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Cura delle varici: Flebotrombosi e Tromboflebite

Creato il 17 dicembre 2012 da Euplio

Cura delle varici: Flebotrombosi e Tromboflebite

Cura delle varici

Flebotrombosi e Tromboflebite

È fuori dubbio che la stasi dovuta al riposo a letto, indipendentemente dalla natura della malattia, costituisce uno dei fattori patogenetici più importanti della trombosi venosa.

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La stasi del flusso sanguigno è favorita dall’anestesia ed al trattamento sedativo post-operatorio.

L’inattività muscolare degli arti, le fasciature compressive, la riduzione delle escursioni respiratorie, la distensione addominale e la posizione seduta con flessione delle ginocchia e delle anche, ostacolano il flusso del sangue verso il cuore.

Se vuoi avere più informazioni leggi quest’altro post che ho scritto sulla tromboflebite e flebotrombosi

Nelle cardiopatie in genere e nello scompenso cardiaco, l’aumento della pressione venosa aggrava la stasi. In questi pazienti infatti è molto elevata l’incidenza di fatti di trombosi profonda degli arti inferiori.La trombosi aumenta di frequenza con l’età e questo è dovuto alle alterazioni della tonaca intima delle vene (è lo strato più interno di un vaso sanguigno ed è presente sia nelle arterie che nelle vene).

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Da anni è noto che esiste una certa relazione tra neoplasie e trombosi, infatti la trombosi periferica compare con maggior frequenza come complicazione di neoplasie degli organi addominali o dei polmoni.

Per quel che riguarda il sesso, pur escludendo i casi ostetrici e ginecologici, la trombosi degli arti inferiori si riscontra con molta maggior frequenza nelle donne che negli uomini.

Anche l’obesità e un fattore di trombosi, infatti si è visto che negli obesi la trombosi è circa due volte più frequente che nei soggetti di peso normale.

La maggior parte delle trombosi degli arti colpisce le vene del polpaccio e non è da escludere che questo fatto dipenda da lesioni  della tonaca intima di tipo ischemico, secondarie alla compressione che il polpaccio subisce per il decubito prolungato sul tavolo operatorio o sul letto.

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Anche alcune modificazioni della crasi ematica (è il rapporto tra i vari elementi del sangue) possono interferire nella patogenesi della trombosi, tra queste ricordiamo le alterazioni del rapporto albumine-globuline, l’aumento della velocità di eritro-sedimentazione e l’alterazione del tasso ematico del calcio e del potassio.

Gli interventi operatori e i traumi, il parto, i processi infettivi e le neoplasie possono alterare la crasi ematica e determinare, tra l’altro, un aumento del numero delle piastrine.

Anche l’aumento degli elementi figurati del sangue (sono eritrociti, piastrine e leucociti.), favorisce la comparsa della trombosi.

Anche le condizioni ambientali hanno una certa importanza, perché la frequenza delle trombosi è più alta durante l’inverno e nei climi molto freddi. I fattori che sono chiamati in causa sono l’aumento delle infezioni delle vie respiratorie e l’azione vaso spastica del freddo.

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La maggior parte dei ricercatori oggi ritiene che la trombosi post-operatoria o da decubito si origini quasi sempre nelle piccole vene del polpaccio e del piede e di qui si propaghi in alto alle vene femorali e pelviche.

La flebotrombosi

È caratterizzata dalla formazione di un trombo rosso eritrocitario, che può anche raggiungere la lunghezza di mezzo metro. Questo trombo è dovuto alla coagulazione massiva di una colonna di sangue in lento movimento.

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Nella flebotrombosi mancano i segni e i sintomi dell’ostruzione venosa, perché il sangue può continuare a scorrere nella vena nella quale si trova il trombo. Esiste però il pericolo che il coagulo si rompa e che parte di esso giunga al cuore destro e di qui embolizzi il circolo arterioso polmonare.

La flebotrombosi spesso colpisce tutti e due gli arti inferiori, ma può dare origine alla tromboflebite da un lato solo. In questi casi l’embolo parte dall’arto colpito dalla flebotrombosi, cioè dall’arto che presenta i sintomi più scarsi e meno evidenti.

Molti casi di trombosi post-operatoria si instaurano durante o subito dopo un intervento, perché in queste circostanze il meccanismo di coagulazione è più attivo, sia per lo shock ed un certo grado di disidratazione, sia perché il flusso venoso subisce un grande rallentamento e il sangue ristagna nelle vene del polpaccio.

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La Tromboflebite

È caratterizzata dalla formazione di un trombo bianco piastrinico, che provoca l’occlusione della vena.

Questo trombo generalmente si arresta in corrispondenza del punto di sbocco di una grossa vena.

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I segni clinici della tromboflebite sono quelli dell’occlusione venosa, quindi tumefazione e cianosi dell’arto.

La vena reagisce al trombo fissato nel suo lume con un processo infiammatorio che può interessare tutte le tuniche del basso e i tessuti circostanti.

La reazione infiammatoria può essere così estesa da coinvolgere l’arteria satellite e provocare uno spasmo arterioso.

Tale spasmo può essere così intenso e prolungato da provocare gravi stati ischemici, e, talora anche la gangrena.

il processo infiammatorio della vena provoca dolore, dolenzia alla palpazione ed una reazione generale con ipertermia, generalmente proporzionale all’intensità e all’estensione del processo.

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Anche se l’embolia massiva sia piuttosto rara nella tromboflebite vera e nello stadio tromboflebitico della flebotrombosi, in qualche caso possono partire piccoli emboli.

Ciò si verifica quando il trombo, fissato alla sua base d’impianto, presenta una coda che fluttua liberamente nella corrente sanguigna.

L’ostruzione dei grandi vasi venosi provocata dalla tromboflebite altera irrimediabilmente le condizioni locali del circolo, sia per mancata ricanalizzazione delle vene, sia perché l’apparato valvolare risulta in ogni caso permanentemente danneggiato ed insufficiente

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Anche per oggi è tutto

Un caro e cordiale saluto

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