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Customer service 0.0 | si può fare sicuramente di meglio

Da Giovak86 @giovak86

Vorrei condividere un’esperienza che mi è capitata oggi, quando ho cercato (senza successo) di farmi recapitare un plico da uno dei più importanti corrieri espresso nazionali.
Ore 10.49: ho davanti a me l’avviso di mancata consegna di un plico a me destinato che ho trovato infilato nel citofono condominiale. È bianco e un po’ triste: non figurano Qr code, indirizzi web, icone social o altro, ma solo codici alfanumerici, per lo più incomprensibili e scritti molto in piccolo (mi chiedo, come faranno gli anziani o gli ipovedenti?). Sul foglio non figurano informazioni relative a eventuali altre consegne o sulla necessità di contattare l’azienda per pianificarne una nuova. Perciò, totalmente al buio di informazioni, compongo il numero fisso del corriere, sperando di avere maggiori dettagli. Dopo un messaggio standard, accompagnato da musica attinta dal repertorio classico, che mi comunica che tutti gli operatori sono occupali, mi pongo in attesa.
Ore 10.55: sono ancora in attesa. La musica si ripete uguale a se stessa con bruschi salti.
Ore 10.59: riparte il messaggio di attesa: “Attendere prego.”.
Ore 11.00: una voce (umana, in diretta questa volta) mi risponde con formula standard. Dico: “Sì, buongiorno, ho ricevuto un talloncino di mancata conseg-.”. “Resti in atte–”. La musica riparte a tutto volume. Non mi ha fatto finire di parlare.
Ore 11.04: riparte il messaggio di attesa.
Ore 11.09: di nuovo la voce umana, credo la stessa, pronuncia le seguenti parole “-ego, resti in attes-.”. Senza restare, lei, in attesa di una mia replica. Credo volesse dire: “Prego, resti in attesa”, ma lei non ha atteso che dicessi neanche “Va bene”. Riparte la musica.
Ore 11.11: la voce umana ripete “-sti in attes-” e rimanda in loop la musica, ormai insopportabile. La cosa si ripete un’altra volta. Resto in attesa ma con poca speranza di sapere se parlerò mai con qualcuno.
Ore 11.17: una voce umana che ha evidentemente voglia di sentire le mie risposte parla con me. Mi chiede finalmente, dopo circa venti minuti di attesa, di cosa ho bisogno. Non riesce, manco a dirlo, a soddisfare la mia richiesta, ma mi promette che mi richiamerà nel pomeriggio per darmi indicazioni.
Ore 17.40: non avendo ricevuto chiamate, richiamo io. Messaggio automatico: “I nostri uffici sono chiusi. Per comunicazioni veramente urgenti chiamate il numero … dalle 17.30 alle 18.30″. Della serie: “Poi basta però! Anche se è urgente non ci chiamate.”
Ore 17.41: chiamo il numero alternativo, ma – eh già – non risponde nessuno. In compenso riparte il messaggio che dice che gli uffici sono chiusi e che c’è un numero per le urgenze.
Questo episodio (nonché la mia attuale sfiducia sul poter ricevere presto il mio pacco) mi ha fatto riflettere su uno dei temi più discussi di questi tempi in azienda: l’evoluzione inevitabile del customer service tradizionale verso il social customer service, la gestione del servizio al cliente basata sull’uso dei social media.
Il web e gli analisti ci offrono tanti consigli su come implementarlo con successo in azienda, sulle trappole da evitare, sulle migliori tattiche di impiego, ma quando il gap tra lo stato attuale e quello ideale è così profondo (e si tratta, purtroppo, ancora di gran parte delle aziende italiane), è meglio concentrarsi su pochi consigli e cercare di implementarli al meglio.
Primo consiglio: garantire la tempestività dell’informazione. Con il mobile e il social così pervasivi, la tempestività nella comunicazione dell’informazione (qualsiasi informazione, anche elementare, nel nostro caso anche “Abbiamo ricevuto il tuo pacco!”) non appena disponibile è fondamentale. Trasmetterla attraverso meccanismi automatici (sms, tweet, email) significa colmare la distanza tra consumatore interconnesso e azienda statica; questo sarebbe già di per sé uno strumento di differenziazione rispetto a molti concorrenti. Un esempio eclatante dell’importanza nella velocità di esecuzione in ambito CRM è offerto ancora una volta dalle compagnie aree che tanto ci insegnano sul crisis management.
Secondo consiglio: ascoltare i clienti. Molte aziende italiane sono ancora assenti sui social media. Conseguentemente i loro siti web sono totalmente 1.0, rendendo impossibile qualsivoglia interazione tra loro e i clienti tramite il web (certamente questo è il caso del mio corriere espresso). Ma per innescare innovazione o semplici migliorie in azienda i social media permettono di attingere alla risorsa più preziosa: le opinioni dei propri clienti (che hanno scelto il loro prodotto o servizio) e i loro suggerimenti su come migliorarli. E la buona notizia è che queste informazioni sono gratis.
Terzo consiglio: partire in piccolo. Ancora oggi il social CRM, anche nelle aziende più strutturate, copre volutamente solo in parte i servizi aziendali al cliente e spesso è confinato a un unico canale social. Acquisire progressivamente esperienza renderà più chiari i passi successivi, in linea con la strategia social in azienda.
L’ultimo consiglio è squisitamente di marketing: rendere piacevole l’esperienza al cliente, a tutti i livelli. Oltre alla professionalità degli addetti telefonici (fondamentale e primaria), la sola impostazione grafica della documentazione cartacea e web fa molto (in quanto ai social basta andare su Google Images e sbizzarrirsi nel trovare icone le une più belle delle altre). Tornando al mio corriere espresso, ad esempio, la grafica dell’avvio può aiutare a rendere più evidente la poca informazione che il cliente deve ricevere (fondamentalmente solo il numero di telefono da chiamare e il codice cliente da comunicare all’operatore). Personalmente, avrei anche amato un messaggio diverso da un anonimo foglietto bianco che, in effetti, non riportava alcuna indicazione su cosa avrei dovuto fare in seguito alla mancata consegna (o forse era completamente scolorito). Ecco, ad esempio, come lo farei io.
Customer service 0.0 | si può fare sicuramente di meglio
Ma forse il consiglio più grande in questo caso è: se non avete un customer service di base che funziona, lasciate perdere. Significa che per l’azienda non è strategico. Oppure che l’azienda è tanto prospera da non averne bisogno. Mi chiedo soltanto: lo sarà ancora per molto se continua a operare così
Domani, comunque, ci riprovo. L’epopea continua.


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