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Critica alla critica – Jurassic Park (1993)

Creato il 19 ottobre 2011 da Soloparolesparse

Continua il viaggio di Evit in difesa di Steven Spielberg.
Oggi è il turno di Jurassic Park.

Critica alla critica – Jurassic Park (1993)

Trama

Il magnate statunitense John Hammond (no, nel film era scozzese, se aggiungete dettagli inutili almeno aggiungeteli giusti) ha realizzato in gran segreto, sull’isola Nublar, al largo del Guatemala (no, era Costa Rica), il parco divertimenti più ambizioso e fantastico della sua vita. Grazie al dottor Wu, uno scienziato cino-americano esperto di clonazione e ricostruzione del DNA (il Dr. Wu era uno dei tanti e comunque un personaggio molto secondario nel film. Superfluo anche conoscere la sua discendenza), ha riportato in vita, utilizzandone il sangue trovato in alcune zanzare vissute nel Giurassico, alcune specie di dinosauri, erbivori e carnivori (nel caso qualcuno pensasse che avessero riportato in vita soltanto uno dei due tipi). Per ottenere l’approvazione finale degli azionisti del grandioso progetto, specie in termini di sicurezza dei visitatori e pertinenza degli aspetti scientifici (credo che gli azionisti fossero soltanto interessati alla sicurezza, non agli aspetti etici della scienza), Hammond invita per un week-end nell’isola il dottor Alan Grant, un esperto paleontologo; Ellie Sattler, paleobotanica; l’avvocato Donald Gennaro, in rappresentanza degli azionisti; un matematico, Ian Malcolm; i due suoi nipotini, Lex e Tim… (un riassunto che manca della motivazione che dovrebbe ispirare i potenziali spettatori a guardare il film, ovvero del fatto che i dinosauri si “libereranno” dai loro recinti.)

Critica

“I dinosauri protagonisti sono fantastici, emozionanti (un premio anche ai dinosauri non protagonisti, i supporting dinosaurs, grazie). Alcuni lenti e goffi come i vecchi Godzilla e King Kong, altri più piccoli e rapidi come canguri, alcuni buoni vegetariani (ci sono anche i dinosauri vegani? Forse intendeva “erbivori”) e altri cattivi carnivori, alcuni tardi e altri intelligenti o addirittura raziocinanti (quali erano i dinosauri “tardi”? E poi vergogna, si dice “dinosauri diversamente abili”!), quasi tutti realizzati in computer grafica mescolando orrore e meraviglia, fanno cose straordinarie. (…) Al confronto, il resto del film è meno stupefacente (cioè a Lietta Tornabuoni sono piaciuti solo i dinosauri e nient’altro!): copione impoverito rispetto al romanzo di Crichton testa (cosa ti aspettavi? E’ un film di Spielberg!); personaggi umani stereotipati (è un film di Spielberg!!) e inclini a comportarsi da scemi imprudenti (è un film di Spielberg!!!) o a perdere la testa (è pur sempre un film di Spielberg!!!!), come in ogni horror movie; cast insulso (come insulso!? Solo perchè in Italia all’epoca non erano attori noti non vuol dire che fossero insulsi, immaginate chiamare “insulsi”Jeff Goldblum, Sam Neill, Richard Attenborough e Samuel L. Jackson) e a buon mercato; effetti speciali così così (è vero, ha solo vinto una caterva di premi agli effetti speciali!), efficacissimi e frastornanti effetti sonori realizzati in Digital Sound, momenti cinematograficamente bellissimi e un inizio lento, quieto.” (è un bene o un male? Quieto non mi sembrava affatto, Lietta Tornabuoni è forse arrivata tardi al cinema perdendosi la scena d’apertura in cui un velociraptor uccide un operaio in maniera cruenta?)
(Lietta Tornabuoni, ‘La Stampa’, 19 settembre 1993)

“Chi ha incastrato Steven Spielberg? Come il protagonista di ‘Hook’, il film che ha preceduto ‘Jurassic Park’, il quarantacinquenne regista americano mostra di attraversare una profonda crisi (ah si?). La macchina si fa sempre più complessa (e questo è un male?), i dollari investiti si contano a decine di milioni (e questo è un male?), i record di incasso da battere diventano stratosferici (e questo è un male?). Si direbbe che la sua attenzione finisca per concentrarsi solo sui giganteschi impegni organizzativi, mentre la vena poetica, a poco a poco, rischia di inaridirsi (mi sa che a Luigi Paini era piaciuto soltanto Always – Per Sempre perchè la vena poetica non è una caratteristica tipicamente Spielbergiana). Difetti che proprio in ‘Hook’ iniziavano a mostrarsi (non si può proprio paragonare Jurassic Park a Hook), e che nel ritratto dal romanzo di Michael Crichton escono allo scoperto, nonostante la stupefacente perfezione degli effetti speciali. (Lietta Tornabuoni non concorda, secondo lei gli effetti speciali erano “così così”)”
(Luigi Paini, ‘Il Sole 24 ore’, 26 settembre 1993)

“Se si dovesse circoscrivere questo fenomeno al solo intrattenimento, si potrebbe liquidare il film di Spielberg con poche battute inversamente proporzionali al tempo e alla fatica necessari per realizzarlo (wow che maligni questi di Famiglia Cristiana! Ah già, loro sono del parere che i dinosauri siano mai esistiti! Allora si spiega tutta la seguente “critica”): un enorme giocattolone che cambiando il fìnale del fortunato romanzo di Michael Crichton si è lasciato aperta la possibilità di battere il ferro fin che è caldo e di dar vita a una catena di montaggio seriale come fu fatto per ‘Lo squalo’; una proiezione dell’immaginario infantile i cui meriti vanno attribuiti soprattutto a Stan Winston e a Michael Lantieri, autori di effetti speciali rivoluzionari, combinazione di elettronica computerizzata e immagini digitali. (e a nessun altro!)”
(Enzo Natta, ‘Famiglia Cristiana’, 13 ottobre 1993)


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