Chiedo ai miei quattro o cinque lettori effettivi di aver pazienza e di accettare una composizione di questo post in progress: è rimasto in bozza il resoconto della manifestazione di ieri, alla quale posso dire di aver partecipato da protagonista e la cui pubblicazione dovrò posticipare. Sarà più un post di analisi e riflessione – sentiti i soggetti in campo – che non di mera cronaca. Non è stato perciò un male, in questo caso, salvare il testo in bozza, perché tutte le dichiarazioni che ho sentito e sento sono minacciose: non vi è politico che non abbia pronunciato la sua condanna, almeno fra quelli che io ho sentiti. L’on. Fabrizio Cicchitto, addirittura, distingueva la manifestazione in tre componenti: una – bontà sua – pacifica e maggioritaria, destinata ad essere “gabbata”, come è sempre stato, un’altra minoritaria e violenta, e poi una terza componente che lui definisce “ambigua”, ed è forse questa la più sinistramente minacciata, perché colpisce un orientamento di pensiero critico, non questo o l’altro governo, ma l’intero sistema. Mi chiedo come lo sapesse. Saranno stati i rapporti dei poliziotti in borghese, numerosissimi, infiltrati fra i manifestanti, ad averlo informato. Ed forse questa parte cospicua della terza componente… Quindi, se adesso non scrivo all’impronta, in tempo reale, quella che potrebbero essere una serie di “notizie” della mattinata, non lo farò poi più, perché altri interessi ed incombenze occuperanno il mio tempo. Scelgano i miei Lettori: ora o mai più!
Avrei dunque voluto giungere questa mattina puntuale a palazzo
Montecitorio, nella sala della Lupa, dove era in programma la presentazione della conclusione di un’Indagine parlamentare della signora Fiammetta Nirenstein sulla piaga, inesistente quanto lucrosa, dell’antisemitismo, che avrebbe avuto – si è detto – l’adesione di tutti i gruppi parlamentari, il parlamento al gran completo, che però eccetto un certo Corsini non ho visto presente nella sala, piuttosto vuota e dal carattere familiare. Avrebbe dovuto esserci Lupi, ma mi hanno detto che non è venuto. Non poteva mancare Alemanno, di cui ho visto la targa, ma mi hanno detto non sia venuto. Mi sarei aspettato di vedere il pienone della sala, dove sono giunto con oltre un’ora di ritardo, a causa di un contrattempo imprevisto. Sono giunto mentre parlava la vicepresidente delle Associazione delle Comunità Ebraiche, il cui intervento non ho potuto apprezzato. Vuoto di concetti, pieno di pregiudizi, pericoloso per il male che lascia presagire. Mentre parlava i miei occhi andavano a due lapidi in bella evidenza sul muro davanti a me, una a sinistra, l’altra a destra. La prima diceva che in quella sala si erano riuniti i parlamentari aventiniani dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti, attribuito al fascismo. Oggi – si veda in ultimo il “Golpe inglese” – si sa che il fascismo non c’entrava con l’assassinio: prima bufala di stato. La verità, già allora, puzzava di petrolio e venivano elargite “tangenti”. Ne ho sentire ancora di più grosse, di cui però nel citato libro non si parla. La seconda targa diceva che in quella stessa sala erano stati proclamati i risultati del referendum istituzionale su monarchia e repubblica. Molti dicono che vi siano stati brogli elettorali ed in trasmissione televisiva (Rai Education) ricordo molto bene un responso dell’«esperto»: fu una “truffa benedetta”. Ed anche oggi, mi è parso che il convegno Nirenstein rinverdisse la tradizione della sala. Mentre questa giovane parlava Ho visto poco più avanti di me, fra gli oratori, mons. Rino Fisichella, che però non ho potuto ascoltare. La sua presenza è stata per me inquietante, per il sospetto che in me suscita si voglia coinvolgere la chiesa nell’operazione liberticida che la signora Nirenstein ha chiara in mente.Dico subito e senza mezzi termini che non ho apprezzato concettualmente nessuno dei discorsi che ho sentito. E si badi bene: non perché essi dovessero essere da me condivisibili, ma perché proprio mancavano quelle caratteristiche di qualità che possono farci apprezzare la logica stringente e le motivazioni, la forza, di un discorso anche del nostro più acerrimo avversario, di cui in qualche maniera possiamo apprezzare e riconoscere la grandezza, senza nessuna di quella “invidia” che uno degli oratori si era inventata proprio di sana pianta: nessuno più di me avrebbe voluto riconoscere come forti e fondati i loro discorsi o interventi. La delusione è stata totale: tutto qui! Nei discorsi che ho sentito non vi era “qualità” e io, che sono io, cioè un «Signor Nessuno», non avrei avuto in coscienza nessuna difficoltà a demolire quei discorsi, se appena appena fosse stato concesso un minimo di dibattito e contraddittorio con gli “esterni”, quelli cioè contro i quali si tramano le leggi, ma che non hanno in diritto di essere ascoltati e di poter replicare. È stato detto che non si sarebbe dovuto concedere loro l’«onore» di essere ascoltati, ma al massimo solo quello di essere condannati, se l’operazione “Galere della Memoria” andrà in porto ovvero «Simpatia Coatta». Sono, infatti, dei “mostri” che abitano in un altro pianeta e ai quali non si riconosce neppure l’uso del linguaggio né umano né “divino”. A cosa alludo? Ad un incredibile discorso di un incredibile personaggio, il quale con saccente erudizione pretendeva di sostenere che gli «antisemiti», che non si bene chi e cosa siano, odiano gli ebrei, perché in fondo l’«ebreo» è… dio stesso. Mi veniva da obiettare: e chi non è ebreo non è dunque dio? Poi proseguiva in una affastellamento di assurdità e sciocchezze, attribuendo ai non ebrei, “antisemiti”, un invidia di fronte al “fascino” della donna ebrea… Ed io avevo di fronte a me Fiamma Nirenstein, ed accanto altre signore, che mi ero messo a guardare discretamente… Beh! Non voglio esprimermi, per decenza, ma l’oratore aveva lui introdotto questo argomento, che io non proprio mai affrontato o considerato anche lontanamente. Di professione questo signora pare faccia lo psicanalista: son fatti tutti così. Si finisce sempre a donne, se non addirittura a puttane. Gli altri discorsi uditi non si distinguevano di molto in meglio. Se sarà disponibile la video registrazione, mi riservo una maggiore analisi. È probabile che la mia conoscenza di testi come quelli di Ilan Pappe, Shlomo Sand, Jacob Rabkin, Avraham Burg, Ghada Karmi, Gilad Atzmon, Mearsheimer e Walt, Norman G. Finkelstein, quasi tutti autore ebrei, ed altri ancora, oltre a tutte le storie dell’antisemitismo, accessibili in italiano, ad incominciare da quella insuperata di Bernard Lazare, mi abbiano consentito di guardare con sufficienza agli oratori che chiaramente si rivolgevano ad un sparuto gruppo di militanti sionisti, presenti in sala, e puntavano ad un chiarissimo scopo politico, che nulla ha a che fare con libertà, diritti umani e dignità, anzi siamo proprio agli antipodi. Era totale la confusione di termini pur distinti come ebreo, giudeo, sionista. Inoltre l’accezione di “antisemitismo”, mai rigorosamente definita, era tutta interna al gruppo. In pratica, sono loro stessi che dicono chi o cosa è “antisemita”, dove questa qualificazione ha fatalmente una valenza penale. Ho notato alcuni passaggi mediatici. Il dato più importante dell’inchiesta sarebbe che il 44 per cento degli italiani a domanda avrebbe risposto che non prova “simpatia” per gli «ebrei». Beninteso, senza che agli intervistati sia stata prospettata la differenza fra “ebrei”, “giudei”, “sionisti”. È da chiedersi quanti di noi provano “simpatia” o “antipatia” per zingari, siciliani, calabresi, albanesi, testimoni di Geova, luterani, ecc. E quale senso scientifico e sociologico possa avere una simile inchiesta. Ma il dato allarmante, che appare ad esempio nella copertura stampa di “Repubblica”, è che il 44% di “non simpatia” diventa “ostilità”. È una forzatura notevole. Mi chiedo quanto deliberata e consapevole. Se mi fosse stato possibile rivolgere una domanda ai convegnisti, avrei chiesto loro se vogliono mandare in galera il 44% per cento degli italiani.
Altra domanda che avrei voluto fare è se tutti questi loro affanni non mirino ad avere anche in Italia quelle 200.000 persone che io stimo penalmente perseguiti dal 1994 ad oggi nella sola Germania per meri reati di opinione. Se va da 8 o 12 anni di carcere, per avere scritto un libro, a 9 mesi, per averlo soltanto letto e prestato. La casistica e la migliore conoscenza di questi dati sarei istruttiva. Ma questi signori che tanto parlano di diritti umani, libertà, dignità, valori, ecc. si guardano bene dal fornirci questi dati. A loro preme stabilire essi i contenuti di una conoscenza che sono loro possono dare e che non è possibile contraddire. Era presente mons. Fisichella. Davanti a lui vi sarebbe poco da discutere su
dati della fede cattolica: o uno ci crede o non ci crede. Ma i dati di ragione, il vero ed il falso, possono qui risultare solo dal dibattito e dal contraddittorio. Se dibattito e contraddittorio sono preclusi per legge, se si va in galera solo a fare certe affermazioni, ecco che quella della Shoah diventa una sorta di nuova religione, ben più dogmatica ed oppressiva di quanto non sia stata la fede cattolica imposta con l’Inquisizione. In effetti, nei vari interventi è emerso che si tratta dell’imposizione di una nuova religione con mezzi legislative e con l’inflizione del carcere ai renitenti.Lo squallore finale è stato toccato dalle conclusioni della signora Nirenstein, la quale ha sostanzialmente detto, in una forma invero alquanto sghangherata, che loro che stanno in parlamento, solo per il fatto di essere in parlamento, sono l’eccellenza di tutto la nazione, non si sa bene se quella italiana o quella ebraica. Sono i più intelligenti. Amen!
capannello di persone. Era Antonio Di Pietro, che rilasciava un’intervista davanti a microfoni. Mi avvicino in spazio aperto per vedere e sentire. Pensavo perfino di chiedere a Di Pietro cosa ne pensasse lui all’idea che i nostri tribunali e le nostre carceri dovesse essere ingolfati con i 200.000 casi della Germania, se un’eguale normativa dovesse coronare gli sforzi della signora Nirenstein. Ma ero giunto quando Di Pietro rispondeva sulla guerriglia urbana di sabato pomeriggio. Lui, che era stato magistrato, faceva intendeva che punire per semplici danneggiamenti i manifestanti del sabato sarebbe stata cosa lievi. E lasciava sempre intendere che bisognava inasprire le pene esistenti. Io ebbi fra di me un sussulto che non sono stato capace di contenere, e mi è uscito dal petti: “Dunque, la fucilazione?!” Credo che la cosa sia stata notata da Di Pietro, con il quale avrei voluto trattenermi un poco, per porgli domande da semplice cittadino, che era per giunto stato per quasi tutto il tempo alla manifestazione del sabato. Ma l’on. Di Pietro deve aver subodorato che non ero un suo fan. Ed ha preferito negarsi al cittadino tanto quanto invece era disponibile allo schermo televisivo. Non ho insistito, sapendo che possono esservi rischi ad infastidire i nostri deputati. Un’altro quesito che avrei voluto porre all’Onorevole era se avesse mai considerato che il mito della rappresentanza politica è giunto al suo epilogo finale. Ciò che vogliono e chiedono i cittadini del 15 ottobre è di liberarsi di Lor Signori e del tipo di democrazia che credono di impersonare, obbligandoci ogni cinque a mettere un segno di croce su una scheda e poi voltandoci le spalle, se appena ci azzardiamo a porre loro una domanda.Proprio questo pomeriggio, sempre in Montecitorio, è prevista alla presenza cel Capo dello Stato la celebrazione per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. L’on. Di Pietro con la sua richieste di inasprimenti di pena per i “rivoltosi” di sabato pomeriggio mi ha fatto pensare alle migliaia e migliaia di fucilazione che hanno visto nascere l’Italia. Erano i “briganti”! Dopo 150 anni la storia sembra ripetersi identifica. Avrei poi voluto chiedere al “giurista” nonché ex-magistrato Di Pietro perché mai un inasprimento di pena, se non la creazione di un nuovo titolo di reato – che so: “manifestazione non gradita”, diversa da: “non autorizzata” – non dovesse proprio prevedere come pena la “fucilazione”, che ha appunto una così nobile tradizione? In fondo, per quello che ne possiamo sapere, e sempre che non vi sia un “false flag”, predisposto dai numerosissimi agenti infiltrati, quei ragazzi non hanno futuro: la loro condanna a morte è già stata decretata dal sistema. Anzi, prevedere un semplice inasprimento di pena in luogo della fucilazione, non farebbe altro che aumentarne la emarginazione e la disperazione. E di conseguenza anche aumenterebbe la pericolosità delle future manifestazione. Giacché pare indubbio che ce ne saranno, così come questa classe politica appare del tutto inadeguata, non credibile, ad affrontare e superare i problemi che già attanagliano la Grecia. Certo, ai poliziotti, ai tutori dell’ordine o del disordine – a seconda del punto di vista – sarà garantito lo stipendio pubblico, preso dalle tasche dei contribuenti, fintantoché i seguaci italiani di Friedman non avranno stabilito che anche la polizia dovrà privatizzata ed affidata a bande di contractors, come si dice oggi, o di mercenari o bravi, come si diceva una volta.
Questa classe politica, sia di destra, di sinistra o dipietrista, non sa dare altra risposta alla risposta protesta sociale che l’inasprimento della repressione. Si sono abituati a vedere passeggiate turistiche di cittadini, le cui ragioni venivano puntualmente sbeffeggiate. Ricordiamo tutti il referendum abrogativo del finanziamento pubblico dei partiti e del modo in cui è stato unanimamente disatteso da tutti i partiti. Se la storiella che abbiamo raccontato, della rana che non sapeva di essere cotta, può darsi che le scene di violenza – di poche centinaia di disperati – siano la spia per far capire ai 100 o 300 mila manifestanti del 15 ottobre, diversi dai soliti, da quelli che passeggiano per turismo, che forse è il caso di saltare subito fuori dalla pentola, per non fare la fine della ranocchia che morì non sapendo che stava per essere messa a fatale cottura.