Da “In mezz’ora” all’intervista con Vincenzo Mollica: riflessioni sulla presentazione del film “La Trattativa” di Sabina Guzzanti. Vero “impegno” o pamphlet interessato?

Creato il 21 settembre 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
di Rina Brundu. Per l’onestà intellettuale che a mio avviso è dovuta all’autore di una qualsiasi creazione artistica, ci tengo a sottolineare che questo articolo non rappresenta una critica, neppure in senso meramente tecnico-letterario e editoriale, al film “La Trattativa” di Sabina Guzzanti, anche perché il film non l’ho visto. Con queste note voglio proporre solo qualche considerazione e riflessione a seguito della presentazione che ne ha fatto  quest’oggi la stessa Guzzanti nel programma “In mezz’ora” (RAI3) di Lucia Annunziata, e dopo avere ascoltato l’intervista di Vincenzo Mollica alla regista.

Fermo restando che qualunque autore, qualora trovasse un padrone di casa accomodante e ben disposto, ha ogni diritto di fare tutta la pubblicità possibile alla sua creatura (in tempi non sospetti Daniel Defoe faceva leggere brani dei suoi romanzi ai condannati al patibolo, davanti al pubblico di bocca buona che si radunava per assistere al macabro spettacolo), sempre, in qualsiasi luogo più o meno mediatico e in qualsiasi modo più o meno stravagante, la “marchetta” tanto per fare, soprattutto se fatta sui canali del Servizio Pubblico indispone notevolmente in questi insofferenti tempi digitali e in ultima analisi danneggia ogni buon lavoro svolto.

Questo lo dico perché mi è capitato di notare uno strano “mismatch” tra l’orizzonte d’attesa ideale a cui sembrerebbe guardare la Guzzanti con questo suo lavoro e il modus di presentazione dello stesso. Detto altrimenti, a sentire la regista il target artistico del film “La trattattiva” (titolo che sottindente l’infelice trattativa Stato-Mafia che ha avvelenato la vita di tutte le nostre Repubbliche passate presenti e future), sarebbe quello di dare ordine (wittgenstenianamente dico io), ai “fatti” (estrapolati soprattutto dalla cronaca giudiziaria), che l’avrebbero fatta esistere attraverso sequenze attentamente sceneggiate e pensate per fare in modo che il pubblico capisca davvero in cosa risolva. Il tutto verrebbe portato avanti con l’utilizzo, per dirla con Mollica “di due registri, uno tragico e uno grottesco” e, secondo la regista, attraverso il ricorso ad una quanto mai necessaria carica umoristica dato che, tra “gaffe, menzogne, negligenze, botte di narcisismo”, ci sarebbe anche tanto da ridere in tutta questa vicenda; mi domando se Falcone e Borsellino la pensassero allo stesso modo ma non nego che la domanda è retorica e pedante.

Dulcis in fundo, dato che i colpevoli dell’infausto affaire non sarebbero stati trovati, ma che secondo la Guzzanti “ragionare sui fatti si può”, “La Trattativa” sarebbe una sorta di faro di luce che aiuterebbe anche a comprendere chi siano questi uomini di e da “grandi responsabilità”, o che almeno si raccontano come tali, e che impunemente avrebbero scavalcato ogni principio democratico fondante. Ottimo progetto e confesso che chi siano lo vorrei sapere anche io. Lo dico perché negli ultimi dieci minuti di “In mezz’ora” che mi è capitato di vedere mentre facevo zapping, ho sentito menzionare il solo Berlusconi (descritto  dall’Annunziata come una sorta di deux ex machina alla radice di tutti i mali), e lo stesso Renzi ma solo in quanto esecutore finale di tutte le riforme che Berlusconi avrebbe anche solo pensato di fare quando era a capo del governo.

Di Berlusconi si parla in abbondanza anche durante l’intervista del recalcitrante e ottimo Mollica. Con tutto il rispetto per il patron di Arcore, nel mio piccolo non ritengo che fosse così potente, o che esistesse prima di Andreotti, anche perché è la stessa Guzzanti a sostenere che Berlusconi nel film, e dunque nel contesto storico rievocato, è una sorta di “comparsa”, uno che starebbe nelle mani di Cosa Nostra e si comporta come occorre che ci si comporti in simili circostante.  Francamente, se questa illuminazione sulla via di Cinecittà rappresenta pure tutto il commitment sartriano che dovrebbe dare ragione dell’esistenza di questo lavoro, credo che mi asterrò dal vederlo. A meno che non si stia usando il termine “Berlusconi” per procurare pubblicità ad un lavoro non in grado di reggersi del suo, perché se così fosse le motivazioni per non pagare il biglietto si presenterebbero moltiplicate.

Ma magari mi sbaglio e forse è tutta colpa del fatto che oggi ho mangiato pesante!

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