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Da Treviso a Tokio, cervello in fuga lavorare stanca paura dei buchi donna

Creato il 20 dicembre 2013 da Olga

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Chiara ha paura dei buchi. E’ crudo, è assurdo, è vuoto, è quasi incredibile, ma Chiara ha paura dei buchi. Chiara non è uno di quei cinesi venuto in Italia a farci vedere come si lavora. Chiara è un’italiana di Treviso che se ne è andata da Treviso per fare vestiti a Tokio, che comunque non è Cina ma è Giappone. Chiara lavora dalle 8 del mattino alle 10 di sera. Le dieci sono mezzanotte e le 8 diventano le 7. Un giorno libero. Non ha tempo per la palestra e torna in Italia tre settimane all’anno. Guadagna meglio che in Italia. Ma quale sarebbe una paga fair per lavorare tredici quattordici quindici ore al giorno da dipendente? Chiara ha paura dei buchi.

“Ho paura dei buchi”, me lo dice dopo due ore che ci parliamo e facciamo finta di raccontarci successi che sono mediocrità qualunque visto che non stiamo lasciando il mondo migliore di come l’abbiamo trovato, e anzi la strada  it’s paved with fucking assholes. Ha paura dei buchi e glielo leggo  negli occhi. Coi suoi occhi in due secondi mi porta a Tokio. Verdi azzuri grandi poco globulari gli occhi di Chiara sono bellissimi. No, non sono iperipotiroidei. Ci sono libri che descrivono Tokio, documentari che la raccontano, storie di gente che viene schiacciata in metro. Storie di persone che si addormentano in metro. Storie di suicidi. C’è la letteratura di Murakami. Ci sono foto, libri di economia, libri sulla cultura, libri di cucina. E poi ci sono gli occhi. E Chiara ha gli occhi di chi ha paura dei buchi. La paura dei buchi è la paura di un pattern. La paura dei buchi è la paura dell’iterazione infinita del quotidiano. Esce o non esce qualcosa dai buchi, esce o non esce qualcosa dalla rete, esce o non esce qualcosa dalle 8 di mattina alle undici di sera, dalle otto di mattina alle undici di sera. Se esce non so che cosa sia. Ma se non esce non lo voglio e se esce lo aspetto. “La paura dei buchi mi è venuta per curiosità. Mi dicevano che esisteva, e io ho cominciato a guardare le foto dei buchi, inizialmente ero attratta ma poi insomma, poi sono stata male”.

“Febbre a 38-39-40, ma viaggio a Parigi, mi dicono “non si può mancare”, e allora vado a Parigi, e vado a Parigi con la febbre.   I buchi si sconfiggono con le ampiezze, coi cieli che non hanno fine, con l’orizzonte del mare, con le cose che vengono elencatedalle canzoni di Battisti Mogol. Anche la treccia, sì, anche la treccia. Con i Beach Boys. No, non con i film. Bene con la respirazione. Bene lo yoga. Bene il training.

E così io e Chiara decidiamo che ce ne andiamo in Cina a piedi. Ma siamo donne. Allora io e Chiara decidiamo che ce ne andiamo in Cina a piedi e scriviamo un reportage sulla condizione della donna che incontriamo nel mondo. Ma non abbiamo soldi. Allora io e Chiara decidiamo che ce ne andiamo in Cina raccogliendo i soldi col crowd funding. Ma non abbiamo tempo. Allora io e Chiara decidiamo che non avremo mai tempo e non ci sarà mai tempo abbastanza per non decidere di mollare tutto. Però senti, Chiara, c’è un posto in cui puoi comprare, a Milano, anelli che sono a forma di uccelli.


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