Cuore di Giro, come cuore di mamma, che coccola i sogni, accarezza le ambizioni e, allo stesso tempo, insegna la vita. Cuore di Giro che tiene tutti vicini, persino gli italiani che, dall’Unità, si dividono e si uniscono cercando una bandiera che valga la pena inseguire. Cuore di Giro che di difficoltà ne ha passate tante e si è sempre ricucito i suoi strappi con un filo infinito, fatto di voci e di grida, di strade che corrono veloci verso un traguardo.
Cuore esperto eppure sempre pieno di candore, come se tutto fosse per la prima volta. Come il primo bacio o la festa dei diciotto anni, ogni volta, a ogni primavera. Cuore matto, come quello di Bitossi a braccia alzate a San Pellegrino e quello di Joaquim Rodriguez sullo strappo di Assisi: sempre a tutta, con il vizio di non riuscire ad ascoltare altro che il richiamo di vittoria.
Cuore generoso che ha accolto Matteo Rabottini sui Resinelli, nel diluvio, come aveva fatto con Denis Menchov, in rosa sotto la pioggia di Roma. Tutti e due finiti a terra, sull’asfalto lucido e insidioso, prima di arrivare alla meta. La stessa piccola sfortuna e lo stesso grande coraggio di rialzarsi subito, per non perdere l’obiettivo che pedala sempre più veloce. Cuore silenzioso, a volte tremendo, a volte incoraggiante che ha accompagnato la cavalcata solitaria di Thomas De Gent tra i muri di neve dello Stelvio come con Coppi nella leggendaria tappa di Pinerolo, quando la sua imponente fuga regalò al ciclismo le parole indimenticate: “Un uomo solo al comando; la sua maglia è bianco-celeste”. Cuore che ha reso più clemente il tempo con Taylor Phinney, come aveva fatto con Saronni a San Marino, quando prese la maglia rosa per non lasciarla più.
Cuore che parla italiano ma ama il sudore e la fatica: quelli non hanno nazionalità. Cuore che applaude ai primi ma non nega uno sguardo agli ultimi; che vuol bene a tutti eppure si sceglie il prediletto.
Cuore che non dimentica i figli perduti. Che sui muretti, sull’asfalto arroventato dal sole, tra i Wouter e i Marco scritti con la vernice, dice che qui non si smetterà di ricordare. Che il Giro le sue istantanee se le porta dietro tutte, anche quelle più tristi, anche quelle che, guardandole, fanno venire un po’ di nostalgia.
Grazie, cuore di Giro per essere ancora qui, quest’anno. Grazie per i tuoi battiti che ci uniscono sempre come una grande famiglia. Grazie. Perché i battiti sono la dimostrazione più commovente e autentica che ci possa essere della vita. La vita vera, quella che si scopre nel viaggio, quella fatta per i sognatori che, fino al traguardo, ci arriveranno con la tenacia, con il coraggio e la fantasia oltre che con le gambe. Perché si sa che alla maglia rosa piacciono i campioni con i piedi sui pedali e la testa che va oltre. Oltre la strada che si impenna, oltre i chilometri infiniti. Oltre. Là dove hanno già portato, prima del corpo, la loro anima.