Scavando gallerie nel mare senza limiti,
occhio in cui il mio essere si è imprigionato,
gioiello opaco che naviga nel mutismo,
aquile morte che sorgono dal mio suolo
nell’ora in cui si sfumano le strade,
da ciascuna delle mie membra pende una corda rotta.
Da questo crocevia si sono cancellati i destini,
il viso si è dissolto nel fondo della maschera,
punto in cui l’illusione termina
di fronte allo specchio, incarcerato in quel vetro,
come prima nella mia culla,
la tua assenza mi perfora e si fa centro.
Invece tu, lontana,
avendo strappato la tua aura dalla mia aura,
ti fai sangue dell’inerte,
linfa della selva esangue, astro
dove sboccano i miei abissi.
Di te rimane solo una scia di tagli
museo di immagini ostinate,
abisso dove niente accade,
lamenti trattenuti nell’aria.
La mia pelle è solo una rete che ti contiene.
Di me hai divorato tutto. Quando parlo
sei tu quella che pronuncio, quando ascolto
nient’altro ricevo che il tuo suono, vento d’uragano
lungo le mie ossa,
inondando gli strati delle memorie
fino a spazzare le sue radici imbalsamate.
Sono forse un bruco affascinato dalla sua ferita,
che partorisce una vita
che per sempre dev’essere solo la tua?
D’ombra nella mia fronte una corona
Abbracciato al mio gatto sono un muro
Forma vuota che si sgretola
Angelo senza voce che divora duri pani.
Vivo oltre la porta e quanto mi fa male
Come posso gridare un tale silenzio?
Il treno non porta dio né ha rotaie.
Vado solo in questo male e senza rimedio.
Nel tuo addio sono rimasto paralizzato.
Che mi trasformi in pietra non lo dubito
Base sarò del tuo tempio consacrato
Di fronte allo specchio vedo solo un bambino
La tua assenza nell’anima si fa immonda
Vivi dentro di me quando non vivo
(Alejandro Jodorowsky)
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