Magazine Diario personale

Culo da expat

Creato il 01 settembre 2013 da Valeskywalker @valeskywalker
In uno dei miei giorni piu' neri da espatriata , scrissi questo sfogo sulla mia solitudine nel paesello francosvizzero: quando il Senator era via per lavoro ero attaccata a skype e facebook per non diventare sorda di silenzio. Poi facevo le abbuffate di ospiti che per quanto faticoso non smettero' mai di ringraziare, perche' per noi che eravamo isolati li', la loro compagnia era ancora piu' preziosa di quanto per loro fosse la nostra. Oppure triangolando budget e forze e impegni, mi mettevo sull'ennesima serie di treni e partivo alla volta della mia famiglia e delle mie amiche. Tornavo sfinita ma felice, carica abbastanza di parole e spunti per affrontare un altro po' di giorni sola soletta.
Quando e' nata la Viatrix ero impegnata dal diventare sua mamma 24/7 ma il senso di isolamento e' diventato piu' grande. Adesso lo posso dire con tranquillita' perche' non ci soffro piu', ma in quelle prime ore piene di dolori fisici, paracetamolo e grandi emozioni, ci sono rimasta male che gli amici del Senator dalla Polonia si siano fatti 1600-1900 km per venire a festeggiare il suo esser diventato papa' (sia la prima che la seconda volta), mentre a festeggiare il mio esser diventata mamma c'erano i miei e mio marito ma nessuna delle mie amiche, pur abitando a 250 km da Torino e 350 da Milano. Per carita', ho ricevuto mille pacchetti prima e dopo la nascita della Viatrix e tantissime chiamate e messaggi.
Tutte loro quando ho ripreso a viaggiare mi hanno ospitato nei miei giri pazzi per venirle a trovare, adattandosi ai miei orari di treno, di visita etc.
Pero' in certi momenti ci vorrebbe un abbraccio dal vero, e' la natura umana e anche la piu' consumata delle expat con un cuore ricoperto di calli puo' avere un sano desiderio di palloncini in ospedale e pacchetti scartati di persona e risposte date con gli occhi.
E nelle settimane successive avrei voluto per un piccolo attimo una spalla non virtuale su cui piangere, che non fosse sempre quella di mia mamma. Ero la prima di tutte le mie amiche storiche ad avere figli, annaspavo nei mille dubbi, potevo fortunatamente confrontarmi con due neomamme diventate amiche grazie ai meandri della Rete, ma mi dispiaceva non condividere con nessuna delle mie amiche con cui ho attraversato anni di avventure quei momenti iniziali cosi' difficili. Non e' che lo abbiano fatto apposta, ma ognuna di loro aveva problemi a prender giorni liberi, impegni di lavoro o personali, problemi di salute, problemi di soldi....se non loro, i fidanzati,e io non sono riuscita a far capire loro quanto davvero avessi seriamente bisogno del loro supporto anche solo per 24 ore, in quel periodo.
Probabilmente ognuna avra' pensato in buona fede io non posso ma ci andra' qualcun'altra dalla Vale
Ho imparato ad accettare che, come tutti, anche le persone a cui voglio piu' bene hanno il loro flusso di priorita' e non devo aver pretese che questo flusso cambi per me. Se succede, ne sono felice, se no, non devo lasciare che questo mini il mio senso di amicizia. E quella volta che e' venuta Elena, mi sono sentita felice di quella visita come se tutte le mie dieci migliori amiche si fossero presentate al binario della Stazione di Ginevra con una maglietta con scritto: tieni duro, non farai la mucca per sempre!
Come sempre succede, giusto prima di andarmene finalmente via, ho scoperto nella moglie del capo di mio marito una donna molto colta e alla mano, la moglie di un collega di mio marito e' venuta a stare vicino a noi, ho trovato una nuova  amica italiana espatriata, ho ritrovato un'amica torinese di mio marito appena trasferitasi . Da zero in quattro anni a quattro in meno di uno, roba da girar la testa.
Siamo arrivati qui a Varsavia cinque mesi fa e non sono ancora mai rientrata a trovare i miei genitori e le mie amiche: i miei sono venuti a giugno e non mi era mai capitato di stare via tanto a lungo: il nuovo lavoro del Senator era in fase di carburazione e non conoscendo le sue trasferte era difficile immaginare quando prendere i miei biglietti, perche' cerco di spostarmi quando lui non c'e' in modo che le bambine (e io medesima) non perdano ulteriori giorni col tato.
Tra undici giorni saliro' con le pargole, un passeggino, un bagaglio a mano e due valigie di stiva (una vuota da riempire di cibo e vestiti), sull'aereo che mi riportera' dai miei, passando andata e ritorno dalla (futura) madrina di Meraviglia.
Ho tanta nostalgia per i miei e per le mie amiche che ormai sono disseminate principalmente tra Torino e Milano.
Mi piacerebbe cosi' tanto vederle piu' spesso, piu' a lungo, senza sottrarre tempo al vedere i miei.
Mi piacerebbe cosi' tanto che venissero qui a scoprire questa citta', magari quando ritorna la bella stagione.
Pero' da quando sono qui non soffro piu' di solitudine.
Qui non sono piu' una tizia da sola con due figlie, che scambia qualche bonjour sulla via ma se se la divora un pastore alsaziano, come diceva Bridget, non se ne accorge nessuno. Ho piu' di quattro numeri in rubrica da chiamare per vedermi con qualcuno. Esco di casa ed incontro persone che mi conoscono come Valentina, non che io conosco perche' me ne ha parlato il Senator ma per loro sono solo la moglie di.
Paradossalmente la' parlavo la lingua e condividevo largamente la mentalita' del luogo, ma ero invisibile. Qui parlo la lingua locale con la fluenza di un bambino di due anni, sono parecchio insolita per gli usi e costumi autoctoni, eppure non solo ho un giro, ma non e' nemmeno un giro interamente ereditato dal Senator, perche' qui ho delle amiche mie e delle conoscenze fatte da me.
Oggi sono uscita di casa per un caffe' con un'amica conosciuta undici anni fa a Strasburgo, piu' tardi passeggiando ho incontrato per caso altre due coppie di amici del Senator dai tempi  dell'universita' e siam rimasti di vederci domani, poi nel pomeriggio ho chiaccherato con i miei magnifici vicini di casa, la sera sono uscita per andare a fare una commissione e ho beccato alla fermata dell'autobus una cugina del Senator con cui  abbiam deciso di vederci giovedi', prima di rientrare in casa ho scambiato due parole sotto il portone con una ragazza che ha un bimbo piccolo e vive nel mio stabile, ci siamo scritti i rispettivi numeri. Nel frattempo mi sono accordata per un pranzo martedi' con la mia insegnante di polacco e da ieri anche mia cognata, come gia' mio cognato, vive a Varsavia: e' passata al volo e le ho prestato il piumone,  che cosi' non congela da qui alla prima andata all'Ikea per arredare casa.
Insomma, una densita' tale di contatti umani nel paesello francosvizzero nemmeno col binocolo rovesciato.
Otto anni fa quando arrivai  per la prima volta in una Varsavia estiva polverosa di lavori in corso e grigia di blocks sovietici fatiscenti, non avrei mai potuto immaginare quanto sarebbe cambiata nel giro di poco e che vivendoci avrei pensato ogni giorno: che culo essere qui!


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