Magazine Lavoro
Uno dei motivi di divisione riguarda l'introduzione nel decreto di alcune norme che riguardano i contratti, compresa la possibile rimozione dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, tramite sindacati aziendali di comodo. Norme che nulla hanno a che vedere con l'obiettivo di affrontare lo sconquasso economico. Lo ha fatto notare, tra gli altri, sul "Riformista", un dirigente politico avveduto come Emanuele Macaluso.
Altre voci si sono poi levate. Tra queste quella di Emilio Gabaglio che con Stefano Fassina ha firmato sull'Unità un articolo nel quale si spiega che "il testo governativo è inaccettabile e va ritirato". Una presa di posizione chiara e condivisa da un dirigente come Emilio Gabaglio ben conosciuto e stimato nel mondo del lavoro, già segretario nazionale delle ACLI, poi segretario generale della Ces (confederazione europea dei sindacati) e costruttore di una nuova dimensione internazionale dei sindacati (Ituc-Csi).
Così come dovrebbero trovare ascolto le parole di Tiziano Treu, uno studioso che ha spesso accompagnato la storia della Cisl. Ha scritto su "Europa" che esiste il rischio, attraverso di "una balcanizzazione del diritto del lavoro". Treu spiega che i "contratti decentrati potrebbero essere conclusi da qualunque tipo di rappresentanza aziendale anche minoritaria e non legata a sindacati nazionali rappresentativi". Qui sta il trucco adottato: attraverso sindacati di comodo si potrebbero concordare in singole aziende regole sui licenziamenti scavalcando l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che si dice di non voler toccare.
Quanto la manovra sia realistica lo dimostra anche una dichiarazione di Giorgio Santini, segretario Cisl, che, pur non scostandosi dalle posizioni ufficiali della sua confederazione, ha dichiarato come occorra specificare che "le deroghe possono farle solo le rappresentanze sindacali nazionalmente rappresentative per evitare accordi pirata con sindacati gialli".
Voci diverse. Speriamo portino a un qualche risultato, impediscano la trasformazione del sistema produttivo in una giungla dove ciascuno fa per se a danno delle stesse imprese. Rimane un interrogativo sull'iniziativa del ministro Maurizio Sacconi che non è certo un ingenuo da quattro soldi. Possibile che abbia agito da solo cercando d'imporre questa furba rivoluzione nei contratti di lavoro? O ha ragione chi ha scritto di incontri segreti, mai smentiti, per preparare il tutto?
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