Non avevo molte persone con cui parlare a parte papà quindi cominciai a parlare con Dio.
Judith ha dieci anni e parla con Dio.
- Sei Dio vero?
- Shhh, – ha detto la voce.
Fa anche altre cose, però. Costruisce mondi in miniatura nella sua stanza, fatti di carte e rifiuti e oggetti perduti. E’ la sua Terra dell’Adornamento.
Ecco come si fa un uomo.
C’è bisogno di: mohair cotone tessuto di nylon / da ombrello colla attaccatutto creta da modellare scovolini colori (acrilici) bianchetto stuzzicadenti lana
Quel pomeriggio sono rimasta seduta davanti alla Terra dell’Adornamento per più di un’ora. Le piccole persone mi guardavano con i loro sorrisi dipinti. Le conoscevo una a una.
Judith non piange davanti a suo padre, perché a suo padre non piace veder piangere. Non gli piace nemmeno il pesce fritto, la televisione, il mondo moderno e peccatore. Non nomina sua madre, perché manca troppo a entrambi. Conosce persone strambe, un po’ sole, un po’ disperate, spesso gentili. Sono quelle della sua fede, della religione cui lei e suo padre appartengono.
E ha fede. Forse e solo perché lei ha fede che vede i propri miracoli. Può compiere miracoli, Judith! Anche se deve stare attenta a non dirlo a nessuno, anche se nessuno le crede.
Compiere un atto di fede divenne come compiere un balzo, perché c’era un baratro fra com’erano adesso le cose e com’erano state un tempo. Era il posto in cui succedevano i miracoli.
Ha sognato e chiesto la neve ed è essa è arrivata.
Ho guardato il cielo. Era così bianco che avrebbe anche potuto non esserci. Era come carta, come piume.
– Secondo me la neve potrebbe essere un miracolo.
- E’ solo neve, Judith.
- Ma come fai a saperlo?
E’ la neve che l’ha salvata. Perché c’era tanta neve e non è andata a scuola. Altrimenti Neil l’avrebbe uccisa, mettendole la testa nel gabinetto. Sarebbe annegata.
Arriva la neve e poi le cose accadono accadono accadono.
Io la conosco la fede. Il mondo nella mia camera è fatto per fede. Per fede ho cucito le nuvole. Per fede ho ritagliato la luna e le stelle. Con fede ho incollato tutto assieme e gli ho dato vita. Questo perché la fede è come l’immaginazione. Vede qualcosa dove non c’è niente, fa un balzo, e a un tratto stai volando
Spesso sono molto brutte, sempre peggiori. La lasciano calda, bollente, di rabbia e paura e senso di colpa. Sembra impossibile fermarle. Judith sente che è tutta colpa sua.
Il suo senso di colpa è così forte, convinto, profondo da far male al cuore. Fa male un po’ tutto, questo romanzo.
Bellissimo, unico, delicato.
Ogni volta che ci penso, la prima cosa che mi chiedo è quanto debba essere stato difficile scriverlo. Non solo per la sua componente autobiografica – anche l’autrice, come Judith, è cresciata in una famiglia cristiana fondamentalista – ma soprattutto per la lievità con cui immagini e dolori perfettamente formati si dipanano sotto gli occhi del lettore.
Da trattenere il respiro, molto spesso.
Soprattutto quando la trama è importante ma lo è ancor più il modo di narrarla. E’ come se si modellasse con una sensorialità inconfondibile al tatto.
La trama è questo,
la difficoltà di essere padri quando si è tristi da molti anni
l’incomunicabilità (nella famiglia, tra eguali, tra diversi)
il bullismo e la violenza
crescere e cercare amore
il potere dell’immaginazione e della solitudine
la religione, il rapporto con Dio
Credo sia difficile non ritrovare almeno qualcosa di se stessi in questo romanzo. Fosse anche solo una piccola tristezza, o un piccolo miracolo. O le disillusioni.
Ma soprattutto, oltre la trama, sono le parole di Grace McCleen a essere uniche. Limpide e disegnatrici. Melodiche.
Merita di essere ricordato in tanti punti, momenti, desideri, dolori. Ma soprattutto, di essere letto.
In principio c’era una stanza vuota, un po’ di spazio, un po’ di luce, un po’ di tempo.
Il posto dei miracoli
Grace McCleen
2013 Supercoralli
pp. 304
€ 18,00
ISBN 978880621103