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Da Roma a L’Aquila: il paese dei campanelli

Creato il 27 aprile 2012 da Albertocapece

Da Roma a L’Aquila: il paese dei campanelli

1)

Probabilmente molti avranno letto ( qui ) della grottesca vicenda che coinvolge uno dei chirurghi del Papa: 38 anni dopo aver riconosciuto come figlia naturale la bimba che la moglie aveva avuto da una precedente relazione, adesso, dopo la separazione, ha deciso di disconoscerla. Questo la dice lunga sulla filigrana umana che circola attorno al Vaticano, sull’assenza di “pietas” e oserei dire di normali sentimenti umani: la spia di un degrado etico e morale visibile ormai a occhio nudo, sotto la rutilante sceneggiatura devozionale.

La vicenda presenta aspetti giuridici complessi per non dire stravaganti visto che il neuro chirurgo, Giulio Maira, riconoscendo come propria la bimba affermò il falso, dando così origine a una vicenda a catena di bugie. Ma questa non è forse la cosa più interessante. Per evitare le fiamme dell’inferno o forse un’esclusione dal “giro” vaticano nella sua condizione di peccaminoso separato o Dio non voglia, divorziato, Maira ha chiesto alla sacra rota  l’annullamento del matrimonio e il tribunale ecclesiastico si è prontamente messo all’opera per trovare una giustificazione plausibile dopo 40 anni di unione. Pensa che ti pensa anche per non rinunciare alle generose offerte che gli annullandi sono soliti fare, hanno avuto una geniale idea: “Al momento del matrimonio, oltre 40 anni fa, era un giovane uomo insicuro”.

Difficile dire se una simile giustificazione che annullerebbe ipso facto qualunque matrimonio, derivi da una scarsa conoscenza del “mondo” o da una sua sfacciata navigazione a tutto tondo. Insomma se questi giudici preti ci sono o ci fanno. Così, in questa generosa e straordinaria gara di squallore, non si sa se il vince il chirurgo disconoscente o il tribunale ecclesiastico con le sue risibili considerazioni. che sono davvero l”unica cosa pietosa in questa vicenda.

2)

L’Aquila, città martire del berlusconismo in fase narcisista prima ancora che del terremoto, non ha trovato di meglio che intitolare una propria strada a Mario Magnotta. Voi direte chi era costui? Uno scienziato, un filosofo, un partigiano, un sindaco meritorio, un poeta, un pittore? Nulla di tutto questo era un bidello arrivato a un certo grado di notorietà per via delle sue reazioni a uno scherzo telefonico fatto nell’86, cherzo che gli autori registrarono e diffusero ancor prima che la maggior parte dei cittadini italiani apprendesse dell’esistenza di internet e del protoccolo Tcp/Ip inventato,  dieci anni prima da Robert Kahn e Vinton Cerf, altro che Jobs. Per dire che la notorietà non si mai che strade possa prendere e come anche la titolazione delle strade segua regole bizzarre.

La celebre registrazione che potrete gustare qui  è divenuta celebre per una sequela impressionante di porco qui e madonna là, oltre che per una curiossima espressione “m’iscrivo ai terroristi” detta dopo aver minacciato di mettere una bomba nel negozio di elettrodomestici che gli richiedeva il pagamento di una lavatrice già comprata da anni. Nel complesso il tutto s’impose all’attenzione un po’ per l’accento curioso, un po’ perché era la voce di una provincia profonda al tempo stesso intimorita e sanguigna. Magnotta cui furono concesse delle comparsate televisive riparatorie per quelle vibranti cannonate al cielo, è morto nel 2009 quattro mesi prima del terremoto e davvero c’è da chiedersi se sia questa la voce che l’Aquila vuole ricordare a meno di non voler fare uno scherzo a stessa. E ce ne vuole dopo essere stata presa in giro da Silvio per molti mesi, non con la lavatrice, ma con la ricostruzione.


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