Frane, alluvioni, cambiamenti climatici, inquinamento: minacce che nel nostro Paese pesano non solo sul territorio e sui cittadini, ma anche sul patrimonio artistico, architettonico e archeologico. Dal rischio alluvione che minaccia piazza del Popolo e il Pantheon a Roma al clima impazzito che mette a dura prova la Mole Vanvitelliana ad Ancona. Questi alcuni dei dati diffusi oggi dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e dall’Istituto Superiore per la Conversazione ed il Restauro (Iscr) illustrando i 15 anni di attività congiunta: una mappa del rischio che ha come obiettivo quello di programmare attività di manutenzione ed eventuali interventi di restauro.
La Mole Vanvitelliana di Ancona (commons.wikimedia.org)
I beni archeologici e architettonici a rischio in Italia. In Italia sono 14.000 i beni archeologici e architettonici esposti a rischio frana, 28.483 quelli esposti ad alluvioni (con tempo di ritorno fino a 200 anni) e 39.025 quelli esposti ad alluvioni rare, ma di estrema intensità (tempo di ritorno fino a 500 anni). Solo a Roma sono circa 3.600 i beni culturali di composizione calcarea (architettonici, archeologici, statue e fontane) a rischio potenziale di degrado riportati nella Carta del Rischio del Patrimonio Culturale (Iscr), 60 quelli con composizione bronzea (entrambe le tipologie principalmente collocate nel centro della capitale). La minaccia arriva anche dall’impatto dei cambiamenti climatici sul patrimonio culturale: lo ha rilevato uno studio effettuato sui monumenti di Ancona, prendendo in considerazione vulnerabilità ed erosione. Il risultato? Ad essere più a rischio sono la Mole Vanvitelliana o Lazzaretto, il Tempio di San Rocco, la Chiesa del SS Sacramento, la Porta Farina e la Chiesa del Gesù.
I rischi per il patrimonio artistico, architettonico e archeologico. Relativamente alle alluvioni, nel comune di Roma i beni culturali immobili esposti a rischio idraulico con tempo di ritorno fino a 500 anni sono 2.204 e l’area inondata comprenderebbe anche il centro storico: piazza Navona, piazza del Popolo, Pantheon. Nel comune di Firenze, i beni immobili esposti a rischio idraulico con tempo di ritorno fino a 200 anni risultano 1.145, tra cui la Basilica di Santa Croce, la Biblioteca Nazionale, il Battistero e la Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Per quanto riguarda le frane, numerosi sono i borghi storici interessati da fenomeni di dissesto, quali ad esempio Volterra, con il crollo di una porzione delle mura medievali nel 2014, Civita di Bagnoregio e Certaldo. Negli ultimi anni diversi borghi sono stati oggetto di interventi di consolidamento e riduzione del rischio idrogeologico. Poi c’è la perdita di superficie dei monumenti, compresa tra 5,2 e 5,9 micron l’anno per il marmo e 0,30 e 0,35 micron l’anno per il bronzo. Negli ultimi decenni, il degrado dei materiali esposti all’aperto ha subito un’accelerazione, colpa soprattutto dell’inquinamento atmosferico, fattore di pressione determinante per le superfici dei monumenti all’aperto il cui impatto sui monumenti è irreversibile a causa della mancanza di sistemi di autorigenerazione, presenti invece negli esseri viventi.
Dal 2013 Ispra, Iscr ed Arpa Lazio insieme per una campagna sperimentale a Roma. Ispra e Iscr hanno avviato nel 2013 una campagna sperimentale, con la collaborazione di Arpa Lazio, su sette siti selezionati a Roma, all’interno del Grande Raccordo Anulare (in corrispondenza di altrettante stazioni della rete di monitoraggio della qualità dell’aria), per individuare una correlazione tra inquinamento atmosferico e i danni subiti dai materiali esposti. Il risultato è che mentre il marmo mostra un leggero sporcamento nel tempo, più evidente nei siti caratterizzati da concentrazioni più alte di particolato atmosferico, su vetro e rame lo sporcamento ha mostrato un significativo aumento nel tempo in tutti i siti. La perdita di materiale (erosione) si è attestata su 3-4 micron all’anno. L’Ispra ha presentato metodologie e tecniche innovative di monitoraggio satellitare, che consentono di analizzare su area vasta i beni culturali esposti a fenomeni franosi lenti e quindi di identificare le priorità e pianificare studi di maggior dettaglio, sopralluoghi e l’adozione di sistemi di monitoraggio strumentale in situ.
I paragoni con le esperienze internazionali. Numerose, in questi anni, le esperienze internazionali nell’ambito della conservazione e protezione del patrimonio mondiale svolte sia da Ispra in collaborazione con l’Unesco (tra tutte l’ultima il sito di Lumbini in Nepal, città natale di Buddha) sia da Iscr. E’ interessante notare come oltre i tre quarti dei siti patrimonio mondiale dell’umanità sono esposti a rischi naturali.
Il rapporto di collaborazione tra i due Istituti si è evoluto, tenendo presente la banca dati Carta del Rischio, fino al nuovo prodotto “Vincoli In Rete”; implementando e migliorando i dati di pericolosità, anche considerando il rischio legato alla presenza sul territorio di impianti “a rischio di incidente rilevante”. (ADNKRONOS)