Perché parlare di D’Artagnan oggi, a teatro, a Milano? Perché il quarto moschettiere è solo un pretesto: perché il teatro moderno è una sollecitazione del pensiero, è uno stimolo all’azione, è una sfida a cappa e spada. Di cosa stiamo parlando? È quello che si chiede anche in sala il pubblico (personaggi del, interpretati da Accordino), in sagaci scambi di battute che fanno ridere il pubblico (quello vero), che si alternano all’attore che legge e recita il testo ispirato al romanzo di Dumas.
Un gioco di metateatro, un dentro e fuori con Accordino come unico (ottimo) interprete. In questo spettacolo che, inatteso, ti trasporta in un luogo in cui nulla è collegato (sembra) a quello che ci si aspettava.
Un leggio, come già visto in Accordino, e alcune pagine, a cui si aggiungono riflessioni su quello che oggi significa essere un moschettiere. Accordino è lì, al centro del buio e scarno palco, appare da una nube fitta - i cui metaforici significati sono molteplici – e apre il suo cuore di uomo. Come uomo, ci parla di amore – l’unica cosa che veramente conta per gli esseri umani, l’unica possibile spinta all’agire -; ci parla della necessità di costruire parole per combattere i Richelieu odierni. Cioè: una realtà che non piace, che soffoca, che fa abbassare la testa ai più, che premia disonesti, laidi e bugiardi: ecco perché c’è bisogno dei moschettieri, eroi del popolo, capaci di gesta coraggiose, epiche, grandiose. Il loro compito è servire il popolo, lottare contro il crimine, rischiare, per offrire agli uomini un mondo migliore.
Ma quindi, oggi, chi è il moschettiere? Dov’è D’Artagnan – si chiede il pubblico/Accordino, che è venuto a teatro solo per sentir pronunciare il famoso motto, “uno per tutti, tutti per uno” -? Oggi il moschiettere è colui che ricerca e dona la bellezza. Una bellezza che sia portatrice di speranza, speranza che un altro mondo, un’altra vita, sia possibile, anche se forse non realizzabile, ma a cui non si può rinunciare – pur se si vive in un paese in cui nessuno legge più, in cui non si investe in arte e cultura, un paese che non si batte più, dice Accordino. Che inserisce anche una critica agli intellettuali vecchio stile, boriosi, reclusi nei loro salotti, che non sanno combattere: hanno stancato, oltre che fallito. È tempo di uscire dal teatro, che non è più un luogo fisico, ma uno state of mind: bisogna battersi (con la propria arte e la propria vita), e attenersi al pericolo come unico dovere morale. Valido per gli artisti, come per i moschietteri, valido in realtà per tutti gli uomini.
Ecco perché Accordino è un po’ dentro e un po’ fuori, un po’ pubblico e un po’ attore, un po’ moschettiere e un po’ uomo di oggi. Uno spettacolo che è quasi una dichiarazione poetica, in cui l’artista e il moschettiere incarnano lo stesso ruolo.
E certamente, perché parlare di D’Artagnan oggi a Milano: perché Dumas era un genio e I tre moschettieri vanno decisamente letti. Parola di Corrado Accordino.
Al Teatro Libero fino all’11 maggio, D’Artagnan.