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Curiosity a Rocknest: ecco i risultati delle prime analisi

Creato il 31 ottobre 2012 da Aliveuniverseimages @aliveuniverseim

 First X-ray View of Martian Soil

Image credit: NASA/JPL-Caltech/Ames

Curiosity ha terminato le prime analisi sui campioni di suolo marziano prelevati a Rocknest: i risultati sono stati presentati durante la teleconferenza di ieri sera, trasmessa di diretta sul canale NASA ustream.

I primi dati avrebbero rilevato un terreno la cui composizione mineralogia è molto simile a quella dei suoli basaltici delle Hawaii.

I minerali sono stati identificati dal primo campione di suolo marziano "ingerito" da Curiosity.
Grazie alla Chemistry and Mineralogy (CheMin) gli scienziati stanno colmando le lacune di questi anni, definendo con maggior precisione le precedenti stime sulla composizione del terreno del Pianeta Rosso.

"In precedenza abbiamo effettuato deduzioni e abbiamo avuto molte discussioni circa la mineralogia del suolo marziano", ha detto David Blake del NASA Ames Research Center di Moffett Field, California, principale ricercatore della CheMin. "I nostri risultati quantitativi hanno fornito dati raffinati e nuove indicazioni sui minerali in questa prima analisi a diffrazione di raggi X su Marte".

Il Pianeta Rosso non sembra avere una storia così diversa da quella terrestre: in un articolo sul New York Times, John Grotzinge, scienziato del progetto MSL, ha detto che alcune rocce studiate da Curiosity ad inizio missione, ricordano le rocce di un ruscello vicino alla sua casa d'infanzia a Huntingdon Valley, Pennsylvania. Mentre un team di ricercatori spagnoli trova analogie con le rocce di Cuatro Ciénegas, una valle messicana che potrebbe avere un passato simile al cratere Gale.

Tuttavia, è da tener presente che, un'analisi limitata alle rocce potrebbe fornire informazioni mineralogiche ambigue come ad esempio nel caso del diamante e della grafite, che hanno la stessa composizione chimica ma strutture e proprietà differenti. Mentre, l'identificazione dei minerali nelle rocce e nel suolo è fondamentale per comprendere le condizioni ambientali passate: in ogni minerale è racchiusa la storia circa la sua formazione.
La missione di Curiosity è proprio quella di valutare le condizioni ambientali della zona del cratere Gale e verificare se ci siano mai stati i presupposti per ospitare la vita.

La diffrazione a raggi X della CheMin riproduce in piccolo lo stesso tipo di analisi che vengono effettuate nei laboratori terrestri ma con strumentazioni molto più grandi. Questo metodo è quello più accurato finora utilizzato su Marte, in grado di leggere la struttura interna dei minerali.
Aver miniaturizzato uno strumento così complesso è stato un notevole successo ed ha portato vantaggi anche sulla Terra, dove avere a disposizione un'apparecchiatura portatile trova altre utili applicazioni, come ad esempio nel caso dello studio di antichi manufatti o reperti archeologici, di screening di prodotti farmaceutici contraffatti.

X-ray Diffraction

Image credit: NASA/Ames/JPL-Caltech
Nell'immagine, a sinistra, uno strumento tradizionale per la diffrazione a raggi X delle dimensioni di un frigorifero, a confronto con lo stesso strumento contenuto all'interno di Curiosity (in alto a destra), un cubo di soli 25 centimetri di lato. In basso a destra, lo stresso strumento in formato portatile la cui realizzazione è stata resa possibile proprio grazie alla NASA e agli studi per la tecnologia spaziale.

Nello specifico il primo campione utilizzato da Curiosity proviene dalle sabbie e polveri di Rocknest. In campione è stato setacciato per escludere particelle superiori a 150 micron (circa la larghezza di un capello umano). Il materiale utilizzato presenta per lo più due componenti: polveri globali distribuite dalle tempeste marziane e sabbia fine locale.
A differenza dello studio sul conglomerato di rocce di diverse settimane fa che ha messo in evidenza i processi antichi legati alla presenza di acqua nel cratere Gale, la CheMin ha fornito indicazioni geologiche attuali.

Ora sappiamo che il terreno di Marte è mineralogicamente simile al materiale basaltico con un'alta concentrazione di feldspato, pirosseno e olivina. Circa la metà del terreno contiene minerali non cristallini, come ad esempio il vetro vulcanico o prodotti originati da un'alterazione meteorica.
Finora i materiali trovati concordano con le precedenti stime sulla composizione del suolo marziano e testimoniano che il cratere Gale, oggi secco e asciutto, un tempo era un luogo umido e bagnato: le rocce antiche come i conglomerati suggeriscono che un tempo scorreva acqua liquida mentre i minerali attuali sono in linea con una iterazione limitata con l'acqua.

L'immagine di apertura mostra il primo grafico ottenuto dalla diffrazione a raggi X, in cui vengono identificati feldspato cristallino, olivina e pirosseno miscelato con elementi amorfi (non cristallini).
Il campione di terreno fa parte dello scoop del sol 69 (15 ottobre 2012) ed è stato consegnato alla CheMin durante il sol 71 (17 ottobre 2012).
La diffrazione a raggi X permette di identificare l'impronta digitale unica di ogni minerale.

Durante la teleconferenza sono state poste dalla stampa alcune domande dirette circa la presenza di metano nel cratere Gale e i frammenti brillanti notati nel terreno marziano. Entrambe le questioni sono state sorvolate: per il metano probabilmente si avranno dati ed indicazioni durante i prossimi briefing, mentre per le curiose particelle è stato solo confermato che fanno parte del suolo di Rocknest ma non sono stati forniti ulteriori dettagli.

Source: http://youtu.be/NhhOc_dRnLE


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