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Procedendo con ordine, per molti giornali la squalifica di 5 settimane inflitta dalla RFU nei confronti di Manu Tuilagi per il gancio rifilato a Chris Ashton è troppo dolce, quasi come mandare giù una pillola con l'accompagnamento di dolci. Chris Foy, Rugby Correspondent per il Daily Mail, ha titolato così il suo articolo che ha raccontato gli sviluppo disciplinari: A Brutal Blow for Rugby, dove il termine "blow" nel vocabolario inglese sta anche per colpo alla nuca oltre che per batosta. Per Foy, la federazione ha perso l'occasione di mettere subito ordine, lasciando qualche spazio grigio nella sezione precedenti, dalla quale trae ispirazione il modello legislativo della Common Law. E a proposito di precedenti, ha ripercorso i passi del capitano del Northampton, il tallonatore Dylan Hartley, che nel 2007 non partecipò alla Coppa del Mondo per una squalifica di sei mesi per gouging, sottolineando come da allora, dopo la lezione impartita, il ragazzo abbia messo la testa a posto e abbia imparato a non cedere (o quanto meno a trattenersi quel tanto che basta) alle provocazioni degli avversari, dato che rimane un obiettivo sensibile per far saltare tanto i piani dell'Inghilterra quanto dei Saints: mettere in difficoltà psicologica Hartley per infilare un bastone tra le ruote dei suoi compagni.
Nota non di poco conto se teniamo in considerazione l'idea di vendere il prodotto rugbistico, tema molto caro dalle parti di Londra, anche l'aspetto mediatico: il replay del cazzotto rifilato a Ashton è stato riproposto in continuazione e allora Foy si domanda se non fosse il caso di essere più severi nei confronti di Tuilagi agli occhi dei genitori che potrebbero avere riserve sulla decisione dei figli di dedicarsi al rugby. Sembra essere passato l'assunto che se sei grande e grosso - e giovane - puoi menare: il trequarti dei Tigers in totale ha mosso le mani tre volte durante la semifinale di Aviva Premiership, con il colpaccio grosso arrivato solo al terzo tentativo ai danni di Ashton.
Dalla legge, ai soldi. Con il patron dei Wolverhampton, squadra di calcio in Premier League, Steve Morgan, che ha avanzato l'ipotesi di introdurre un salary cap. Il modo migliore per farsi dei nemici nel mondo del calcio. I suoi Wolves sono ad un passo dalla salvezza che tenteranno di conquistare in questo fine settimana, dopo essersi resi protagonisti di un gran recupero quando parevano ormai spacciati e destinati a scendere nella Championship. Intanto, Mr. Morgan se la prende con i club più grandi, i più potenti, che possono permettersi di spendere e spandere (salvo ritrovarsi poi con le tasche rotte e nessun spicciolo in banca), mentre i Wolves hanno chiuso lo scorso bilancio con un profitto di 9 milioni di sterline e contano di ripetere la performance positiva anche in questa stagione.
Morgan mette in guardia i colleghi, soprattutto quelli medio-piccoli, che potrebbero finire come il Portsmouth: "Hanno speso un sacco di soldi, comprato un sacco di giocatori, vinto la FA Cup, ma ora sono nell'oblio". A Wolverhampton invece suggeriscono di avere piani a lungo termine e di investire sulle academy dal momento che "i tifosi amano più di tutto vedere emergere un giocatore di casa, cresciuto passando per la società".
Ora, il paragone è quasi paradossale. Presente sempre i Tigers? Che hanno come loro punto di forza quello del senso di appartenenza, del lavoro svolto nei settori giovanili, nella capacità di puntare su talenti pronti a dare il meglio di sé in campo? Teoricamente, Tigri e Lupi dicono la stessa cosa, solo che i primi vogliono poter spendere di più di quanto consenta solo il tetto salariale imposto dalla federazione, minacciando la creazione di una Super Lega assieme ad altri club come i Saints e Bath. E' lecito attendersi ulteriori sviluppi.
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