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Da Gli Affari di famiglia a Il partito dei padroni di Filippo Astone (Longanesi): che italietta la nostra. Di Nunzio Festa

Da Stefanodonno

Da Gli Affari di famiglia a Il partito dei padroni di Filippo Astone (Longanesi): che italietta la nostra. Di Nunzio Festa
Che razza di padroni ha l’Italietta? Due indispensabili inchieste del giornalista economico Filippo Astone spiegano che i padroni del vapore della nazione in distruzione Italia sono, essenzialmente, la crocchia – elevatasi da sola a élite dirigente – vera rovina e portatrice dei danni collettivi; perché, tanto per cominciare, disegna le scelte strategiche del Paese (attraverso Confindustria) e, nel contempo, non cerca la via del riscatto della lobby stessa - affidando importanza e ruoli, di solito, fuori dal criterio della meritocrazia, quindi ai Tesori di famiglia. E per servire il grande affare di famiglia. Prevalentemente poi raccolti, per essere tenuti insieme, dal Salotto Buono, Medio Banca e dintorni, e nella casa madre Confindustria, appunto. Dove, infine, la politica non è che la continuazione d’una caduta. Che, per esempio, affonda nel legame profondo sempre fra interesse economico delle società e diramazioni nel capitombolo partitico. Una caduta che è caduta, però, tale solamente in vetta alle tasche dei contribuenti, ma anche dei vari azionisti di minoranza, e certamente non nei conti dei Marcegaglia o degli Agnelli-Elkan. Per non parlare dei Berlusconi, chiaramente. Stando attenti alla certezza, va aggiunto, che se in passato i dettami del Salotto Buono erano mediati, oggi posizioni di controllo e volontà corrispondono direttamente con la politica partitica. In uno scenario dentro in quale, appunto, le corrispondente fra Pdl e Pd sono lo scherzo più bello a confronto con l’approccio raggiunto in passato da, per esempio, soggetti politici quali Dc – Psi – Pci su tutti. Il giornalista Filippo Astone, redattore del Mondo, settimanale di economia allegato al Corriere della Sera, per “Affari di Famiglia” e “Il Partito dei padroni” si serve essenzialmente d’interviste, articoli di colleghi della stampa, libri, bilanci societari e documenti economici fondamentali; una mole documentaria, quindi, che gli consente di scrivere un vero e proprio stato dell’arte della finanza italiana e, inoltre, del suo grado d’influenza sulla gestione del pubblico. Il lavoro di Astone è, in un certo senso, tutto speculare alle inchieste dei colleghi Stella e Rizzo sulla ‘casta’: nel senso che l’idea che esce dai libri di Astone, ovviamente, va a rompere gli schemi edificanti d’un luogo comune forse involontariamente edificatosi - e poi spalleggiato dai poteri predominanti - dalla inchiesta di Stella e Rizzo: che colpa di tutto sia la politica ladra e che salvatori della patria sono i padroni. Quindi, grazie alle inchieste di Astone, tanto per rispondere, capiamo come i capitani coraggiosi delle varie rappresentanze in società incastonate fra loro, abbiamo colpe d’altra natura. Ma comunque, spesso, tanti demeriti. In un importante passaggio de “Il Partito dei padroni”, l’autore spiega però che “l’inchiesta non serve certo a rafforzare il pensiero unico castale del quale abbiamo parlato nel primo e nel secondo capitolo di questo libro, precisando che non lo condividiamo. Lo scopo è diverso. In primo luogo raccontare, da cronisti, come funziona una parte del Paese che gode spesso delle luci dei riflettori ma che non viene mai illuminata al suo interno, rendendone chiari i complicati meccanismi. In secondo luogo, mettere in luce le incongruenze del pensiero unico castale. Caratterizzato – ci si scusi il gioco di parole – di alcune caste che accusano altre caste di essere delle caste”. Se l’élite dirigente della politica non si sottomettesse a finanza a economia, si potrebbero consigliare i due volumi, soprattutto il più recente, di F. Astone al presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo. Primo fra i primi, modello fra i modelli che con la vittoria alle ultime elezioni regionali ha affidato un ruolo in giunta all’ex presidente di Confindustria della Basilicata, Attilio Martorano. E dovrebbero già essere stati letti dai vari Prodi, Veltroni, Bersani, Letta. Grazie ad “Affari di famiglia”, tanto per portare un esempio simbolico, sappiamo che il Ligresti arrestato durante Tangentopoli è tutt’altro che scomparso, e che il fratello del ministro La Russa, oltre a essere deputato pidiellino, ha cariche societarie più che significative in pista. E dal “Partito dei padroni” che l’altrettanto carcerato Enzo Papi ha accumulato, dopo i patteggiamenti successivi agli scandali di Tangentopoli, successo e moneta. Oltre che, alla maniera di Salvatore Ligresti, tanta influenza da ventilare. In un punto cruciale sempre del “Partito dei padroni”, tanto per dire, l’implacabile autore del già bestseller “Gli affari di famiglia”, indaga “l’élite (che) pretendono dai lavoratori il massimo della flessibilità, ma (per i quali) il loro potere e le loro retribuzioni sono pietrificati”. Due inchieste molto scomode, nonostante siano costruite in virtù d’analisi economiche e parole dettate dagli imprenditori stessi. Soprattutto, per “Gli affari di famiglia” Astone si pone il problema di rispondere alla domanda cruciale: in che mani sta finendo l’economia italiana. Entrando nella valutazione di figure che vanno da Alessandro Benetton, Rorberto Berger, a Marina – Pier Silvio – Barbara Berlusconi, passando per John e Lapo Elkan e Federica Guidi e Jonella Ligresti. A definire: “l’ascesa al potere della nuova razza padrona”. Regolando il termometro coi vizi e le virtù dei rampolli, dei figli illustri della patria economico-finanziaria. In “Il Partito dei padroni” l’autore s’addentra in temi che spaziano dalle retrovie delle questioni di Alitalia, Expo e Fastweb ai progetti politici di Luca Cordero di Montezemolo. Senza scordare “la guerra per la successione a Emma Marcegaglia”. I due libri d’inchiesta di Astone non possono, per merito a una scrittura a servizio della più ampia voglia di divulgazione, che condurre nel più immenso terreno della riflessione sui mali della società italiana, di quel settore tanto citato che è nominato normalmente ‘tessuto economico’. E’ fuor di dubbio che il peso dei padroni del vapore è mantra all’ordine del giorno. L’attualità, dal citato caso Basilicata alle sfacchinate del re Berlusconi a bordo degli incontri dei suoi fratelli imprenditori non ci permette di dimenticare. In ultimo, pare dire in aggiunta Astone, non è possibile non fare caso ai tanti politici che per appannare le loro proposte dipinte di nulla, puntano il dito sulle piccine esternazioni di imprenditori vari e confindustriali in auge. Per di più, insegna lo stesso Filippo Astone, tante volte la cronaca giornalistica, quando non direttamente dipendente dagli interessi industriali e simili, troppo volte non scava oltre la superficie della dimensioni d’apparenza dell’economia. A unico vantaggio della razza padrona.
Gli affari di famiglia. Fatti e misfatti della nuova generazione di padroni, di Filippo Astone, prefazione di Fabio Tamburini, Longanesi (Milano, 2009), pag. 368, euro 18.60.
Il Partito dei padroni. Come Confindustria e la casta economica comandano l’Italia, di Filippo Astone, Longanesi (Milano, 2010), pag. 384, euro 17.60.
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