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Critica al China Study

Creato il 01 novembre 2012 da Tnepd

E’ interessante notare che il “China Study”, quello scritto da Campbell e pubblicato da BenBella Books non è stato sottoposto alla revisione paritaria. Incredibilmente, neppure gli altri libri di BenBella Books sono rivisitati, come ad esempio “Non si parla del Fight Club”, “Le Sette stagioni di Buffy” e “La Psicologia di Harry Potter.” Contrariamente alla credenza popolare i libri – anche quelli sulla salute – non devono essere sottoposti al controllo della revisione paritaria (peer review). E’ questo il motivo dell’esistenza di libri come questo (alimentazione prahnica).
Critica al China Study

Il Peer review potrebbe essere la migliore soluzione in questo momento, ma è tutt’altro che infallibile e i criticismi non sono un segreto. In un articolo del 2000, Richard Horton, direttore della rivista “The Lancet”, ha scritto alcuni commenti piuttosto feroci sul sistema peer-review, affermando che è “di parte, ingiusto, inspiegabile, incompleto, spesso offensivo, di solito ignorante, a volte sciocco, e spesso sbagliato. “Anche riviste peer-reviewed hanno pubblicato articoli sui problemi di valutazione tra pari (ad esempio, l’articolo su” Nature “).

Come se non bastasse, la storia è puntellata di alcuni inquietanti casi di frodi sulle ricerche non segnalate dal sistema di peer-review. L’esempio migliore è Scott Reuben, un tempo considerato un pioniere nel campo della gestione anestesiologia e del dolore, che mise assieme almeno 21 “studi” che erano pure opere di narrativa, e riuscì a farli pubblicare su riviste peer-reviewed. Nel corso degli anni, hanno accettato un sacco di soldi dalle aziende farmaceutiche per condurre studi su farmaci come il Celebrex e l’Effexor, ma invece di reclutare pazienti reali, si inventarono cifre assurde spacciandole come importanti scoperte su riviste del settore. Ne deriva che, molti dei farmaci proposti al pubblico e considerati benefici erano in realtà inefficaci o addirittura dannosi. (È possibile visualizzare un elenco dei carteggi falsificati qui.)

Questo è un esempio estremo, ma illustra il punto. Anche il peer-reviewed va preso con le pinze al posto di essere considerato un vangelo.

Acidi grassi eritrociti , lipidi plasmatici e malattie cardiovascolari nella Cina rurale di Fan Wenxun, Robert Parker, Banoo Parpia, Qu Yinsheng, Patricia Cassano, Michael Crawford, Giulio Leyton, Jean Tian, Junyao Li, Chen Junshi, e T. Colin Campbell.

Uno studio che coinvolge i grassi, il colesterolo e le malattie cardiovascolari? Sicuramente parleranno di quanto il grasso animale ostruisca le arterie, giusto? Ah no mi sono sbagliato:

In Cina  nè il colesterolo plasmatico nè il colesterolo LDL sono associati alle malattie cardiovascolari... I risultati indicano che le differenze geografiche nella mortalità cardiovascolare in Cina sono causate principalmente da fattori diversi dal colesterolo alimentare o plasma.

Non ci sono correlazioni significative tra le varie frazioni di colesterolo ed i tre tassi di mortalità [malattia coronarica, cardiopatia ipertensiva, ed infarto]. Al contrario, i trigliceridi plasmatici hanno avuto una positiva associazione con la MC e la CI, ma non con l’ictus.

C’è anche una parte sul frumento:

Il consumo di farina di grano e sale (quest’ultimo misurato da un indice calcolato dal consumo di sale e dall’escrezione urinaria di sodio) è stato correlato positivamente con tutte e tre le malattie [malattie cardiovascolari, cardiopatia ipertensiva e ictus].

E per tutti coloro diffidenti riguardo gli oli industriali e i grassi polinsaturi, leggete qui:

A differenza di quanto ci si potrebbe aspettare dagli studi su soggetti occidentali, non vi è alcuna significativa correlazione inversa tra RBC (cellule rosse del sangue) – PC (Fosfatidilcolina) e PUFA (acidi grassi polinsaturi) e la mortalità cardiovascolare, infatti, RBC-PC PUFA e in particolare gli omega 6, sono positivamente correlati con la CHD [ malattia coronarica] e la HHD [cardiopatia ipertensiva].

E’ scritto difficile lo ammetto ma in fondo si dice che alti livelli di grassi polinsaturi (in particolare gli omega-6) nei globuli rossi sono associati alle malattie cardiache.

Se non volete credermi leggetevi questo articolo peer-reviewed: I dati del China Study non hanno mostrato alcuna correlazione tra colesterolo e malattie cardiache, ma indicano che il grano e i grassi polinsaturi potrebbero essere sospetti.

Associazione dei fattori dietetici e di variabili plasmatiche selezionate con globulina legante l’ ormone sessuale nelle femmine cinesi delle zone rurali (PDF) di Jeffrey R. Gates, Banoo Parpia, T. Colin Campbell, e Chen Junshi.

Timorati del grano….godrete.

Questo studio si concentra sulla globulina legante l’ ormone sessuale (SHBG), una molecola a volte utilizzata per testare la resistenza all’insulina. (I livelli più alti sono associati con una migliore sensibilità all’insulina, livelli più bassi sono associati con l’insulino-resistenza e il diabete.) Dopo le varie analisi (SHBG, trigliceridi, testosterone, e un certo numero di diete e stili di vita variabili), i ricercatori hanno trovato:

Le principali correlazioni positive del SHBG in ordine di grandezza sono state: riso (0,61, p <0,0001), verdure a foglia verde (0.49, p <0.001), pesce (0,42, p <0,001) e carne (0,38, P <0,05). Il cibo con maggior correlazione negativa all’SHBG (ovvero positivamente correlato all’insulina) è stato di grano (-0,57, p <0,0001).

In altre parole, i cibi associati ad una maggiore presenza di SHBG ( e quindi ad una inferiore presenza di insulina) erano riso, verdura a foglia verde, pesce e carne. Il principale cibo associato al più basso livello di SHBG (e quindi ad una superiore presenza di insulina) è stato … dun dun dun … il grano. Non solo abbiamo una riabilitazione di alcuni cibi di origine animale, ma scatta il cartellino rosso anche per il nostro amato grano. Nonostante il legame con la carne venga ridotto attraverso modelli statistici più sofisticati, gli altri alimenti conservano la loro associazione all’SHGB – si è dimostrato che il grano contiene i più bassi livelli di SHBG, mentre il riso quelli più alti. Nel discutere le loro scoperte, i ricercatori hanno osservato che il grano sembra essere associato anche ad altri marcatori che denotano cattive condizioni di salute:

Differenze significative nella dieta delle popolazioni rurali cinesi studiate suggeriscono che il consumo di grano può promuovere una maggior produzione di insulina, trigliceridi, e valori più bassi di SHBG. Tale profilo è coerente con quello comunemente associato all’obesità, alla dislipidemia, al diabete, alla ipertensione e alle malattie cardiache. D’altra parte, il consumo di riso, pesce e verdure possibilmente verdi possono elevare le concentrazioni di SHBG indipendentemente dal peso o dal fumare.

Sembra che il post che ho scritto sul frumento e le malattie cardiache sia una notizia vecchia: Campbell ed i suoi colleghi avevano già individuato il collegamento nel 1996! Ma perché il frumento avrebbe un effetto così diverso rispetto al riso? Il seguente documento offre una possibile spiegazione:

L’effetto del riso e del grano sull’SHBG sono stati notevoli e inaspettati. … Tuttavia, ci sono alcune evidenze che suggeriscono il fatto che il riso e il frumento possono avere effetti molto diversi sulle variabili biochimiche che abbiamo misurato. Panlasigui, rilevò che le varietà di riso ad alto contenuto di amilosio avevano risposte glicemiche inferiori a quelle di pane di frumento. Altre varietà, in particolare quella del riso “convertito”, hanno dato valori sensibilmente più elevati. Miller  nel confronto tra le varietà di riso e di grano scoprì che l’indice di insulina (II) era insolitamente basso rispetto all’indice glicemico (IG) negli alimenti stessi. Per esempio, il riso carlose aveva GI = 83 ma un II = 51. Il pane bianco è stato usato come alimento di riferimento (GI = 100, II = 100). Il frumento potrebbe essere unico nella sua capacità di stimolare l’insulina. Più di recente, Behall e Howe hanno riportato una risposta insulinica minore sia negli uomini normali che in quelli iperinsulenimici i quali consumano una dieta ad alto contenuto di amilosio. Le differenze relative, nelle proporzioni di acidi grassi e / o del contenuto di amilosio, nel frumento e nel riso potrebbero essere quindi responsabili della modulazione nel siero SHBG, nei trigliceridi e nell’insulina.

Anche se si tratta ancora di speculazioni, la quantità di amilosio (un componente dell’amido) e la relativa proporzione di acidi grassi nel frumento potrebbero renderlo più problematico rispetto agli altri cereali come il riso, soprattutto in termini di incremento di trigliceridi e di insulina a digiuno e ridotto contenuto di SHBG. Il che è particolarmente interessante nel contesto di questo lavoro, perché in una delle sue risposte alla mia critica, Campbell ha dichiarato:

[La] correlazione di farina, frumento e malattie cardiache è interessante, ma non sono a conoscenza di alcuna prova biologicamente plausibile e convincente a sostegno dell’ipotesi che il grano provochi queste malattie.

Ma figurati!

Infezione prolungata del virus dell’epatite B e associazione tra bassa concentrazione di colesterolo nel sangue e cancro al fegato (PDF) di Zhengming Chen, Anthony Keech, Rory Collins, Brenda Slavin, Junshi Chen, T. Colin Campbell, e Richard Peto.

Uno dei temi prevalenti del “China Study” è un presunto collegamento tra cancro e proteine animali (e, conseguentemente di colesterolo nel sangue). Campbell iniziò la caccia a questa associazione dopo aver scoperto che la caseina, una proteina del latte, aumenta i livelli di colesterolo e promuove la crescita del cancro al fegato nei ratti esposti all’aflatossina. Dopo aver esaminato i dati del China Study, Campbell ha concluso che questo collegamento era presente anche negli negli esseri umani: Affermò che le proteine animali, riflettendosi in alti livelli di colesterolo, promuovevano il cancro al fegato in persone già a rischio (ovvero i malati di epatite B). Direttamente dal libro:

Oltre all’epatite B, come causa del cancro al fegato in Cina, sembra che anche la dieta giochi un ruolo chiave. Come facciamo a saperlo? I livelli di colesterolo nel sangue ci hanno fornito l’indizio principale. Il cancro al fegato è fortemente associato con l’aumento di colesterolo nel sangue, e già sappiamo che alimenti di origine animale sono i responsabili per l’aumento del colesterolo. Gli individui che sono … cronicamente affetti dall’epatite B e che consumano alimenti di origine animale hanno un tasso di colesterolo elevato e maggiori probabiltà di contrarre il cancro al fegato. Il virus è la pistola, la cattiva nutrizione il grilletto. (Pagina 104)

Le persone con infezione cronica da epatite B hanno maggiori possibilità di ammalarsi anche di cancro al fegato. I nostri risultati, però, suggeriscono che, chi assumeva proteine animali aveva maggiori tassi di colesterolo nel sangue e quindi una maggior incidenza del cancro al fegato rispetto coloro che non mangiavano tali proteine. (Pagina 105)

Sembra abbastanza chiaro. Secondo Campbell, i dati hanno mostrato che il cancro al fegato vada di pari passo con l’aumento di colesterolo.

… Il che è ciò che rende questo particolare studio (co-scritto da Campbell, comunque) interessante. Campbell ha deciso di indagare “l’associazione tra la bassa concentrazione di colesterolo nel sangue e la malattia epatica studiando le concentrazioni di lipidi nel sangue di uomini di mezza età nella Cina rurale.” sembra già una fregatura, eh? Prima ancora di discutere i risultati dello studio, il documento include alcune sezioni che contraddicono l’idea che alti livelli di colesterolo siano collegati al cancro al fegato:

Diversi studi epidemiologici prospettici … hanno trovato una relazione inversa tra la concentrazione di colesterolo e il conseguente rischio di cancro. … Uno studio osservazionale prospettico su un ceppo della popolazione cinese … ha scoperto una significativa associazione inversa tra la concentrazione nel sangue di colesterolo e la conseguente mortalità da malattie non – maligne del fegato o da cancro al fegato. Più recentemente un significativo aumento delle morti per cancro e malattie croniche al fegato è stato registrato tra gli americani del Nord con una bassa concentrazione di colesterolo nel sangue.

Nel più ampio studio su una popolazione occidentale, 100 morti per cancro al fegato sono state registrate nel periodo seguente ed un significativo aumento del rischio di morte per cancro al fegato è stato trovato tra le persone del gruppo con la più bassa concentrazione di colesterolo.

Nel nostro precedente studio prospettico su un’altra popolazione della Cina, il rischio di morte per cancro al fegato ha mostrato di aumentare in modo significativo, quando si diminuivano le quantità di colesterolo.

Che i bassi livelli di colesterolo siano causa o conseguenza del cancro è un’altra storia, ma, in entrambi i casi, non ci si può sbagliare: il cancro al fegato sembra abbastanza solidamente legato a bassi livelli di colesterolo in molti studi pertinenti. E questo studio non fa nulla per smentire che:

Abbiamo dimostrato che l’infezione prolungata con il virus dell’epatite B è un ulteriore fattore che contribuisce alla relazione inversa tra la concentrazione di colesterolo e cancro del fegato. L’epatite B cronica, che di solito inizia nella prima infanzia in Cina, porta non solo a malattie del fegato, ma anche ad una concentrazione sanguigna di colesterolo più bassa in età adulta. Questo produce, come osservato altrove, una relazione inversa tra la concentrazione di colesterolo e il rischio di morte per cancro al fegato o da altre malattie epatiche croniche. Questo risultato può anche aiutare a spiegare, almeno in parte, l’associazione inversa tra la concentrazione di colesterolo e malattie epatiche osservato nelle popolazioni occidentali.

Perchè allora Campbell ha ripetuto più volte nel “China Study” che il cancro al fegato è associato ad alti livelli di colesterolo? Probabilmente perché lo era, ma solo dopo che i (più affidabili) singoli dati individuali vennero aggregati a livello di contea, soccombendo facilmente a ciò che viene comunemente chiamata “fallacia ecologica“.

Mi spiego meglio. I dati a disposizione del pubblico sul China Study, ovvero il testo che ho usato per la mia critica – è costituito dai valori medi ricavati da 65 contee, invece che dai migliaia di dati originariamente raccolti. Questo particolare studio, però, ha utilizzato i dati individuali, prima che essi fossero combinati e diluiti dalla media. Inoltre, come il carteggio spiega, ciò ha reso lo studio molto più affidabile di quelli in cui si utilizzano i dati aggregati:

In questo studio c’è stata una correlazione negativa tra l’infezione cronica da virus dell’epatite B e le concentrazioni di colesterolo nel sangue (e di apolipoproteina B) quando le persone che vivevano nello stesso villaggio sono state confrontate tra loro; la correlazione è stata, tuttavia, invertita quando i valori medi dei diversi villaggi sono stati confrontati tra loro.

Le correlazioni tra le popolazioni basate su misure medie di gruppi sono soggette alla “fallacia ecologica” … In generale, i confronti all’interno delle popolazioni sono molto più affidabili dei confronti tra popolazioni al momento di valutare l’associazione delle variabili e delle malattie nei singoli soggetti. Così, nel caso specifico, la correlazione negativa osservata confrontando gli abitanti dello stesso villaggio tra loro fornisce la prova più affidabile per quanto riguarda il rapporto reale tra l’infezione cronica da virus dell’epatite B e le concentrazioni dei lipidi nei singoli soggetti.

Abbiamo una ricerca, basata sul China Study, che descrive in modo esplicito perché i dati aggregati possono essere inaffidabili e perché i legami positivi tra le variabili di cancro del fegato e del colesterolo sono probabilmente falsi. Ciò solleva anche la questione di quante altre associazioni, nei dati aggregati, risulterebbero invertite a livello individuale. (O se tutte le relazioni apparentemente neutrali sono in realtà correlate, come il cancro del fegato e la aflatossina cancerogena, che non sono paradossalmente associate nei dati aggregati.)

Ecco un esempio per illustrare il concetto di “fallacia ecologica” riferendolo al caso dei cancri al fegato in Cina.

Diciamo che abbiamo due contee, ciascuna con 1000 abitanti. La gente della prima contea ha un livello di colesterolo compreso tra 130 e 150, con una media di 140. Questi fortunelli sono esenti da cancro al fegato o dall’infezione da epatite B! La seconda contea ha il colesterolo totale variabile da 120 a 190, con una media di 170. Ci sarà una maggiore incidenza del cancro al fegato e dell’epatite B in questa zona, ma le persone malate hanno tutte il colesterolo a circa 120.

Che cosa succede se guardassimo i soli dati aggregati? Vedramo che la regione con la media più bassa di colesterolo (140) ha una minore incidenza di cancro al fegato e la contea con una media di colesterolo superiore (170) avrà invece un’incidenza maggiore di cancro al fegato. Così, nasce il rapporto cancro – colesterolo alto. Ma cosa succede, invece, se guardiamo ai dati individuali? Vedremo che le persone con il cancro al fegato hanno minori quantità di colesterolo rispetto alle persone sane, l’esatto opposto di quello che i dati medi hanno mostrato.

Vedete come le cifre possono essere fuorivianti?

In ogni caso, questo studio (peer-reviewed!) contraddice palesemente alcune delle affermazioni fatte nel “China Study”, in particolare il concetto che il cancro va di pari passo con alti livelli di colesterolo.

Il calcio nella dieta e la densità ossea nelle donne di mezza età e anziane cinesi (PDF) di Ji-Fan Hu, Xi-He Zhao, Jian-Bin Jia, Banoo Parpia, e T. Colin Campbell.

Fedele al suo titolo, questo articolo esamina il ruolo del calcio nella densità ossea secondo i dati del China Study, con particolare attenzione agli effetti del calcio contenuto nel latte rispetto a quello che si può trovare nei vegetali. Campbell si concentra su 5 contee con “stili di vita e diete diverse”: gli amanti della carne e del latte, dal villaggio di Xianghuangqi, i famigerati bevitori di latte di Tuoli, e delle aree rurali, le cittadine agricole, quasi vegane, di Jiexiu, Cangxi e Changle.

Ma prima di guardare al carteggio, vediamo come Campbell riassunse le sue conclusioni in un articolo sul Cornell Chronicle del 1994:

Le proteine animali, incluse quella dei prodotti lattiero-caseari, possono togliere dalle ossa più calcio di quanto ingerito, affermò Campbell, professore di biochimica nutrizionale alla Cornell e direttore del Cornell Oxford-Cina-Project, il progetto più completo mai condotto sulle diete e sulle malattie.

Campbell [e altri collaboratori] hanno analizzato il ruolo del calcio nella densità ossea, seguendo da vicino le diete di 800 donne provenienti da cinque contee con diete molto diverse fra loro. … Le analisi di questi dati suggeriscono che i livelli più elevati di proteine animali, tra cui le proteine derivanti da prodotti lattiero-caseari, “quasi certamente contribuiscono ad una significativa perdita di calcio osseo, mentre le diete vegetariane proteggono chiaramente da questa degenerazione ossea”.

Suona piuttosto chiaro: le contee che consumano prodotti lattiero-caseari hanno le ossa in cattive condizione di salute a causa del consumo di proteine animali, mentre una dieta a base di vegetali risulterebbe di gran lunga migliore. In altre parole, il latte avvelena il nostro corpo! Questo riassunto, corrisponderà ai dati effettivamente trovati? Per prima cosa, diamo un’occhiata a ciò che le donne in ciascun paese mangiavano generalmente:

Critica al China Study
Come si può vedere, gli abitanti di Xianghuangqi avrebbero una dieta piuttosto squallida: Bizzeffe di latticini, carne di manzo, montone, farina di frumento, qualche verdura e miglio. Le loro ossa dovrebbero sgretolarsi! Il popolo di Tuoli non è messo molto meglio, con latte, carne animale e l’assenza di verdure a foglia verde. A livello osseo dovrebbero essere ridotti malissimo, giusto?

Dalle parole del carteggio:

L’analisi individuale di tutte le contee ha dimostrato che [il contenuto minerale osseo] e [la densità minerale ossea] sono correlate positivamente al calcio totale (r = 0,27-0,38, p <0,0001), al calcio del latte (r = 0,34-0,40, p <0.0001 ), e in misura minore al calcio non proveniente da latticini (r = 0,06-0,12. P = 0,001-0,100). I risultati hanno indicato che il calcio nella dieta, in particolare da fonte lattiero-casearia, aumenta la massa ossea nelle donne di mezza età e negli anziani.

Avete capito? Il calcio proveniente dai latticini è collegato ad una maggiore massa ossea (in maniera minore il calcio non proveniente dal latte).

Proseguendo:

Il confronto dei risultati nella Tabella 7 rivelano che il calcio proveniente da fonti caseari è correlato alle variabili ossee in maniera maggiore rispetto al calcio non proveniente da latticini, probabilmente per la maggior biodisponibilità di calcio latticini.

Critica al China Study
Un confronto tra la massa ossea delle donne nelle cinque contee ha rivelato che quelle della provincia di [Xianghuangqi] avevano una massa ossea del 20% superiore. Si tratta di una contea di pastori, con un alto consumo di latticini, rispetto alle aree non pastorali dove l’assunzione di calcio risulta inferiore.

Ipotizzo che il calcio probabilmente non fosse l’unico fattore protettivo nei prodotti lattiero-caseari consumati nelle contee. I formaggi stagionati, consumati probabilmente a Xianghuangqi, contengono un alto tasso di vitamina K2-una superstar nutrizionale quando si tratta di salute ossea (tra le altre cose). La K2 non è presente negli alimenti vegetali ad eccezione di un prodotto fermentato a base di soia chiamato natto (un cibo non proprio invitante). Come fanno notare i carteggi, le contee che consumavano i prodotti lattiero-caseari assumevano anche una quantità maggiore di grassi (25% delle calorie giornaliere, rispetto al 9,9 – 13,6% per le altre contee), aumentando potenzialmente l’assorbimento delle vitamine liposolubili necessarie alla salute ossea.

Come ha fatto allora Campbell a concludere che “l’aumento dei livelli di proteine animali, tra cui le proteine derivanti da prodotti lattiero-caseari, quasi certamente contribuiscono ad una significativa perdita di calcio osseo?” La parte da latte è infondata non importa da che parte la si prenda, ma il resto della sua dichiarazione, probabilmente è dipeso proprio da questo fattore:

Sono state esaminate le associazioni tra la massa ossea e altri nutrienti, come proteine e fosforo. Tuttavia, nessuno di questi nutrienti ha mostrato una associazione significativa con la massa ossea come è successo con il calcio dietetico, sebbene una correlazione inversa coerente è stata osservata per le proteine animali non derivanti dal latte.

Purtroppo, questo è il solo stralcio, dell’intero articolo, che parla di proteine animali in relazione alla massa ossea, per cui non possiamo vedere i dati dietro la “consistente correlazione inversa”.Nell’ambito di questo studio, però, ha senso: Le proteine hanno un rapporto complesso con la formazione ossea, servendo da sinergizzanti quando l’assunzione di calcio è adeguata, ma come potenziali antagoniste quando l’assunzione di calcio è bassa. In altre parole, gli effetti delle proteine sulla salute delle ossa dipendono da quanto calcio si assume.

Così, per le contee esaminate nello studio, che hanno mangiato proteine animali ma poco calcio, come ad esempio i Changle, i quali sono i maggiori consumatori di proteine non derivanti dal latte, assumenendo allo stesso tempo la minor quantità di calcio (in media 230 mg al giorno), non mi sorprenderei se nascesse un collegamento tra proteine e debolezza ossea. Questa conclusione purtroppo entra in contrasto con la maggior parte delle ricerche effettuate:

  •   Studio prospettico dell’assunzione di proteine con la dieta e rischio di frattura dell’anca nelle donne in postmenopausa. “Le proteine di origine animale rappresentano la variabile nutritiva con la più forte associazione negativa al rischio di frattura dell’anca in questo studio prospettico sulle donne dell’Iowa. Le proteine da fonti vegetali non sembrano proteggere contro le fratture all’anca. “
  •     Effetto delle proteine sull’indebolimento osseo in uomini e donne anziani: Lo studio di Framingham sull’osteoporosi. “Contrariamente alle aspettative, gli anziani che assumono quantità di proteine superiori a quelle consigliate hanno perso meno massa ossea (dopo i relativi controllI). Le fonti non animali di proteine non sono state correlate alla BMD (densità minerale dell’osso). Questi risultati suggeriscono che l’assunzione media di proteine animali da parte della popolazione, non provoca alcuna carenza ossea. L’assunzione di proteine animali, piuttosto, appare importante nel mantenimento delle ossa o nella riduzione della perdita di volume osseo nelle persone anziane. “
  •    Consumo di proteine e densità minerale ossea negli anziani. “Diverse analisi di regressione lineare … hanno mostrato un’associazione positiva tra il consumo di proteine animali … e la BMD. Al contrario, una associazione negativa tra proteine vegetali e la BMD è stata osservata in entrambi i sessi. … Questo studio supporta un ruolo protettivo delle proteine animali nei confronti dello scheletro nelle donne anziane. “

Inoltre, se le proteine animali distruggessero le ossa e le proteine vegetali invece le proteggessero, vedremo i vegetariani o i vegani con i migliori risultati riguardo la costituzione ossea. Ma non è proprio così. Nella migliore delle ipotesi, i non-mangiatori di carne si battono alla pari con le loro controparti onnivore, nel peggiore dei casi, sono più soggetti a fratture:

  •   Effetto delle diete vegetariane sulla densità minerale ossea: una meta-analisi Bayesiana. “I risultati suggeriscono che le diete vegetariane, in particolare le diete vegan, sono associate ad una più bassa densità minerale ossea, ma l’entità dell’associazione è clinicamente insignificante.”
  •    Dieta vegetariana a lungo termine e densità minerale ossea nelle donne taiwanesi in post-menopausa. “I vegetariani e i vegani di lungo corso sono più soggetti al superamento della soglia di frattura vertebrale lombare … e di essere classificati come affetti da osteopenia del collo femorale.”

Così, anche se le proprietà “negative” delle proteine animali sul tessuto osseo, rimangono un comune grido di battaglia vegan, la ricerca non supporta affatto questa scemenza (enfasi aggiunta). Ci sono anche alcuni interessanti (e peer-reviewed) carteggi che cercano di spiegare come i sistemi di credenze influenzino lo studio delle ossa e delle proteine. Leggetevelo perchè è veramente un bel articolo.

Ma torniamo in tema. Il presente documento, con il nome di Campbell stampato sopra, suggerisce che i prodotti lattiero-caseari abbiano un ruolo fortemente protettivo nei riguardi delle ossa. Non è proprio ciò che ci viene detto nel “China Study”.

Risposta a TC Campbell da Frank B. Hu e Walter Willett.

Breve e intenso, questo articolo parla da sé. Frank Hu e Walter Willett hanno risposto alle critiche di Campbell riguardo i loro risultati  contenuti nel * Nurses’ Health Study, e, così facendo, hanno espresso anche il loro parere riguardo il China Study.

Campbell ha messo in dubbio la validità dei nostri risultati perché contraddicono i risultati degli studi di correlazione internazionali in materia di consumo di prodotti animali e tasso di malattie. … Gli studi correlazionali condotti all’interno di un paese di solito possono fornire dati più credibili rispetto ai confronti internazionali a causa delle popolazioni relativamente omogenee e la possibilità di raccogliere dati su potenziali variabili presenti a livello individuale. Un sondaggio di 65 contee nella Cina rurale, tuttavia, non ha trovato una chiara associazione tra il consumo di prodotti animali e il rischio di malattie cardiache o dei principali tipi di cancro.

* Il Nurses’ Health Study ha le sue lacune, e in realtà sono d’accordo con certe valutazioni di Campbell, ma questa è un’altra storia.

Correlazione tra mortalità dovuta al cancro cervicale con fattori riproduttivi e dietetici e marcatori sierici in Cina di Wan-De Guo, Ann W. Hsing, giu-Yao Li, Jun-Shi Chen, Wong-Ho Chow, e William J. Blot:

Come questo studio fa notare, il cancro del collo dell’utero è la seconda causa di morte (per cancro) tra le donne cinesi. Ci sono alcuni fattori di rischio noti (in particolare l’infezione da herpes), ma a parte questo, la ragione per la grande variabilità di incidenza in tutta la Cina è un grande mistero. Possiamo biasimare gli alimenti di origine animale per questo?

Dopo aver individuato le variabili che avevano le più forti correlazioni con il cancro della cervice uterina nel China Study – tra cui l’infezione da herpes, la ferritina sierica, l’indice di massa corporea, il fumo di sigaretta, l’età al primo parto, il consumo di verdura verde, e quello di alimenti di origine animale, i ricercatori hanno eseguito più regressioni in modo da capire quali correlazioni fossero legittime. I risultati?

Quando queste variabili sono state considerate nell’analisi di regressione multipla, l’età al primo parto e un maggiore indice di massa corporea sono risultati positivamente associati alla mortalità per cancro al collo dell’utero, mentre il consumo di verdure e cibi di origine animale ha dato riscontri negativi.

In poche parole, gli alimenti di origine animale sono stati inversamente associati alle morti per tumore della cervice uterina, ovvero che mangiano prodotti di origine animale hanno subito meno morti. Se fosse vero che le proteine animali promuovono la crescita delle cellule tumorali, come teorizzato da Campbell nella sua ricerca sulla caseina e sul cancro al fegato, ci aspettiamo di vedere il contrario.

Fattori di rischio per il cancro allo stomaco in 65 contee cinesi (PDF) di Robert W. Kneller, Wan-De Guo, Ann W. Hsing, giu-Shi Chen, William J. Blot, giu-Yao Li, David Forman, e Joseph F. Fraumeni, Jr.

In questo lavoro, gli autori hanno fatto emergere le variabili che presentano una forte correlazione con il cancro allo stomaco nei dati dello studio i cinesi, hanno quindi analizzato in modo più approfondito utilizzando alcuni modelli di regressione. Le associazioni più significative coinvolgono le piante, ma dal momento che l’obiettivo di questo post sono gli alimenti di origine animale, vediamo che cosa i ricercatori hanno scoperto su questo fronte:

Il consumo di verdure, riso, carne e pesce è stato associato ad una riduzione della mortalità. … D’altra parte, gli ortaggi preservati sotto sale, le patate, il grano e il miglio, oltre alle combinazioni di grano, mais e miglio, sono state correlati ad una mortalità significativamente maggiore.

La nostra scoperta di una significativa associazione inversa per la carne è in linea con un recente studio svolto in Turchia. La carne è una comune fonte di selenio, che ha mostrato il più forte effetto protettivo fra tutti i micronutrienti plasma.

Cosa si può dire? Non solo la carne non sembra aumentare i tassi di cancro allo stomaco, ma in realtà li diminuisce. Forse il selenio è sufficiente a contrastare la malvagità generale della carne. E’ molto interessante notare che gli alimenti associati ad un aumento della mortalità per cancro allo stomaco sono principalmente di origine vegetale. Compreso il grano.

Tuttavia, questo lavoro ha messo effettivamente in luce una relazione tra il cancro dello stomaco e una alimento di origine animale: le uova. Date le note associazioni tra il cancro allo stomaco e gli alimenti conservati sotto sale, scommetto che questo collegamento abbia qualcosa a che fare più con il modo in cui si mangiano le uova in Cina piuttosto che a qualcosa inerente le uova stesse . La Cina è nota per i piatti come le uova di anatra salate, che vengono conservate con sale o carbone, e le uova centenarie, che riposano per settimane o mesi in una miscela di cenere, sale, argilla e altri ingredienti, gradualmente diventando palle lucide che puzzano di ammoniaca. Sembra probabile che le uova conservate possano aumentare il rischio di cancro allo stomaco per lo stesso motivo delle verdure conservate.

Critica al China Study
Un uovo centenario Gnam Gnam

I ricercatori hanno anche notato di “non conoscere precedenti relazioni che collegano il consumo di uova ad un aumento del rischio di un [cancro allo stomaco]” e che le contee con un alto consumo di uova avevano variabili non considerate, tra cui una tendenza ad essere nelle zone costiere, una percentuale superiore di addetti al settore secondario e uno status socio economico più elevato. Inoltre, il quantitativo di uova assunto in Cina potrebbe essere troppo ristretto per determinare qualcosa di significativo: La contea dove si mangiano più uova consumano l’equivalente di solo due o tre uova di gallina a settimana e la media per tutte le contee è di circa 1/15 di uovo al giorno.

Tuttavia, nessun altro cibo di origine animale, né le proteine animali nel loro insieme, contribuiscono al cancro allo stomaco. Il che è piuttosto interessante, perché Campbell collega ancora il cancro allo stomaco ai cibi di origine animale attraverso il colesterolo (pagine 78 – 79):

Che sorpresa! Quando i livelli di colesterolo nel sangue sono diminuiti da 170 mg / dL a 90 mg / dL, i tumori del fegato, del retto, del colon, dei polmoni, della mammella, la leucemia infantile, la leucemia adulta, il cancro al cervello allo stomaco e all’esofago (gola ) sono diminuiti.

Eppure, quando si aumenta il consumo di carne, il cancro allo stomaco diminuisce. Che strano!

Il consumo di pesce, l’acido docosaesaenoico e le malattie croniche nelle popolazioni rurali cinesi di Yiqun Wang, Michael A. Crawford, Junshi Chenb, Junyao Li, Kebreab ghebremeskel, T. Colin Campbell, Wenxun Fan, Robert Parker, e Julius Leyton.

Essendo un cibo ricco di proteine, il pesce dovrebbe essere in cima alla lista dei nemici della salute, almeno secondo la teoria che le proteine animali sono la causa di molte gravi malattie. Sarà così? Leggiamo:

La nostra scoperta che i più alti livelli di colesterolo nel sangue in Cina fossero associati al consumo di DHA e di pesce, ma con il minor rischio [di malattie cardiache], è una contraddizione rispetto a quello che ci si aspettava.

In questo contesto, è la gran parte dei vegetariani, che vive nelle comunità interne ad avere il più alto tasso di mortalità e i più bassi livelli di colesterolo LDL.
In poche parole le popolazioni marittime che consumano carne hanno minor probabilità di incorrere in patologie rispetto a quelle interne, quasi completamente vegan.

Ed ecco una bella tabella che mostra le associazioni tra la concentrazione di DHA nei globuli rossi (determinato principalmente, secondo i ricercatori, al consumo di pesce) e nelle malattie croniche. (Le barre a sinistra della linea centrale indicano una correlazione negativa o “protettiva”, le barre a destra invece una negativa.)

Critica al China Study

I ricercatori fanno notare che la correlazione con il cancro al fegato ha una spiegazione verosimile:

Non è difficile visualizzare il motivo del collegamento con il cancro al fegato. Le regioni costiere, estuarie e lacustri sono anche quelle con il maggior tasso di umidità. La conservazione dei prodotti alimentari nelle regioni ad elevata umidità è nota per favorire la diffusione e la crescita del virus dell’epatite B e dell’Aspergillus flavus, che produce l’aflatossina, entrambi principali cause del tumore al fegato.

Correlazioni tra nutrienti della dieta e del sangue con la cardiopatia ischemica, la cardiopatia ipertensiva, e la mortalità per ictus in Cina di Wande Guo, JY Li, H. King, e F.B. Locke.

Qui abbiamo un documento che mostra alcune delle correlazioni tra i marcatori del sangue, l’assunzione di cibo e le malattie cardiovascolari nei dati del China Study.

Cinque variabili sono state positivamente correlate: i trigliceridi e gli anticorpi dell’herpes con la cardiopatia ischemica; sale e fosforo (femmine) con la cardiopatia ipertensiva, e solo l’albumina (maschi) con l’ictus…Altri fattori di solito correlati e molto significativi in Occidente, come il colesterolo e il fumo non sembrano avere la minima incidenza.

Vale la pena ripeterlo: Questo studio correlativo (dal quale Campbell ha trovato ispirazione per la sua teoria che collega i prodotti di origine animale alle malattie osservate nel China Study) non ha trovato alcuna associazione tra le malattie cardiovascolari e il colesterolo. Nada. Neppure con il fumo, cosa, anche questa, interessante. Strano, vero, che una delle più mostruose “malattie del benessere” non sia per nulla connessa al colesterolo presente nel sangue!


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