(il titolo sarebbe «Cult & Colt» ma WordPress, dannazione a lui, la “E commerciale” proprio non la digerisce nei titoli)
***
Se come me siete nati nei gloriosi anni ’70, sicuramente sarete cresciuti guardando e riguardando i lungometraggi cult della coppia Bud Spencer & Terence Hill.
Mi vergogno ad ammetterlo… potrei citarvi parola per parola le battute storiche dei loro film, prima tra tutte quell’«Hey tu, elegantone!» che introduceva il personaggio di Trinità in Lo chiamavano Trinità:
Dopo questa bella premessa vi starete sicuramente chiedendo cosa caspita c’entrano Mario Biondi e Fabrizio Bosso (rispettivamente, il Barry White italiano e uno tra i trombettisti jazz italiani più quotati) con il filone spaghetti western.
La strana relazione l’ho scoperta proprio poco fa, e devo dire che mi ha lasciata piacevolmente stupita.
Stamattina, chissà perché, avevo voglia di risentire qualcosa di Bosso.
La prima idea è stata quella di ripescare il solito primo album solista, Fast Flight (di cui credo di avervi già parlato su questo blog… forse una ventina di volte…).
Però la tentazione di cambiare, di sentire qualcosa di nuovo è stata troppo forte: mi sono quindi messa a cercare un po’ a casaccio sul web – Bosso ha registrato talmente tanti album, tra progetti suoi e collaborazioni, che guardare l’elenco e scegliere da lì sarebbe stato da pazzi.
Meglio fidarsi del caso.
E bene ho fatto, perché sono incappata nell’album Cult & Colt Cinema 70, una raccolta delle più grandi colonne sonore di Franco Micalizzi eseguite dallo stesso Micalizzi con la sua Big Bubbling Band e con la partecipazione di una manciata di straordinari ospiti, tra i quali appunto Mario Biondi, Fabrizio Bosso, Irio De Paula e addirittura un rapper, Turi, che mi perdonerete ma non conoscevo.
Datemi retta, non è il caso di farvi fuorviare dal fatto che Bosso è un jazzista: il jazz è solo un genere (forse neppure quello…), e io personalmente sono dell’opinione che un bravo jazzista è in grado di suonare tutto quello che vuole. Saprebbe perfettamente come muoversi pure sul palco di un concerto hard rock – John Zorn insegna.
Se siete tanto bravi da riuscire a procurarvi l’intero album (di cui avrei voluto lasciarvi il link audio, ma pare che YouTube non voglia collaborare), ascoltatevi Il Giustiziere Sfida La Città: troverete un Bosso completamente a suo agio, credibilissimo nelle atmosfere da «poliziesco seventies» ed estremamente appagante. Non credo resterete delusi, se siete degli amanti del genere (Calibro 35, James Taylor Quartet e soci, per intenderci).
E ancora, Hold-Up, dove gli inconfondibili fraseggi di Bosso si inseriscono in una coinvolgente ritmica funk nella quale a farla da padrone è un bel giro di basso slap (suonare certa musica degli anni 70 per un bassista è una vera goduria…).
Davvero un peccato non potervi girare tutto l’album. Posso però darvi un assaggio, l’unica cosa gentilmente concessa da Youtube: la colonna sonora di Lo chiamavano Trinità, opera di Micalizzi, qui impreziosita dalla voce di Mario Biondi.
Decisamente non fa rimpiangere la colonna sonora originale, neppure ad una Scribacchina vecchia fan della coppia Spencer-Hill: