Tessitore spiega perché in Italia lo stato non esprime la nostra identità culturale
La lettura offerta da Tessitore può essere sintetizzata in questi termini: a fronte di una comune identità nazionale, fondata sulla “eredità latina” e sul “retaggio cattolico”, non c’è stata una corrispondente, analoga solidità nella costruzione statale. In questo senso, al carattere nazionale – strutturato in modo da conciliare il policentrismo delle città, il pluralismo sociale e culturale e la tensione tra élite e popolo – non sarebbe seguita una struttura statuale adeguata alla cultura identitaria che si era sviluppata. L’adozione di un modello statuale forte ed accentrato, in similitudine con l’ordinamento francese, avrebbe trascurato le tradizioni storiche diverse e plurime.
L’anomalia italiana risiede quindi nella circostanza, evidenziata da Tessitore, che: “fatto formalmente e istituzionalmente lo Stato unitario, si doveva procedere alla assimilazione della nazione allo Stato… L’identità statale andava arricchita proprio attraverso l’integrazione della nazione allo Stato”. In questo senso, il nazionalismo, inteso, secondo Ernest Gellner, come il “principio politico che sostiene che l’unità nazionale e l’unità politica debbano essere coincidenti”, nel caso italiano avrebbe mancato di conseguire piena efficacia, non in ragione di un’identità culturale debole, ma a causa di una costruzione statuale scarsamente coerente con la dimensione storico- culturale della nazione.
Per fornire supporti ed evidenze alla interpretazione avanzata, Tessitore impiega una ricca e documentata serie di esempi storici e un circostanziato impiego di studi di caso su vicende come la rivoluzione napoletana del 1799 e l’insurrezione siciliana del 1820-1. In questo senso, le vicende regionali e territoriali, in passato accreditate talvolta come episodi di storia locale, vengono letti nell’ottica e nella direzione della partecipazione alla costruzione, dal basso, dell’identità nazionale. Così il quadro delineato da Tessitore appare conforme all’interpretazione del politologo Walker Connor, che ha impostato l’analisi dell’identità nazionale non solo alla luce delle grandi vicende storiche che conducono alla costruzione di un’unità collettiva, ma con riferimento alle esperienze di cultura, materiale e immateriale, caratteristiche di territori e comunità locali.
Tessitore propone, a supporto della tesi dell’anomalia italiana, un vasto repertorio di testimonianze filosofiche e storiografiche in materia di identità nazionale. Tra queste ci sono le interpretazioni di De Sanctis e di Cuoco, di Croce, di Vico, di Genovesi e poi quelle di Romagnosi, Pisacane, Colecchi, Spaventa, Settembrini, De Meis, Villari, Amari. Attraverso l’analisi delle diverse interpretazioni dell’identità collettiva è possibile verificare quanto il tema della costruzione di una nazione – più che quello della selezione dell’ordinamento statuale – sia stato centrale nella letteratura storica e filosofica italiana.
La mancata corrispondenza tra identità culturale nazionale forte e costruzione statale debole viene affrontata non solo con riferimento alle testimonianze più note della storiografia d’Italia, ma anche dando spazio a visioni meno frequentate, come le analisi sulla nazione di importanti studiosi pre-risorgimentali del Mezzogiorno. Recuperare, con rigore filologico, l’opera di storici e filosofi del passato che hanno affrontato il tema dell’identità nazionale, a partire dalla tradizione intellettuale meridionale, aggiunge un tassello prezioso al patrimonio di conoscenza della genesi ideale del Risorgimento italiano, troppo spesso limitata dentro i confini del Regno di Sardegna.
Questa interpretazione dell’anomalia italiana induce a riconsiderare i punti di forza della cultura nazionale e a riflettere sull’opportunità di valorizzare adeguatamente quel pluralismo sociale legato alle tradizioni delle città italiane, già rilevato come uno dei caratteri peculiari della nostra identità comune.
9 dicembre 2014