Razionali, allora perdono un milione di punti e li metto dunque più o meno sullo stesso livello degli antispecisti … ma quello è un altro paio di maniche.
Ossequi