Non c’è niente da fare, gli autori italiani provano un inspiegabile piacere sadico nel tradurre i titoli dei film stranieri per il Belpaese. Recente vittima dell’empietà dei nostri traduttori è una pellicola belga, trasposizione cinematografica di Né di Eva né di Adamo di Amélie Nothomb. Ma ci sono tanti casi memorabili, come Eternal sunshine of the spotless mind, che in italiano acquista il sapore della classica commediola americana senza carattere: Se mi lasci ti cancello. Si può storpiare un titolo così? Altra traduzione agghiacciante è quella di The Time Traveler’s Wife, tratto dal romanzo La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo, che si trasforma in Un amore all’improvviso (e sì, se non ci mettono la parola “amore” il film non tira). Chiudiamo questa breve rassegna con Lost in translation: ecco, sì, sembra proprio che qualcuno si sia perso nella traduzione quando ha deciso di titolare questo film con L’amore tradotto, optando anche in questo caso per la parola più abusata di sempre (Se volete saperne di più leggete la nostra rubrica Lost in translations).
In francese il titolo del film tratto dal romanzo della Nothomb è Tokyo fiancée. Per le sale italiane, diventa nientepopodimeno che Il fascino indiscreto dell’amore! Ditemi un po’, chi andrebbe a guardare un film con un simile titolo, degno delle più infime commedie d’amore? Ad ogni modo, i lettori-fan di Amélie come me non ci pensano due volte e si fiondano al cinema per gustare l’adattamento cinematografico di uno dei suoi romanzi autobiografici più belli.
Ed eccoci, quindi, a disquisire sul film di Stefan Liberski. Per fortuna Tokyo Fiancée (permettetemi di chiamarlo così) non ha nulla a che vedere con Stupeur et tremblements, trasposizione dell’omonimo romanzo della Nothomb ad opera di Corneau: il film del 2002, ahinoi, non aveva alcun guizzo, perdeva tutta la vivacità e la verve ironica della scrittrice e si limitava a riprodurre con pedante fedeltà il romanzo, al punto da appiattire completamente la pellicola. Tokyo Fiancée, invece, è un prodotto fresco, ironico, piacevole.
“Avevo vent’anni e volevo essere giapponese. Era il solo scopo della mia vita”, ci informa Amélie, interpretata magistralmente dall’angelica Pauline Etienne. Per una donna occidentale è difficile passare per giapponese, ed è per questo che la nostra protagonista è disposta a qualsiasi cosa per riuscire nella sua impresa. Da dove si comincia? Dalla lingua, ça va sans dire. Amélie dà lezioni di francese e ha un allievo, Rinri, sempre troppo gentile e cerimonioso. Con lui scopre il vero Giappone, e inizia a ridimensionare la cultura che aveva tanto idealizzato: per quanto un occidentale si sforzi, rimarrà sempre estraneo a questa terra così contraddittoria. A differenza della più matura protagonista del romanzo, la nostra Amélie ha una reazione spesso “provinciale” di fronte alla bellezza giapponese e sembra sempre meravigliata e ingenua. Ma probabilmente il regista ha giocato proprio su questo aspetto, che in ogni caso non disturba lo spettatore. In Giappone Amélie scopre l’amore con Rinri. Non c’è passione, ma affetto, non impeto, ma dolcezza: è una storia semplice, delicata, leggera. “Carina”, si direbbe, proprio come Amélie e Rinri.
Ma Amélie ha bisogno dei suoi spazi, della sua autonomia, e quando Rinri comincia a parlare di matrimonio lei rabbrividisce: certo, sposandosi finalmente sarebbe una vera giapponese, ma adesso non è più tanto sicura che quello sia “il solo scopo della sua vita”.
Tokyo Fiancée è una pellicola fresca, godibile e, soprattutto, senza pretese. Ispirandosi al romanzo della Nothomb, vi resta per buona parte fedele, ma poi vira improvvisamente verso un finale differente, molto più politically correct rispetto alla conclusione “brutale” del libro. La commedia di Liberski non ha la stessa forza narrativa del romanzo, ma tutto sommato è un buon prodotto: vi si rintraccia anche un pizzico del Favoloso mondo di Amélie Poulain, specie nella voce fuori campo della protagonista. Un film senza infamia e senza lode, perfetto per una serata estiva. Se non l’avete ancora fatto, però, leggete anche il romanzo di Amélie.
Un ultimo piccolo suggerimento: se possibile, guardatelo in lingua originale.