Ci eravamo lasciati, fine di una convivenza. L’ennesima mia reazione di gelosia (anche se solo sussurrata) aveva causato la sua ennesima impazienza. Dal centro commerciale mi aveva accompagnato sotto casa: “Scendi”, aveva detto, e se n’era andato. E non si era fatto più sentire per qualche giorno. Quando mi aveva richiamato, avevo risposto che chi non si fa sentire non merita di esistere nella mia vita, o cose del genere. Allora lui, inorgoglito, aveva riattaccato, poi aveva preso a farmi degli squilli, e l’ansia saliva, ma ero troppo offesa. Così ero partita, sola, prima per uno squallido hotel di Fondi, dove ho rischiato perfino di essere violentata, poi per Malta, per una vacanza-studio. Di questo vi avevo parlato nei miei ultimi post di settembre scorso.
Ritornata a Roma prima del tempo, ero andata, una mattina, a trovarlo a casa sua – sua madre mi aprì al citofono. Lui stava ancora dormendo. Lo svegliai cercando di convincerlo, ma non ne voleva sapere. Ci è voluto circa un mese.
I cambiamenti nella mia casa da settembre scorso: più orpelli africani, frutto delle missioni di Daniele; un tavolino marrone scuro di provenienza Ikea a tre gambe (su cui abbiamo finalmente poggiato la mia lampada particolare in rame, comprata ancora prima di avere una casa e tenuta per mesi nello stesso negozio, con il cartellino “Venduta” appiccicato su, poi in un angolino dello studio, sul ripiano di cristallo, in alto, a oziare, tristemente scollegata da qualsiasi fonte di elettricità, e oltre a quella, le pipe di Daniele, tutte allineate e belle, poi un calice per la birra e infine un pupazzetto a forma di civetta, buffo); una specie di comodino che abbiamo messo vicino alla libreria, rosso, su cui c’è una nostra fotografia incorniciata con delle coccinelle sul vetro, uno stereo che, volendo, mentre suona potrebbe ricaricare contemporaneamente un Iphone o Ipod, un fiore di stoffa giallo e, per il momento, un foglietto preso da me a messa con l’immagine della Madonna (in attesa di trovare un quadro o qualcos’altro che la raffiguri, perché, si dice, l’immagine della Madonna protegge la casa); un cuscino nero con un unicorno rosa, sempre Ikea (che rispecchia il mio dubbio senso del gusto); una serie di modellini di aeroplani sopra al mobile della tv, e vicino a loro tre bandiere: Italia, Uganda e Salini Costruttori, tutti soprammobili di Daniele; anche lo studio è cambiato, ora ci sono ben tre pc, di cui uno grande e due piccolini, e il bello è che io non uso mai nessuno di questi, affezionata come sono al mio Mac portatile, ma Daniele ci fa gli esperimenti informatici; varie bottiglie di superalcolici nella vetrinetta, io astemia, utili soprattutto quando abbiamo invitati (non siamo soliti alcolizzare le persone, ma a fine cena un bicchierino è gradito); e la più bella cosa: c’è una giacca grigio chiaro, adagiata qui sopra la sedia di fronte a me, che testimonia più di ogni altro segno o oggetto il ritorno del mio compagno, dopo l’ondata che ci aveva travolto.
Ornella Spagnulo. Continua
Tutti i giovedì Cronaca di una convivenza di Ornella Spagnulo