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Da un tir alla grande opera

Da Blindsight
DA UN TIR ALLA GRANDE OPERADA UN TIR ALLA GRANDE OPERA
DA UN TIR ALLA GRANDE OPERA
Ho capito come ci sente dentro un camion: ho guidato un tir di 16 metri con carico, quindi ancor più pesante. Guidarlo (in pista ovviamente e con la solita "voce guida", al Motor Show di Rende) è di una facilità estrema, tutto morbissimo, adattabile anatomicamente all'autista - dallo sterzo alla poltrona - e tutto computerizzato. E' riduttivo chiamarlo abitacolo il luogo in cui ci si trova quando si guida, perché è una suite. Ciò che ho detto quando sono scesa è facilmente intuibile: ho invitato gli autisti di mezzi pesanti a non rilassarsi troppo in quella suite, di mantenere una velocità umana, di rispettare sempre la distanza di sicurezza da quelle che, per chi vede, da lì sopra non sono più auto o moto, ma formiche. Ho chiesto loro di non schiacciarle. Questa del tir era una delle poche esperienze che mi mancava, quindi penso ora a cos'altro posso guidare, visto che posso ancora se una voce mi guida e, come scritto precedentemente, io me ne frego di ciò che dicono gli altri. Me ne frego al punto che tutta la mattinata di oggi, finalmente tornata a casa, l'ho passata a scolpire: un amico genio ha inventato per me uno scalpello per la pietra. Sto realizzando una foto di me come sono ora, mi mancava l'arte, mi mancava perdermi nelle forme e nella realtà che vedo nel mondo sottile, quella dimensione in cui sono me stessa veramente, quella che tanti vedenti non capiranno mai, ma ne me frego anche di questo. Da quel blocco di pietra sta uscendo qualcosa, sta prendendo forma lentamente, le mie mani sono distrutte, ma felici. Sto realizzando una foto tridimensionale della mia anima, quella di un'aliena esploratrice, ma anche quella di una topa di metallo, pronta a testare tutto per quanto inalterabile. Non ho voluto modellare, ho preferito tirarmi fuori dalla pietra, dura e tenera, polverosa e naturale come me.
Non posso dipingere, non me la sento di incasinare casa e me stessa con colori che non vedo, così come non mi spingerò alla ricerca di un limite, come facevo da vedente: la mia ultima vita, o bonus, è in quella pietra che spero di tramutare presto in una foto 3D di ciò che sarò per sempre.
Nelle immagini io e il tir che ho guidato: non ho ancora il video, ma spero di pubblicare invece presto le foto della mia Grande Opera, che mi aspetta ora sotto un sudario, quell'attesa di chi risorge grazie anche ad alchemiche esperienze.

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