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Cuba incarcera tre italiani senza processarli

Da Astonvilla
Cuba incarcera tre italiani senza processarliIl 14 Maggio 2010 in uno squallido ma compiacente alberghetto di Bayamo, antica cittadina nell’Oriente cubano sulla strada per Santiago a circa 900 km dalla Capitale La Havana, una prostituta bambina di 12 anni dal nome tuttora ignoto ai non addetti ai lavori rimaneva uccisa dopo una serata di abusi alcolici, narcotici ed ovviamente sessuali, trascorsa in compagnia di tre cittadini italiani… questa almeno è la versione dei fatti fornita dalla polizia.
Gli addetti ai lavori (sporchi) in questione sono chiaramente agenti della polizia cubana, gli impiegati dell’hotel e presumibilmente alcuni di quelli che a Cuba vengon definiti ciuli, cioè papponi o magnaccia come dir si voglia. Per costoro sicuramente la bambina costituiva un pezzo pregiato della loro scuderia di chicas o putas ma meglio ancora jineteras cioè “cavallerizze” come vengono chiamate le utili fanciulle soprattutto dagli Habaneri, i quali non sono certo avari nella loro varietà di denominazioni.
Se il nome della bambina è e rimarrà probabilmente occultato, non così è stato per i tre individui. Il primo, Simone Pini, commerciante fiorentino di 43 anni, viene arrestato il 24 Maggio sempre a Bayamo dove si trovava in compagnia della sua novia (fidanzata) cubana. Malgrado le sue strenue asserzioni di essere stato in Italia il 14 maggio, corroborate da parenti ed amici, la polizia lo accusa dell’omicidio e di ingresso illegale nell’isola proprio in quel periodo. Successivamente vengono arrestati per lo stesso reato Luigi Sartorio e Angelo Malavasi, piccoli imprenditori, vicentino il primo e reggiano il secondo.
Mentre Pini viene internato in isolamento nel carcere Combinado de l’Este a La Havana, Sartorio e Malavasi vengono dirottati in quello di La Condesa non lontano dalla capitale. Passano i mesi e solo il 16 Agosto al Consolato Italiano è permesso di visitare i detenuti. Nel frattempo ai legali locali viene negato l’accesso alla documentazione del caso che viene tenuta “top secret”. La funzionaria del Consolato a La Havana Giacinta Oddi asserisce che i detenuti son trattati con dignità e rimangono in attesa di conoscere la data della prima udienza del loro processo.
Ottobre 2010: Angelo Malavasi inizia uno sciopero della fame e dichiara di voler lasciarsi morire avendo perso ogni speranza di poter uscire da questo incubo; sta di fatto che dopo 5 mesi dall’accaduto ed una richiesta al ministro Frattini caduta nel vuoto, ancora non sia stata fissata alcuna data per il processo. Lo stesso avviene per gli altri imputati.
Il mese dopo il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica presenta una interrogazione al ministro se risponda a verità la denuncia fatta da Luigi Sartorio di essere stato torturato in carcere ai fini di estorcergli una confessione. Questa richiesta non verrà mai inoltrata alle autorità cubane.
L’11 Gennaio 2011 per la prima volta un giornale locale, La Nazione di Firenze, dà notizia dei fatti con un breve riassunto degli stessi. Lo imiterà il 14 Il Resto del Carlino di Modena che però citerà solo il conregionale Malavasi. La Repubblica a sua volta pubblica un trafiletto sulla vicenda poi tutto tace.
Solo in questi giorni vengo a conoscenza del fatto, grazie a persone collegate con il Consolato Italiano, che l’orientamento di quest’ultimo, in sintonia con le autorità cubane, è quello di lasciar cadere la scottante vicenda nell’oblio, grazie anche al disinteresse dei media italiani ed a quello ancor più grave della Farnesina. Mancano circa due settimane alla scadenza del primo anno dall’omicidio ma non è stato ancora formulato alcun capo d’imputazione nei confronti degli imputati e tanto meno si intravede a l’orizzonte una ipotetica data del processo.
I miei tentativi di contattare l’Ambasciata in relazione all’indiscrezione di cui sopra, sono stati ripetutamente rimbalzati dal muro di gomma eretto a difesa di questo silenzio omertoso. Nel mio precedente pezzo per Caffè News pubblicato il 30 dicembre 2010 dal titolo “Cuba, malaffare di Stato?” mettevo in evidenza il cambio di atteggiamento che il regime ha assunto negli ultimi anni riguardo la prostituzione. Infatti per decenni le “chicas” sono state regolarmente perseguitate ed arrestate ovunque operassero, “calles” (strade) o “playas” (spiaggie) che fossero, ed ai turisti veniva severamente vietato introdurle negli alberghi statali. Divieti che però venivano di regola aggirati dal turista single, essenzialmente maschile, grazie all’alternativa dei Particulares, case private che non applicavano tali restrizioni. L’equivalente femminile di questa categoria di solito preferiva svolgere la propria attività erotica vacanziera lungo le spiagge di Negril e Montego Bay in Giamaica, dove il mito del Rental Dread, versione locale del gigolò, è ancora oggi duro a morire.
Se si considera che l’Italia è Il primo Paese europeo nel turismo sessuale e pedofilo e soprattutto che questo settore sta perdendo le roccaforti brasiliane di Rio, Natal e Fortaleza dopo la campagna antipedofilia dell’amministrazione Lula, Cuba rimane insieme alla Thailandia, l’ultima spiaggia, è proprio il caso di dire, per questi galantuomini.
Per far fronte a questa continua domanda di mercato, la burocrazia cubana che controlla alberghi e “movida” notturna tramite corporazioni quali Cubanacan, Cubatur e Havanatur, ha deciso negli ultimi tempi di assumere un approccio pragmatico nei confronti di questa tendenza, al fine di non lasciarsi sfuggire un enorme fatturato.
A giugno 2010 intervistai le receptions dei principali hotel de La Havana, constatando che ora è possibile portarsi le ragazze in stanza pagando un extra sul costo della prenotazione, cifre che vanno da un minimo di 60 a un massimo di 120 dollari per notte. Nelle receptions e nei bar delle strutture ora è facile essere agganciati da graziose escorts che dopo un drink ti aggiornano rapidamente sul cambiamento di costume, invitandoti a celebrarlo con loro! In nessun’altra struttura all inclusive dei Caraibi è possibile una simile alternativa.
Tornando a bomba, se non dovessero avvenire in questi giorni cambiamenti decisivi, le autorità cubane in tandem con quelle nostrane, avrebbero permesso due palesi ingiustizie:
1) Nei confronti dei tre imputati: dal momento che nessuno è colpevole fino a prova contraria, negare a questi un regolare processo e la possibilità di una difesa sarebbe un sopruso ingiustificabile.
2) Nei confronti della bambina uccisa: ancora più grave sarebbe negare la possibilità di un giusto risarcimento alla famiglia della vittima, cosa impossibile senza un processo e una relativa sentenza.
A dispetto delle miserie citate in precedenza, la “maggioranza silenziosa” dei cubani è ancora sana e si merita una chance migliore; turismo sessuale e corruzione potrebbero essere ridimensionati quando non costituiranno più il reddito primario.
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UNO MAGARI L'HA SCAMPATA PER ANNI MA PRIMA O POI CHI E' MALATO DI QUESTA ORRENDA MALATTIA LA PAGA QUINDI....OCCHIO ALLA "PENNA....."

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