Quando la passione per viaggiare è insopprimibile, non esistono mete abbastanza lontane o percorsi troppo impervi, c’è solo la strada e la voglia di percorrerla. Così Francesco, studente di architettura, non si è lasciato scoraggiare né quando in bici è partito dalla Firenze per arrivare in Croazia con il suo amico Naoki, né quando l’anno dopo si è ritrovato in moto diretto al circolo artico, attraverso 10 mila chilometri e undici diverse nazioni europee.
Come nasce la tua passione per i viaggi?
La passione per i viaggi credo di averla sempre avuta nel sangue, pronta ad esplodere. I miei genitori possiedono un camper e fino all’età dell’adolescenza mi trascinavano nelle loro lunghe trasferte europee, ma la vita da camper non mi calzava, così il primo viaggio individuale l’ho fatto con la mia ex ragazza in Vespa PX125, in Corsica, ripetendomi poi in Grecia l’anno successivo.
Il primo viaggio in bicicletta verso la Croazia: come vi è venuta l’idea?
Naoki lo conoscevo da diverso tempo, il fratello della mia ex ragazza con una passione smisurata per tutto ciò che ha due ruote ed un manubrio, e lui stesso propose per scherzo la pazzia: dapprima lo liquidai con un toscanissimo “Ma che sei grullo?!”, poi senza meditarci troppo mi son trovato una mattina col sedere sulla sella.
Vi eravate sottoposti ad una particolare preparazione prima di partire?
Assolutamente no, anzi, per quanto mi riguarda, non mi piace neanche più di tanto pedalare! Perché l’ho fatto allora? Semplice: la bicicletta permette un assortimento di sensazioni fuori dal comune, e nonostante la fatica e le imprecazioni sui passi montani ed a combattere col vento, è stato qualcosa di eccezionale per lo spirito.
Preparare il bagaglio adatto non deve essere stato facile. C’è qualcosa che ti sei pentito di non avere in viaggio?
Sinceramente, l’unica cosa che mi son pentito di non aver portato…era una bicicletta più leggera! Invece, le cose che portiamo in più abbondano sempre, a partire dai vestiti, qualche maglietta in più, cibarie (non doveva mancarci energia!)…
Poi sei passato alla moto: qual è stata la principale differenza nella preparazione del viaggio?
Prima di tutto ero da solo: la cosa mi eccitava ed allo stesso tempo ero intimorito, ma come amo dire io: “io viaggio in solitaria, non in solitudine”. Tutto gravava su di me dunque, questo ha significato un’enorme libertà, essendo un tipo esigente, ma comportava anche una dose di rischio, perciò una fase importante della preparazione è stata quella psicologica. Il bagaglio si è appesantito un po’, stando fuori sei settimane avevo bisogno di più strumenti, ma alla fine ho sempre ecceduto in quantità.
Sei un bravo meccanico? Hai dovuto affrontare riparazioni impreviste durante il tuo viaggio verso nord?
Diciamo pure che me la cavo, ma alcuni interventi non sono sempre possibili con i pochi strumenti che si possono aver dietro in un viaggio del genere. La scelta della moto non è stata casuale, oltre infatti alle motivazioni economiche c’era una filosofia di fondo che mi suggeriva di acquistare una moto diffusa e semplice da riparare, per avere ricambi sempre disponibili e soprattutto la sicurezza che qualcuno sappia sempre metterci le mani. Perciò sono il felice possessore di una Super Ténéré 750, che dall’alto dei suoi 22 anni ha retto perfettamente gli 11.000 chilometri, eccetto qualche chilo d’olio inghiottito e un problema alla trasmissione di non grave entità risolto a Varsavia gratuitamente da un ex pilota Dakar il cui idolo era il mio ex vicino di casa Fabrizio Meoni [vincitore della Dakar Rally 2001 e 2002] .
In questo viaggio sei riuscito a coinvolgere diversi sponsor. Come li hai contattati?
E’ stato per me un secondo lavoro, che ho svolto con sincero entusiasmo. Dapprima mi sono creato un brand, una filosofia, curandone grafica e nomenclatura. Poi ho preparato il mio blog per apparire sul web. Infine ho realizzato delle brochures da presentare alla fiera del motociclo a Milano, dove ho preso contatto con diverse aziende. Alcuni di questi contatti hanno preso forma dando vita a preziose – anche umanamente – collaborazioni. Altre cooperazioni sono nate successivamente tramite il web e tramite la mia amministrazione comunale con un patrocinio.
C’è un posto che ti è rimasto nel cuore in modo particolare?
Sicuramente la nazione che più colpisce per la potenza della sua natura è la Norvegia: un luogo che ricordo con particolare emozione è il Preikestolen, uno sperone roccioso che sprofonda per 600 metri nel vuoto fino ad incastonarsi nel fiordo sottostante. Sedersi sul bordo del precipizio è stato mozzafiato. Se invece parliamo di popoli, dobbiamo spostarci certamente ad est: al contrario di quanto si possa pensare, di persone poco raccomandabili se ne vede veramente una piccola percentuale, il resto è dotato di un’umanità che noi “europei” abbiamo dimenticato da tempo. Ricordo ancora con piacere l’episodio accaduto in Lettonia, dove fui, totalmente per caso, invitato in Lituania a trascorrere una notte presso una gentilissima famiglia di Kaunas.
Avvicinandoti al circolo polare, c’è stata un sfida con cui non avevi fatto i conti al momento della preparazione del viaggio?
Sinceramente, nonostante la preparazione, non sono partito preparato per “qualcosa” che sarebbe potuto accadere, quello che la strada mi avrebbe regalato sarebbe stato comunque un dono. Fortunatamente non ho dovuto fare i conti con nessun imprevisto grave. Il guaio più grosso siamo noi stessi, più spesso di quanto pensiamo, e non ciò che sta fuori. Un esempio è l’essermi scordato la carta d’identità a casa: poteva rappresentare un grave problema, ma è andata bene, e non me ne sono accorto che ad Helsinki, benedetto accordo di Schengen!
Hai mai avuto la tentazione di fermarsi in un posto più del previsto?
Chi non l’ha mai avuta? Ma c’era una forza ben più grande che mi spingeva a ripartire, la voglia di scoprire nuovi orizzonti non mi ha mai permesso di fermarmi, nonostante le amicizie di strada ed i luoghi straordinari. Di una cosa però sono particolarmente fiero: a dispetto della poca stima che nutriamo verso il nostro paese, l’Italia mi ha fatto sentire orgoglioso ovunque, la nostra cultura è guardata con rispetto ed ammirazione in ogni dove, ed è un capitale che ti fa trovare un posto a tavola in tutto il mondo.
Flavio Alagia
Dopo una laurea in giornalismo a Verona, mi sono messo lo zaino sulle spalle e non mi sono più fermato. Sei mesi a Londra, un anno in India, e poi il Brasile, il Sud Africa… non c’è un posto al mondo dove non andrei, e non credo sia poco dal momento che odio volare. L’aereo? Fatemi portare un paracadute e poi ne riparliamo.