Il celebre game designer Peter Molyneux ha lanciato la sua ultima provocante idea, si chiama Curiosity, e se non lo è già, si rivelerà l’applicazione virale dei prossimi mesi, se non addirittura anni.
Molyneux, conosciuto nel settore videoludico dal lontano ’87 e creatore di capolavori del calibro di Popolous, Syndicate o del più recente Fable, è uno che ama le provocazioni.
Sa anche stare al passo con i tempi, difatti Curiosity è stato creato come un App per dispositivi mobili in modo da cavalcare l’onda del successo di smartphone e tablet e raggiungere il maggior numero possibile di utenti.
Ma cos’è Curiosity? Una volta scaricata e avviata l’applicazione vedrete un grosso cubo sospeso nel nulla con cui potrete interagire.
Potrete ruotarlo, zoomare e scoprire così che è a sua volta composto da tanti piccoli cubetti. Il numero esatto non si sa, ma si parla di decine di miliardi!
Se ne toccate uno lo vedrete scomparire, ed è quello che succede per ognuno di loro, difatti lo scopo è distruggere il cubo, un cubetto dopo laltro, strato dopo strato.
L’impresa si preannuncia titanica, impossibile per un solo uomo, fattibile per le milioni di persone che già stanno distruggendo a ritmi impressionanti i miliardi di cubetti.
Difatti si tratta di un gioco social, l’applicazione non mostra un cubo per ogni “giocatore”, ma tutti vedranno lo stesso enorme cubo perchè solo cooperando si riuscirà a terminarlo.
Un simile dispendio di energie e soprattutto di tempo però necessita di una motivazione, anche se sono certo avrebbe avuto successo anche senza alcun premio finale.
Molyneux afferma che ci spaccherà l’ultimo cubetto rivelerà un segreto che gli cambierà la vita.
Detto così sembra qualcosa di clamoroso, qualcosa che invoglia a finirlo per scoprire il segreto, tuttavia io rimango scettico e mi aspetto un più probabile “Il segreto del cubo è…non aveva nessuna utilità o scopo”.
Una sorta di monito contro lo spreco di tempo che affligge le moderne generazioni, troppo attaccate alle cose inutili e incapaci di impiegare in maniera costruttiva e sensata il proprio tempo, che alla fine è la risorsa più importante che si possa avere.
Ovviamente questa è la mia interpretazione, magari Molyneux ne ha altre o ha veramente un super-segreto da rivelarci.
Io comunque rimango fedele al mio pensiero, quindi non romperò nemmeno un cubetto di Curiosity, e userò il mio tempo per altro.
Tanto il “segreto” verrà svelato anche senza il mio aiuto, anche se sarebbe stupendo vedere che tutti abbandoneranno l’App prima della fine, lasciando Molyneux con il cerino spento in mano.
Pensate a un enorme cubo sospeso nel nulla. Immaginate di avvicinare il vostro sguardo e di vedere che in realtà è composto da altri piccoli cubetti. Decine di miliardi di cubetti, per la precisione. L’istinto vi suggerirà di toccarne uno, al che lo vedrete scomparire. Farete lo stesso con quello a fianco, e con quello a fianco ancora, in un susseguirsi di rapidi colpi delle dita sullo schermo del vostro dispositivo mobile. Nei minuti successivi vi ritroverete a compiere quest’azione centinaia, migliaia di volte, in modo ipnotico e compulsivo. E lo farete per una semplice ragione: chi spaccherà l’ultimo cubo scoprirà al suo interno «un segreto che gli cambierà la vita».
Questa è Curiosity — What’s Inside the Cube?, l’ultima sfida lanciata al mondo da Peter Molyneux, il geniale game designer inglese presente sulla scena dal lontano 1987, nonché creatore di alcuni dei titoli più famosi nella storia dei videogiochi (Populous, Syndicate, Black & White e Fable). Lo spunto che ha portato all’ideazione di questa app gratuita per iOS e Android è l’accelerazione tecnologica degli ultimi anni. «Nel mondo sono stati venduti oltre un miliardo di dispositivi mobili tra smartphone e tablet, e centinaia di milioni di persone sono costantemente connesse tramite i social network», afferma Molyneux. «Perché non farle collaborare a un unico, ambizioso progetto?».
L’idea assume connotati affascinanti se si pensa che Curiosity affonda le sue radici nella cosiddetta gamification, un neologismo coniato dal game designer Jesse Scheel nel 2010 che indica il coinvolgimento delle persone in attività ripetitive tramite un approccio ludico. L’applicazione di questo concetto nei videogiochi è un fenomeno frequente, riscontrabile in vari prodotti tra i quali possiamo ricordare il multiplayer di Call of Duty, World of Warcraft o Farmville. La gamification assume però contorni inediti in Curiosity, perché tutto il mondo è coinvolto nel conseguimento di un obiettivo condiviso tramite la reiterazione di una singola azione.
per un solo uomo ma che diventa fattibile grazie al lavoro dei tre milioni e mezzo di appassionati che hanno già scaricato l’app del gioco. Impegnati nel tentativo di demolire il cubo più enigmatico di tutti i tempi, si sono registrati picchi di oltre diecimila «curiosi» in contemporanea, intenti a scavare la loro strada verso l’inafferrabile segreto che si nasconde sotto miliardi di blocchi. Curiosity però è anche un gioco che è diventato un fenomeno sociale. C’è chi infatti si limita a distruggere «bulimicamente» i cubetti, chi invece «scalpella la superficie a formare disegni e frasi. C’è chi ha scritto affermazioni a sfondo politico, chi dichiarazioni d’amore, chi invece ha commemorato persone scomparse».
elle dinamiche interattive che forse neanche lo stesso Molyneux si aspettava e che hanno portato i giocatori di Curiosity a dividersi in due fazioni. Ci sono «i distruttori, che nella foga eliminano disordinatamente tutto ciò che gli capita a tiro, e i pulitori, che riportano l’ordine cancellando i cubi sparsi per lo schermo». C’è poi chi gioca a Curiosity per pochi minuti al giorno ma anche chi ha «passato 20 ore di fila a distruggere cubetti. O a creare bellissimi disegni, effimeri come quelli che si creano sulla sabbia, visto che ogni dieci ore circa le facce del cubo vengono distrutte».
Uno sviluppo affascinante, se si pensa che l’azione di ogni persona comporta una reazione degli altri partecipanti. Tant’è che, racconta sorridendo lo stesso Molyneux, «c’è gente che si approfitta della libertà concessa da Curiosity per disegnare immagini oscene, subito trasformate da altri in opere d’arte con pochi ritocchi». Vista la portata dell’impresa, viene da pensare che non tutti partecipino all’esperimento per scoprire il segreto che ci cela all’interno dell’ultimo cubo. Di oltre tre milioni e mezzo di persone, è ben difficile essere presenti online al momento giusto per dare l’ultimo colpo al monolite digitale. «Aspettate che il cubo diventi davvero piccolo, di sapere che manca poco alla sua distruzione, e vedrete come resterete incollati allo schermo per scoprire cosa c’è dentro», replica sornione Peter Molyneux. Che sia un cubo a farci scoprire chi siamo veramente?
http://www.corriere.it/tecnologia/app-software/12_dicembre_28/curiosity-cube-peter-molyneux_19ba0ba8-5107-11e2-9c70-def14518d4ca.shtml