Sebbene lo consideri piacente e affascinante, tra di noi non c’è attrazione fisica. Non c’è un sentimento sotterraneo pronto ad esplodere. Non c’è quella scintilla pronta ad innescare anche una malaugurata nottata di sesso con tanto di successivo pentimento. Nè c'è gelosia per i nostri incontri con l'altro sesso.
No, nulla del genere.
E’ vero, siamo amici. Ed è tanto più facile dirlo quanto più ho nutrito tale sentimento “asessuato” nei confronti di altri uomini. Però, con la pletora dei miei amici maschi, non si è mai instaurato un rapporto così forte e, in fondo, sostitutivo a volte della vita di coppia.
Già, perché quando ci troviamo a rispondere alle domande (quasi quotidiane) sul nostro rapporto, un po’ per gioco, un po’ sul serio, prendiamo in prestito la definizione attribuitaci da un paio di amici: Siamo una coppia di single.
Il fatto è che, a questa età, la maggior parte dei nostri coetanei ha messo su casa e famiglia e noi ci ritroviamo sempre più spesso a condividere esperienze e progetti per nostro conto perché, diciamocelo, la presenza dei figli cambia drasticamente la possibilità di partire senza alcun preavviso per mete sconosciute. O di andare a teatro in un'altra città, decidendo solo in base all’orario e all’umore se restare anche a dormire fuori casa. O, ancora, di fermarsi a cenare in un ristorante dall’aspetto invitante. “Sky's the limit” dicono gli anglofoni. Nel nostro caso i limiti ci sono imposti solo da eventuali impegni lavorativi… e talvolta dal budget. Ma, non avendo doveri familiari, questa relativa libertà, per paradosso, ci permette di concederci tutte quelle cose che una coppia dovrebbe fare.
La nostra intimità è talmente salda da consentirci di condividere lo stesso letto, senza imbarazzo. O di lasciarci andare, seminudi, alle coccole di un massaggio a due in una spa. O di girare (almeno lui) in casa in mutande. O di parlare (almeno io) del mio ciclo mestruale in funzione di una gita al mare. O di trascorrere serate pigre e casalinghe tra film e cenette. O di partecipare agli happening delle nostre rispettive famiglie. O, addirittura, di marciare al mio fianco in prima linea, seguendo la bara di mia madre.
E, in questa intimità così forte, non ci sembra strano lasciarci andare alle atmosfere romantiche di un lume di candela, così come di un tramonto mozzafiato.
Potrebbe sembrare tutto perfetto. Ma, negli ultimi mesi, sto maturando una consapevolezza sul nostro rapporto, condita da grandissimi sensi di colpa.
Fino a quando questo legame continuerà così, temo che entrambi smetteremo di cercare altrove la nostra metà del cielo. O, meglio, non avremo tempo né voglia di farlo. Ma il mio immenso affetto per lui – che già lo ha spinto ad allontanarsi da me, convincendolo a prendere casa a Napoli – vorrebbe vederlo “accasato” e felice, anche se ciò significasse dire addio a tutto questo.
Mi sono resa conto di volere il suo bene, prima ancora che volergli semplicemente bene. Il che – che fregatura – comporta sempre una parte di rinuncia, una necessità di farsi da parte per consentirgli di percorrere da solo il suo cammino… Quale che sia, poi, il mio ruolo nel caso una nuova presenza femminile riesca a farsi strada nel suo cuore.
E’ tremendamente doloroso. Ma, allo stesso tempo, l’idea di vederlo felice è più forte e allettante di quel dolore e dell’egoismo che lo vorrebbe sempre al mio fianco.
No, davvero non so come definire il nostro rapporto.
Ma credo che, nonostante non abbia figli, forse qualche mamma della blogosfera saprà di cosa sto parlando…Articolo originale di Federica Rossi per Poco sex e niente city. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso dell’autrice.