Non posso non accennare alla "Pierre de lettrés" perché troppo particolare e ignoravo cosa fosse. Nella raffinatissima antica cultura cinese, venivano chiamate "pietre dei letterati" delle rocce naturali collezionate per il godimento estetico e poste in giardino o nello studio di uomini di cultura, alti funzionari, mandarini. "Pietre dei letterati" perché suscettibili di evocare, nella contemplazione della loro bellezza, profondità di meditazione, libertà di immaginazione e componimenti poetici....Pierres de lettrés, accipicchia che raffinatezza!
Ma veniamo alla mostra attuale sul teatro. Nel nostro mondo all'ovest, a eccezione dell'antica Grecia, il teatrante, l'artista, sono stati considerati per secoli dei "diversi", dei mestieranti atipici non integrati nella società, gente magari da applaudire, ma da relegare ai margini. Leggo invece che in India enorme rispetto per questi "diversi", il teatro è sempre stato considerato di origine divina e per estrinsecare questa sua essenza l'arte teatrale deve associare recitazione, mimica e danza. Quella "catarsi" aristotelica che permetteva allo spettatore di identificarsi e quindi purificarsi attraverso l'immedesimazione nella tragedia scenica, in India è "il rasa", ovvero quel sentimento estetico suscitato dall'opera. 8 "Rasa" per sottolineare ogni diversa sfumatura individuale e universale dell'animo umano: l'amore, la collera, il coraggio, l'odio, la gioia, il dolore, lo stupore e il terrore, il "Rasa" sarà il diverso "succo" di ogni rappresentazione codificato in ogni aspetto dello spettacolo e particolarmente nei "mudra", il linguaggio dei gesti e delle posture assunte dagli attori.
maschere tailandesi
Ombre e marionette non rappresentano solo un semplice divertimento per bambini, ma un genere drammatico, storico o mitologico di assoluta rilevanza. Non articolate e giganti come in India o mobili e translucide come in Cina, le ombre sono una specificità del teatro asiatico. Giunto in Cina dall'India, risale all'XI° secolo la prima volta in cui viene menzionato il teatro delle ombre. In Indonesia e in Tailandia viso e gambe sono spesso montati di profilo mentre il dorso e il bacino appaiono di fronte. In Cambogia si creano grandi pannelli con delle scene intere.
In Giappone due forme di teatro: il "Nô" e il "Kabuki". Temi e regole del "Nô" vengono fissati a partire dal XIV° secolo all'inizio dell'epoca Muromachi da un certo Kan'ami e dal figlio Zeami. Con una dimensione estetica e spirituale della tecnica gestuale ci si ispira alle creazioni poetiche in voga all'epoca e le opere di Zeami formano ancora oggi l'essenziale del repertorio. Leggo che l'intensità drammatica è tale che durante le rappresentazioni ci sono degli intermezzi comici per interrompere la tensione. Oltre ai movimenti dell'attore anche maschere e costumi contribuiscono a creare una atmosfera particolare, sia estetica che emotiva . Il "Kabuki" è invece una forma di teatro popolare il cui acronimo riassume le parole canto, danza e gioco di scena, le tre componenti che lo contraddistinguono. Creato dall'attrice e sacerdotessa Izumo no Okuni all'inizio dell'epoca Edo (1603-1868), è una forma di teatro che a partire dal 1629 è stato interpretato solo da uomini. Il kabuki offre un repertorio molto vasto, pièces storiche, di vita quotidiana, di danza. Assolutamente straordinari i kimoni d'Itchiku Kubota, che ha dedicato il suo estro di maestro tessitore al teatro. Incredibile il gioco di colori e l'energia che si sprigiona da questi due kimoni. Completando un decoro scenico minimalista, i costumi devono poter evocare, attraverso colori e motivi, le condizioni e le qualità dei personaggi che li portano, come una scenografia vivente che l'attore indossa e si porta dietro, i ghirigori ricamati sul tessuto evocheranno un sentiero, le foglie impresse, l'autunno, la delicatezza del disegno, un personaggio femminile, tutto vuole risultare evocazione simbolica.
kimono della serie "Univers" di Itchiku Kubota
Recitato, cantato, mimato, danzato o animato da ombre o marionette, il teatro in Asia è tutte queste cose contemporaneamente; le sue radici sono religiose, ma nei secoli si è adattato a un pubblico secolarizzato per divenire mero divertimento. Dai costumi del kathakali indiano alle ombre dell'Asia del sud-est passando per i vistosissimi costumi dell'Opera di Pechino e i sontuosi kimoni e maschere del "Nô", è tutto un mondo di divinità, spiriti, animali, personaggi che animano la scena e che sia teatro epico o teatro drammatico non manca comunque mai il carattere morale e didattico della rappresentazione dove il Bene e il Male si affrontano sempre in una visione dualistica dell'Universo. Con la maschera o col viso truccato e con i vestiti caratteristici di un certo personaggio, gli attori scompaiono dietro il ruolo che incarnano, scompaiono ancora di più dietro ombre e marionette. Se prima per le strade del subcontinente circolavano dei piccoli teatri di legno che lasciavano apparire illustrazioni mitologiche, poi a fiere e mercati hanno fatto la loro comparsa degli apparecchi ambulanti di cinema. Così il passo fino a Bollywood non è poi stato così difficile: il cinema indiano popolare riprende la stessa tradizione delle epopee del teatro, la lotta per esempio di Rama contro il demone Ravana è stato portata sugli schermi più di mille volte e anche il regista europeo Peter Brook non ha resistito al fascino del Mahabharata, con una adattazione teatrale prima e un film dopo (1989).costume da principessa per il Mahabharata di Peter Brook.
All'ultimo piano del museo, un'altra esposizione per la gioia degli occhi. L'autore è l'artista Kinji Isobe e la mostra si intitola "Washi papier sublimé" Washi è il nome della carta tradizionale che viene prodotta nella regione Mino di questo artista contemporaneo e "sublimata" perché Isobe vi aggiunge altri materiali tipici dell'arte giapponese come l'inchiostro, il legno, la foglia d'oro, il succo di caco e ....la pittura acrilica, una sintesi dall'effetto straordinario, vedere per credere!Kinji Isobe: Dialogue de la vie, Fôret N° 1-11 11 panneaux- Papier japonais, acrylique, feuille d'or