Come Morgan il giovane Steinbeck era insoddisfatto e in cerca di qualcosa… Non solo ansia di conquista ma voglia di spingersi oltre… soddisfare e ricreare continuamente l’inquietudine in cui non ci poteva e non ci doveva essere posto per la pace. “… Una delle definizioni che più ricorrono a proposito di noi americani è che siamo gente sempre insoddisfatta, che non ama fermarsi, che è alla perenne ricerca di qualche cosa. In effetti dedichiamo la vita alla ricerca della sicurezza e la odiamo quando l’ abbiamo conquistata”…
I suoi genitori non erano ricchi, ma un avvenire tranquillo glielo volevano assicurare… Il padre era il tesoriere della Contea di Monterey e aveva il suo negozio di granaglie a Salinas… Una casa dignitosa ancora vittoriana con la torretta a “cappello di strega”.
Sua madre in quel figlio aveva riposto tutte le sue ambizioni frustrate, di insegnante ritirata per motivi di famiglia… C’erano altre sorelle oltre John… Ma quando quel ragazzino quattordicennne si chiudeva scontrosamente nella sua stanza per scrivere, la madre ne era felice… Non sapeva quanto difficile e sbandata sarebbe stata la via della letteratura per John…Inaspettatamente appena finita l’High Scool, sembrava che tutti i suoi interessi fossero diventati chimici, perché andò a fare analisi presso uno zuccherificio… Allora i genitori lo iscrissero a Stanford, l’Università più trendy di tutta la California, a studiare biologia… Si disinteressò presto… Anche Morgan una volta conquistata la favolosa e imprendibile Panama, sognata per anni, cominciò subito a correre dietro a un altro sogno…Di esami a Stanford nemmeno a parlarne, però scriveva molto senza che nessuno gli pubblicasse niente… Quando lasciò l’università aveva ventitre anni, niente laurea e e neanche un dollaro… Andò a fare il pescatore alla baia di Monterey… Gli piaceva andare per mare e forse sarebbe rimasto volentieri lì … Invece andò a New York… L’America è il paese di quelli che per un motivo o senza motivo, vanno… Come in un imperativo categorico. Fra i Carpetbaggers e Kerouac John Steinbeck stava quasi in mezzo… A New York ci provò seriamente a fare il giornalista e non ci riuscì… Tuttavia diventò sterratore … Proprio allora stavano costruendo il Madison Square Garden… E quando del sogno gli rimase veramente poco, si decise a tornare verso casa un anno dopo… Per sdrammatizzare il ricordo, ci scrisse sopra anche un racconto ironico… “Come si diventa Newyorkesi”
In mezzo ai monti che lo circondano da ogni lato, il lago Tahoe è famoso per la chiarezza delle sue acque… John Steinbeck riuscì a depositare qui la sua rabbia dopo l’insuccesso di New York… Trovò lavoro come custode di una residenza estiva… Lunghi mesi di tempo libero…Guardava il lago e scriveva… Nell’agosto del 1929 pubblicò il suo primo romanzo Cup of Gold, ”La santa Rossa”, due mesi prima del “giovedì nero” di Wall Street .. Schiacciato dalla crisi il libro vendette solo 15 copie… Decisamente non fu un successo…E non lo furono nemmeno i “Pascoli del Cielo” e “Al Dio Sconosciuto” … Sono storie troppo piene di dolore. La California di Steinbeck è luogo di bellezza misteriosa ma denso di sortilegi e di ataviche maledizioni… Nelle disperazione dei dannati della valle e nel panteismo di Joseph che si immola al Dio sconosciuto, il giovane Steinbeck comincia l’opera distruttiva del mito americano …
Il successo pieno e totale arriva con Pian della Tortilla . E’ un libro scanzonato, tenero e picaresco. Gli ultimi discendenti dei veri californiani, coloro che hanno nelle vene sangue spagnolo, messicano, indio e caucasico, i paisanos, vivono felici e allegri alle spalle di Danny che ha ereditato una vecchia casa assai malconcia. E’ un mondo di piccoli espedienti, piccoli reati, nessun lavoro e tanta baldoria. L’altra faccia dell’America ricca e operosa, posta ai margini e nel disprezzo della collettività. Invece una volta trascinati nel romanzo di Steinbeck diventano personaggi di fama e chi li evitava ora li esalta e ci si diverte… Steinbeck si arrabbia “Ho scritto queste storie perché sono storie vere e perché mi piacevano. Ma le sentine della letteratura hanno considerato i miei personaggi con la stupidità delle duchesse che si divertono con i contadini e li compiangono… Se ho causato loro dei torti raccontando qualcosa delle loro storie, me ne dispiace. Ciò non avverrà più. Addio Monte!”
Nei libri successivi non ci sarà più possibilità di equivoci… La denuncia e la rabbia di Steibenck esploderanno nel cuore della crisi americana. “La Battaglia” è uno sciopero agricolo e drammatico, guidato da un giovane Jim Nolan che vi perde la vita, l’ entusiasmo e i suoi ideali sociali. “Uomini e topi” è la denuncia schiacciante dell’intolleranza nei confronti del “diverso”, ma è anche una poetica storia di amicizia e di solidarietà fra George, giovane manovale di campagna, e Lennie, un gigante con un cervello da bambino. L’atto finale quando George uccide Lennie per sottrarlo al linciaggio e alla vendetta, ha la disperazione di una tragedia greca in un mondo cupo dove non c’è più speranza. Steinbeck verso la strada del successo con la sua prosa limpida ed elegiaca è la punta massima de i drammi sociali, colui che scopre l’amaro calice degli immigrati e degli sradicati, dei lavoratori sfruttati e senza voce. Nessuno si era mai permesso di parlare così della terra promessa degli emigranti del vecchio continente.
La Route 66 è la vera protagonista di “Furore”, questa strada che aveva attraversato tutta l’America piena di baldanza a seguire la frontiera che si spostava sempre più avanti, nella conquista del West… Adesso è diventata la strada di questa migrazione biblica, dei disgraziati che vanno ad ovest in cerca di una improbabile salvezza. La famiglia Joad e la sua dispersione, il linguaggio a tratti elevato che si alterna al dialetto degli agricoltori dell’Oklahoma, diventano per Steinbeck gli strumenti di una spietata analisi della società, delle ingiustizie e dello sfruttamento delle masse proletarie…
Molto tempo dopo fu lecito a tutti dimenticarsi di Steinbeck. Il suo sembrava un mondo irreale. .. Drammi che erano ignoti alle generazioni nate e cresciute dopo la seconda guerra mondiale, avvolte nel benessere e nell’ignaro consumo… Anche Steinbeck negli anni ’60 aveva perso la sua grinta rivoluzionaria quasi assopito nella nuova società opulenta… Il suo libro più famoso del dopoguerra, “La Valle dell’Eden” era un dramma familiare, intimista… Il Nobel arrivò tardi, quando lui nemmeno andava più di moda e, nonostante le lodi accademiche si finiva per pensare a Steinbeck con un certo distacco…
Fino al brusco risveglio di tutto il mondo occidentale, improvvisamente perso in una crisi senza limiti e quasi senza tempo… Suicidi e disperazioni di un’intera classe che precipita nella povertà…I visi amorfi dei giovani senza lavoro… Eppure nella sua disperazione Steinbeck la via d’uscita l’aveva trovata… L’aveva trovata nel valore della “solidarietà” fra gli uomini, come forza per traghettare verso la speranza … E’ ancora lì la soluzione, basta rileggere le ultime righe di “Furore” quando uno dei personaggi emerge con un gesto di generosità ingenua e sconfinata che fa riflettere… Non sempre le avversità riportano l’uomo allo stato selvaggio e alla cattiveria hobbesiana, a volte, al contrario, possono condurci a un diverso e più alto livello di salvezza.
Alla California di Steinbeck, una delle prime che sta allontanando coraggiosamente da sé il fantasma della crisi, vogliamo dedicare un piatto semplice e ricco assieme, ricordo del grande mare su cui andava a pescare il suo figlio più irrequieto e sensibile…
ARAGOSTA ALLA CALIFORNIANA
INGREDIENTI per 4 persone: 2 aragoste da circa 700 grammi ciascuna, 1/2 bicchiere di olio extra vergine di oliva, 1/2 bicchiere di cognac o brandy, 1 cipolla, 2 pomodori rossi, sale e pepe a piacere, 1 bicchiere di vino bianco secco, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, 20 grammi di burro,1 spicchio d’aglio.
PREPARAZIONE: lavate le aragoste sotto l’acqua corrente, poi staccate la testa e tagliate il corpo a medaglioni seguendo le linee della corazza. Mettete una pirofila sul fuoco con l’olio in cui farete rosolare l’aglio intero e appena dorato aggiungete i medaglioni di aragosta facendoli rosolare fin quando il guscio diventa rosso. Bagnate col cognac e poi lasciate evaporare. Subito dopo aggiungete la cipolla affettata e i pomodori a pezzi, privati dei semi. Aggiustate di sale e pepe, bagnate col vino bianco e spolverizzate con una parte del prezzemolo. Mettete nel forno già scaldato a 180°C per circa 20 minuti, estraete dal fuoco le aragoste ed eliminate i gusci. Raccogliete in una casseruolina il sugo rimasto nella pirofila, unitevi il burro, mettetelo sul fuoco per pochi minuti, quindi versate la salsa sui medaglioni, spolverizzate con il restante prezzemolo e servite.