Si dovrebbe intervenire in maniera massiccia per evitare tragedie, danni astronomici, considerevoli guasti all’economia, ma dopo decenni in cui non si è fatto nulla, adesso che i cambiamenti climatici hanno aumentato la frequenza dei fenomeni estremi, non ci sono più soldi per porre rimedio. E dire che sarebbe denaro sacrosanto destinato a risparmiare sulle conseguenze del degrado. Eppure dentro questo maelstrom si continua a considerare l’ambiente come una non risorsa, ma solo come un ornere e a far finta che eventi ormai normali nella loro frequenza come un’imprevedibile fatalità. Così si continua a intestardirsi sulla Tav Torino – Lione e i molti misteri che ammantano i suoi appalti anche di fronte al disinteresse francese per l’opera, si vuole giocare alla guerra con l’acquisizione di aerei inutili e per giunta costossimi e mediocri, si riesce persino a prolungare il diversivo del ponte sullo stretto.
E’ solo qualche esempio, ma tutto questo non nasce per caso, non è solo frutto di noncuranza, ruberia e speculazione, è figlio invece della mutazione ideologica portata dal liberismo: l’ambiente e i beni comuni non sono considerati un valore economico se non quando sono gestiti dai privati e diventano oggetto di profitto. Scardinato il concetto di cittadinanza, reso puramente teorico quello di bene comune, lo stesso “pubblico” nelle sue varie articolazioni ha la tendenza a considerare uno spreco l’ambiente. E interviene, con molta calma, solo quando l’incuria e i drammi possono mettere in pericolo il consenso e elettorale. Anche in quei casi in cui un’amministrazione viene trombata per le conseguenze delle sue trascuratezze, i protagonisti sono talmente permeati dall’idea che l’ambiente sia un non valore che non si rendono conto delle ragioni della bocciatura e si sentono vittime incolpevoli. Un esempio per tutti l’ex sindaco di Genova, Marta Vincenzi.
Finché questa mentalità non verrà ribaltata e l’ambiente verrà considerato un bene senza un valore contabile, ci dovremo rassegnare ai disastri da una parte e alle grandi svendite dall’altro. Che poi non otterranno altro effetto se non quello di “fragilizzare” ancor più il Paese. E continueremo a chiamarla fatalità.