Cyberbullismo, quando la violenza in rete è il linguaggio per farsi ascoltare

Da Franzrusso @franzrusso

Oggi il 34% del bullismo avviene online, soprattutto in chat, e per questo viene definito cyberbullismo. In Inghilterra, più di 1 ragazzo su 4, tra gli 11 e i 19 anni, è stato minacciato via e-mail o sms. In Italia, oltre il 24% degli adolescenti subisce prevaricazioni, offese o prepotenze dai coetanei

Amanda Todd era un’adolescente di 15 anni. Sicuramente meno protetta dall’ambiente familiare e scolastico di quanto sono i nostri figli. Si è tolta la vita il 10 ottobre. Il motivo del suicidio è stato attribuito al Cyberbullismo, ovvero a ripetute vessazioni che la ragazza ha subito via internet. La storiaccia risaliva a qualche anno prima, quando frequentava le videochat in cerca di nuove amicizie: a dodici anni, in una sera certo non programmata, cedette alle moine di uno sconosciuto, che la convinse a mostrare il seno in cam. Un gioco da ragazzi, probabilmente privo di quella la malizia che tante coetanee di Amanda mettono nei loro autoscatti pubblici o nelle sessioni in webcam con fidanzati virtuali. Ma da quel momento in poi lei cominciò ad essere ricattata. Di più, tormentata. La foto del topless di Amanda fu pubblicata in rete e – un anno più tardi – ritornò come icona di un profilo Facebook. L’equilibrio psicologico di Amanda precipitò, la depressione prese il sopravvento e tempo dopo la ragazza si tolse la vita. 

Non vogliamo tacere il fatto che la teenager abbia chiesto aiuto, interpellato la polizia, si sia affidata alla famiglia e agli amici, e, infine, sia ricorsa al supporto di specialisti. Ma alla fine, è di fatto caduta vittima di un “troll”, come si dice nel gergo della rete, ovvero d’una presenza fastidiosa, che si muove unicamente per importunare, e che per anni si è divertita alle sue spalle rimanendo sconosciuta.

Ecco cos’è il Cyberbullismo.

Amanda ce lo insegna. Il bullo di scuola, quello che ti fa venire l’ansia nei corridoi, che magari allunga le mani o ti ruba il cellulare, lo puoi evitare. Puoi cambiare scuola. Ma quando la vendetta e la derisione sono in Rete non puoi fare nulla: quelle foto, l’errore di un pomeriggio, ti seguirebbero anche in tutto il mondo. Sono alla mercé di tutti.

Da quando?

Da quando internet, il web, le cam, i social network, la realtà virtuale hanno il potere di contraffare in questo modo la realtà?

Da quando non si può porre un confine e dire: questa ragazza ha solo bisogno d’aiuto?

Umano, materno, paterno, psicologico.

Il Cyberbullismo consiste in comportamenti da parte di un molestatore – di età analoga al ragazzo perseguitato – finalizzati ad infastidire, offendere, spaventare, imbarazzare, umiliare la vittima. Le aggressioni sono frequenti, continue e intenzionali. Non sempre e non solo a sfondo sessuale.

I fenomeni più diffusi sono la diffusione in Internet di filmati imbarazzanti, email e sms ossessi che contengono offese e minacce.

Nelle comunità virtuali, il cyberbullismo può essere anche di gruppo: più membri possono prendere di mira la stessa persona con denigrazioni o con azioni finalizzate a impedire la sua partecipazione alla vita della comunità.

Raffinatamente crudeli sono i cyberbulli che iniziano con un atteggiamento amichevole, per poi spiattellare agli altri frequentatori dei ritrovi, le confidenze ricevute dalla vittima.

Giocano pesante quelli che minacciano aggressioni fisiche non virtuali, che ricattano o che millantano di possedere presunte informazioni compromettenti pronte a essere rese pubbliche.

Caratteristico è che molti Cyberbulli lo sono senza sapere di esserlo. Pensano che in fondo quello che stanno facendo è solo una burla, uno scherzetto birichino, ma in fondo innocente.

A volte questi scherzetti sono fatti per fare pagare qualche presunto torto. Le ragazze, che spesso pagano le delusioni sentimentali dei loro giovani corteggiatori, ne sanno qualcosa. Altre volte è solo “così, tanto per fare uno scherzo”.

Tra le vittime, solo una parte ne parla genitori. Si stima meno di un terzo. Le ragioni sono all’incirca quasi sempre le stesse: si preferisce il silenzio per vergogna, timore dei rimproveri, intimidazione al silenzio.

Il dato più preoccupante, però, è un altro: gli psichiatri avvertono che due vittime su dieci cadono in depressione e il 20% dei bulli da adulto manifesta comportamenti antisociali di personalità.

Come a dire che, quando da ragazzini la violenza diventa l’unico strumento per far sentire la propria voce, per farsi riconoscere e farsi valere, difficilmente crescendo si può imparare un linguaggio diverso. 

Ma perché la violenza? Dietro un Cyberbullo c’è un ragazzo solo, insicuro, spesso abbandonato a se stesso. Che aggredisce per non essere aggredito. Che crede così poco in sé da imporsi con la forza. Preferisce mettere paura che falsi ascoltare. Non cerca il dialogo forse perché nella sua famiglia nessuno ha parlato con lui.

E noi adulti, noi genitori?

Frequentatori coscienziosi della Rete, cosa vogliamo aspettare?

Che sia solo la scuola a educare la prossima ragazzina a non mostrare il seno nudo. Che siano gli insegnanti, nelle poche ore che hanno, a divulgare quanto bella, potente e felice può essere la comunicazione via Web. Quella fatta con la consapevolezza della persona e nel rispetto altrui.

Quella che, quando è così, è libertà vera, è forza di spirito, coraggio d’esprimersi e essere se stessi. Come esempio positivo per gli altri, non come minaccia.

Tutti noi sappiamo bene che è l’educazione consapevole all’uso del Web che fa del Web un territorio felice e fecondo. Non è poi così difficile insegnarlo ai nostri figli se noi stessi lo pensiamo e lo rispettiamo come tale.

Non serviranno psichiatri, non serviranno altri morti. Servirà un’educazione diligente e ferrea di una strumento che, come tale non è né buono bè cattivo, ma che ci porterà lontano.

E voi, cosa ne pensate? 


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