La notizia che ha mandato a letto gli sportivi angeleni è stata la firma di Mike D’Antoni come allenatore dei Lakers. Qualcuno avrà dormito sonni tranquilli, altri meno. La grande speranza dei fans giallo-viola si chiamava Phil Jackson, ma l’operazione non è andata a buon fine, così i Buss e Kupchak hanno optato per l’allenatore col baffo.
Le cose su cui disquisire a poche ore dalla firma sono due: perchè si è arrivati a D’Antoni, e come giocheranno i Lakers con l’ex allenatore di Milano e Treviso.
PERCHE’ MIKE
Dopo l’esonero di Mike Brown sono circolati parecchi nomi per il posto sulla panchina dei Lakers. Negli ultimi giorni la rosa si era ristretta a tre candidati: Mike Dunleavy, Mike D’Antoni e Phil Jackson. Prima, seconda e terza scelta era coach Zen, che dalla sua ha la stima ed il rispetto da parte di tutto lo spogliatoio, e soprattutto penuria di dita per inserire gli anelli che ha già conquistato. Di contro, coach Jackson non si era lasciato benissimo con la dirigenza, o meglio, Buss Junior, ha fatto di tutto per far fuori l’ex allenatore di Michael Jordan. Una riconciliazione però sembrava vicina: i risultati in questo inizio di stagione ed il monte salari faraonico imponevano una guida di carisma, e Phil sembrava l’uomo perfetto.
Fonti vicine alla franchigia nobile della città degli angeli hanno però rivelato che Jackson “was asking the moon”, stava chiedendo la luna. Il riferimento è sicuramente al cachet chiesto dall’undici volte campione NBA (più di 10 milioni di Dollari a stagione), ma anche alle modifiche volute sullo staff tecnico: pare infatti che conditio sine qua non fosse l’arrivo come assistenti di Scottie Pippen e Brian Shaw, attualmente però impegnato con i Pacers.
A questo punto la trattativa si è interrotta e la scelta è ricaduta su Mike D’Antoni, mentore di Steve Nash (che ha tre anni di contratto) e ben voluto anche da Bryant, che lo ha conosciuto con Team USA.
E ADESSO?
Lo stile di gioco di Mike D’Antoni è quanto di più lontano ci fosse da quello di Brown, o eventualmente Phil Jackson. Con qualche anno di ritardo rispetto al rivoluzionario coach col baffo, molte altre squadre si sono convertite allo small-ball (gli Heat campioni NBA su tutti), ma il roster a disposizione in questi Lakers non sembra esattamente il più adatto al run and gun “dantoniano”. L’asse play pivot, composto da Nash e Howard in realtà è quanto di meglio Mike potesse chiedere, per il resto siamo in alto mare. Ipotizzando l’inserimento di un tiratore nello spot di guardia, lo spostamento di Bryant in ala piccola e quello di World Peace in ala grande, il sistema potrebbe funzionare, ma a quel punto sarebbe tagliato fuori Pau Gasol, che va a libro paga per 19 milioni. La soluzione potrebbe essere in una trasformazione dello stesso Gasol, che ha già dimostrato di avere raggio di tiro anche da dietro l’arco.
Insomma, la variabili sono parecchie, ma la curiosità ed il potenziale di questa squadra sono ancora maggiori!