La classe elementare descritta dal De Amicis.
Rievochiamo alcuni amici di Enrico, l'immaginario ragazzo che, secondo il De Amicis, avrebbe scritto questo diario: l'autore ha saputo darci di loro dei ritratti così nitidi e semplici, ce li ha descritti con tale affetto e minuzia di particolari, che quasi li riconosceremmo, se dovessimo un giorno incontrarli mentre escono di scuola.
Garrone, buono e forte, sembra un mitico gigante protettore degli oppressi. I birichini, intimiditi da quelle sue grosse manone che san dare talvolta lezioni più eloquenti dei rimproveri del maestro, fan silenzio e si acquetano quando egli interviene, mentre Nelli, il gobbino, macilento e pavido come un essere senza difesa, gli si avvinghia al braccio come un figliuolo a quello della sua mamma, e vorrebbe averlo sempre vicino perchè lo protegga dagli scherzi dei malvagi. Derossi, il primo della classe, non ha i difetti che solitamente hanno i ragazzi quando sono nella sua privilegiata posizione: è buono, aperto, vivace, generoso con i compagni e pronto ad aiutarli quando, agli esami, si trovano in difficoltà; persino Votini, il vanitoso sempre preoccupato di sfoggiare nuove eleganze, alla fine dell'anno sente il bisogno di domandare a Derossi perdono per quel poco d'invidia che ha sempre nutrito per lui.
Coretti, il figlio del legnaiuolo, talvolta s'addormenta in classe perchè alla mattina si leva di buon'ora per scaricare la legna in magazzino. Ma non gli pesa il lavoro, tutt'altro: è orgoglioso quando può mostrare ad Enrico la sua vita di piccolo operaio. E a lui, al "muratorino" e a Precossi, figlio di un fabbro ferraio, si direbbe che vadano le simpatie di Enrico che, figlio di un agiato professionista, ammira in questi piccoli amici la maturità che la miseria e il lavoro hanno loro dato.
Garoffi, lungo e magro, "col naso a becco di civetta e gli occhi piccoli e furbi" è un commerciante in erba: non c'è pennino, francobollo, o carta asciugante che giaccia dimenticato sul banco, che già il piccolo affarista si precipita, pronto a farlo sparire nelle sue tasche, per rivenderlo ai compagni più prodighi. Stardi, il volenteroso, "col capo quadro e senza collo", è il più studioso: si incanta a guardare le vetrine dei librai ma non ruba un minuto agli studi, spolvera i libri della sua biblioteca con lo stesso amore con cui Enrico ripone i suoi giocattoli, e, col capo fra le mani, chino sul compito, non si distrae sino a che non abbia finito.
Nobis e Franti sono i più malvagi del gruppo: il primo è la vera personificazione della superbia, il secondo del cinismo. Nobis si spolvera ostentatamente la manica quando Precossi gli si accosta coi suoi abiti da lavoro, Franti ha il coraggio di sorridere al passaggio di un operaio caduto sul lavoro. Ma si direbbe che il De Amicis detesti la malvagità a tal punto, da non volerne neppure parlare: Franti, infatti, uscirà ben presto dall'aula scolastica e dalle pagine del libro, espulso per le sue malefatte, e Nobis, quando appare è sempre fatto oggetto di scherno da parte di tutti.
Anche i maestri, in questo libro, hanno pagine degne della loro fatica: povere creature che sentono il loro lavoro come una missione e che, per un mazzolino di fiori, per un gesto affettuoso da parte degli scolari, si sentono del tutto ripagate.
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