DA FATEMA MERNISSI AD ABSHU
Il cuore ha la seduzione del vento che porta la sabbia d’oro
Di PIERFRANCO BRUNI
Ho letto spaginando Abshu: “Cerca nello specchio il deserto e quando occupa lo specchio vai oltre. Cerca negli occhi della donna che ti sta accanto il mare. Quando nei suoi occhi c’è il mare. Danza come sanno danzare i Sufi e lo sguardo regalalo alle stelle. Nessuno ti potrà rubare il filo d’oro che lega il tuo cuore e tu custodiscilo nell’anima. Nessuno saprà mai cosa intreccia quel filo d’oro”.
Il
mondo arabo non è un linguaggio. Può essere una metafisica. Una pianta nel
deserto cresce avendo di fronte l’Occidente e nel cuore l’Oriente. I
Mediterranei si incontrano. La bellezza e la seduzione sono i suoni e le voci
del misterioso che penetrano l’incanto e
la grazia.
Le culture
e le civiltà diventano i custodi di un immaginario che è immagine in una
dimensione che si lascia leggere attraverso la visione onirico – spirituale. Il
sogno sconfigge la materialità e la spiritualità è l’immaterialità che supera
ogni parvenza di parola e di silenzio. Eppure ci troviamo dentro una vita in
cui il consumismo è materia, è struttura e impalcatura nella costruzione di un
quotidiano che si fa sempre fisicità.
Cosa
è l’immaterialità o quale potrebbe essere la funzione di un dettato tutto
impastato di spiritualità? Facile ma anche complesso. Caratterizzante e forse
non decifrabile nella durata. Ma può essere durata?
Parlo
dell’amore. L’amore quando ti tocca o quando siamo chiamati nell’amore (quello
improvviso, quello mai ragionato, quello imprevedibile) la bellezza traccia e
solca non solo lo sguardo ma anche l’anima. Lo sguardo esiste in quanto esiste
la “chiamata” di un’anima, dell’anima. E allora tutto ti travolge o tutto
diventa straordinario o meraviglioso. La bellezza, la seduzione, gli occhi, la
dolcezza, la sensualità sono voce e danno voce. Il misterioso è proprio qui.
Tutto ciò va oltre la cultura.
La
cultura è nel razionale. Non sempre. Ma quasi sempre. La cultura ti apre alla
dialettica, ovvero al ragionamento mentre l’amore ti apre, appunto, al
misterioso perché affascina ed io, tu, noi siamo inconsapevolmente catturati da questa colomba. Tu sei una colomba. E
forse io sono un gabbiano. E andiamo avanti così fino a quando al cuore non
risponde la riflessione? Ma se è la ragione a replicare vuol dire che l’amore è
uscito dalla sua stagione o dal suo tempo.
L’amore
non è un tempo. L’amore vive nel tempo e noi restiamo nel tempo. Anche quando
non ci siamo più restiamo nel tempo. Non nel nostro chiaramente ma nel tempo
che gioca le sue carte sul tavolo verde della vita.
A
spingermi verso questa battigia è stato, già alcuni anni fa, un libro (straordinario, direi) di Fatema
Mernissi dal titolo: “Le 51 parole dell’amore” (Giunti). Porta un sottotitolo
che certamente incuriosisce: “L’amore nell’Islam. Dal Medioevo al digitale”. Ho
letto cercando di non sottolineare ma sono stato costretto non solo a
sottolineare ma a spiegazzare (come nel
mio solito, perché i libri vanno consumati: spiegazzati, sporcati, tagliuzzati
in quanto sono nella mia vita o non restano nelle bacheche a fare ornamento:
diffido dei libri puliti, diffidate, significa che non meritano di essere
letti) le pagine. Mi ha condotto per mano lungo gli scogli dell’amore o degli
amori. Può esistere un innamoramento per la cultura occidentale e un
innamoramento per quella orientale? No. La sensualità è nel cuore e nella
carne.
La
donna velata è un fascino credibile e incredibile. Ma la donna per l’innamorato
non resta sempre velata? Occidente ed Oriente non si incontrano ma si
intrecciano e si fanno “Cantico”.
I
Cantici recitano il senso della passione e non può sussistere il richiamo ai
pudori. In amore non c’è peccato e non c’è “vergogna”. Eppure i Profeti
recitano l’amore del viaggio e i Sufi del piacere.
La
sensualità e il sogno sono, comunque, il
piacere e il viaggio. L’Islam e l’Occidente si ritrovano nel senso della
bellezza e l’amore non conosce divisioni. “L’amore ha per causa una visione di
bellezza e di splendore, cose ugualmente imperiture in questo mondo e
nell’altro”.
Amate
se è possibile e se avete coraggio. Lasciatevi amare se il cuore è aperto al
vento delle sensazioni. Secondo i Sufi c’è una verità mai velata che ci dice:
“colui che ama è rischiarato nel suo genio e illuminato nella sua natura”.
Quando
l’amore è rapito dalle onde che respingono subentrano le giustificazioni.
Leggetelo, e sottolineate, questo bel libro. Io sono stato fortunato perché mi
è stato regalato, questa volta. Cercavo questo libro lungo la sabbia di Gibran
di Tagore e di Castaneda.
I
Sufi mi hanno riportato ai mercanti di pietre preziose. Raccogliere le parole
degli Orienti è un testamento. Resto convinto che bisogna restare sempre in
ascolto. Il vento porta sempre la sabbia. Sia che provenga dal deserto sia che
giunga dal mare. La sabbia ha sempre i riflessi dell’oro nel dio del Sole.
Ho
letto spaginando Abshu: “Cerca nello specchio il deserto e quando occupa lo
specchio vai oltre. Cerca negli occhi della donna che ti sta accanto il mare.
Quando nei suoi occhi c’è il mare. Danza come sanno danzare i Sufi e lo sguardo
regalalo alle stelle. Nessuno ti potrà rubare il filo d’oro che lega il tuo
cuore e tu custodiscilo nell’anima. Nessuno saprà mai cosa intreccia quel filo
d’oro”.
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