La questione è spinosa, la verità nelle mani di chissà chi, e da sempre, sul campo degli astanti, si fronteggiano gli accusatori delle forze dell’ordine e quelli dei medici. Al centro una famiglia, senza più un figlio. Una famiglia che in aula si è vista sfilare liberi e senza macchia le guarde carcerarie, colpevoli, a detta sua, di aver pestato Stefano, fino al punto di farlo finire in ospedale. Tra le braccia dei suoi carnefici ( ha stabilito il giudice). Una famiglia che però ora - per quanto in disaccordo con la sentenza - accetta un risarcimento in denaro dai medici, o più esattamente dall’ospedale Pertini, ultimo giaciglio del loro ragazzo.
“Per continuare la battaglia legale contro gli agenti”, assicura l’avvocato Fabio Anselmo, un vetereno delle cause intentate contro le forze dell’ordine. “Per una contrazione degli atti d’appello”, pare invece inserito nell’accordo raggiunto. Per la serie: io ti pago adesso, e tu prometti di non ricorrere in appello contro di me, in quanto parte civile. Perchè il loro chiodo fisso sono gli agenti. E’ loro che considerano l’inizio della fine, loro che vogliono vedere dietro le sbarre.
Ma può un risarcimento - la cui cifra è ancora top secret - placare la voglia di giustizia?! Perchè questo è: rinunciare a farla pagare fino in fondo a sei persone, che per quanto condannati, non hanno speso un minuto della loro vita in cella (le pene furono infatti sospese), nè hanno perso il lavoro. Sei persone che, ha stabilito la Corte d’Assise, non nutrirono a dovere un uomo di 31 anni, alto 1.76, che all’arrivo in ospedale pesava 43 chili. Quarantatrè. Non ottantatrè. No (e dalla foto qui sopra si evince che non era sempre stato così magro). E che una settimana dopo ne aveva già persi 6, arrivando alla soglia dei 37. Trentasette chili per 1.76. Ma Stefano stava bene, raccontano i suoi, la mattina dell’arresto era anche andato in palestra, e quella tossicodipendenza che lo aveva visto in comunità, lontano da mamma, papà e sorella, era ormai un ricordo…! Perchè è vero che se non lo avessero picchiato, forse, non sarebbe finito in ospedale coi lividi, ma è pur vero che se lo avessero nutrito e curato a dovere, non sarebbe morto.
Se Stefano fosse stato mio fratello io non avrei accettato neanche di costituirmi parte civile, no (al pagamento delle spese processuali ci avrebbe poi pensato la sentenza). Non ci sono soldi, risarcimenti o accordi col nemico che possano placare il vuoto di un fratello morto in circostanze simili, credo. Ma Stefano non era mio fratello.
Anche perchè, a dirla tutta, io non avrei mai neanche scritto e pubblicato libri sul mio e sul suo conto (l’ultimo è appena uscito), nè provato ad accedere al Paradiso Terrestre del Parlamento…