Chi si reca in Egitto di solito punta a vedere le bellezze del Mar Rosso o le piramidi del Cairo. Se invece volete un luogo lontano dalle rotte turistiche, ma dalle straordinarie meraviglie subacquee, vi suggerisco una località a cento chilometri a nord di Sharm el-Sheik.
Si chiama Dahab, centro balneare di circa milletrecento abitanti, sconosciuto ai più e difficilmente raggiungibile con aerei o autobus. Per chi volesse godere delle meraviglie di uno dei mari più belli del mondo, questo è il posto giusto. Noi ci arriviamo in jeep dopo un’escursione nel deserto.
“Dahab” significa oro, non si sa ancora se per il colore delle sue spiagge o per il mercato del metallo più prezioso al mondo che vi si teneva qui in passato. Si trova sul Golfo di Aqaba ed è una località molto ventosa, frequentata dagli amanti del windsurf.
La nostra prima tappa è al Museo del Papiro, un’attrazione sponsorizzata dal governo che serve solo a rimpinguare le casse dello stato (i papiri si trovano anche nei bazar a metà prezzo). Ci rechiamo poi in riva al mare dove incontriamo la nostra guida per un’ escursione con i cammelli. Percorso qualche chilometro, arriviamo a destinazione.
Ci aspetta una tenda beduina in riva al mare dove pranzeremo, ma soprattutto ci attende il vero scopo della nostra visita: la barriera corallina, seconda come bellezza solo al reef australiano, e il Blue Hole, un buco profondo circa cento metri e largo cinquanta popolato dai pesci più belli della terra.
Fare snorkelling in questo posto è un’esperienza unica e spettacolare. Le raccomandazioni sono d’obbligo, le vittime delle forti correnti e della scarsa conoscenza del luogo sono molte. È altamente consigliato l’uso di pinne, maschera e boccaglio per assistere allo spettacolo e resistere alla corrente marina.
Dalla riva ci si tuffa nel Blue Hole tramite un pontile e la paura è tanta. Sembra di fare un salto nel vuoto senza fine dentro a una voragine che dal blu passa al nero dopo solo dieci metri. Ma una volta dentro sembra di volare. I pesci sono tantissimi. Probabilmente abituati alla presenza dell’uomo, si arriva quasi a toccarli. Ce ne sono di svariate specie e di moltissimi colori.
È qui che vedo per la prima volta il pesce pagliaccio. I suoi colori bianco, arancio e nero sembrano dipinti a mano. Il giro completo del Blue Hole permette di vedere coralli e anemoni vivaci che ballano al ritmo delle onde. Poi ci si avvicina al bordo che dà sul mare aperto. Facendo attenzione a non tagliarsi sugli affilatissimi coralli e sulle rocce, inizia l’esplorazione della barriera corallina.
La limpedezza dell’acqua permette di vedere fino a venti metri di profondità. Poi, anche se non si vede più, la barriera continua verso il fondo. Si vedono pesci, coralli e stelle marine con colori talmente vivi e sgargianti che sembranno innaturali. E se siete fortunati anche qualche tartaruga gigante. Dopo aver visitato la barriera, mi chiedo se il nome Dahab non sia stato scelto per un terzo motivo: forse è questo l’oro d’Egitto che i vecchi abitanti di Dahab intendevano.
Dopo il bagno ci viene offerto il pranzo in tenda, ma il pasto ci tirerà un brutto scherzo per i giorni a venire: qui la chiamano la maledizione di Tutankamon. Ricordatevi che da queste parti mangiare cibo poco cotto o crudo, lavato con l’acqua non potabile, può portare a spiacevoli conseguenze intestinali. Il cibo a base di pesce e verdura risulta comunque buono e, ignari di quello che ci attende nei prossimi giorni, andiamo a fare un giro per il paese.
La città si divide in due parti: quella più turistica, più moderna, caratterizzata da ristoranti vista mare, negozi per surfisti e di souvenir. Devo dire che anche se la parte è più moderna, risulta comunque molto piacevole e tranquilla, e rispecchian lo spirito e la cultura egiziana.
La vera Dahab, con la sua moschea e i bar popolati da giocatori di domino, si trova un po’ più all’interno. È in un bar della città vecchia che a fine giornata ci ritroviamo col gruppo per sorseggiare un karkadé, mentre ci godiamo l’ultimo spettacolo di questa giornata fantastica: il tramonto del sole nel deserto.
Ritengo una fortuna che Dahab sia così isolata e sconosciuta. Se fosse facilmente raggiungibile, a quest’ora il suo oro sarebbe stato saccheggiato dall’uomo.
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