Helle Helle, pseudonimo di Helle Olsen, nata a Nakskov in Danimarca nel 1965, con Dai cani è al suo quarto romanzo, che permette di definirla come autrice dedita al realismo. Con questo libro, Helle Helle ha vinto il Premio Pet Olor Enquist, il Golden Laurel literary prize, il Danish Critc’s Prize, il Danish Academy’s Beatrice Prize e il prestigioso Lifetime Award of the Danish Art Council. È stato tradotto in sette lingue.
Titolo: Dai Cani
Autore: Helle Helle (Traduttore: C. Scanavino)
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Edito da: Atmosphere Libri (Collana: Biblioteca dell’acqua)
Prezzo: 14,00 €
Genere: Narrativa
Pagine: 141 p.
Voto:
Trama: Bente è seduta su una panchina poco distante dal mare in attesa di un autobus che non arriva, ma trova rifugio presso una giovane coppia, nella più profonda provincia danese. Sottratta alla violenza di un imminente uragano da John e Putte, la donna, alla ricerca di un posto tranquillo, prima si sistema sul loro divano e poi nella quotidianità della loro vita. John e Putte vivono una vita tranquilla cadenzata dalle più normali e semplici faccende quotidiane, interrotte soltanto da qualche fugace giro in bicicletta al distributore di benzina per comprare tortine alla crema e schedine del lotto e dalle uscite con i cani che lo zio di Putte ha affidato loro durante il suo ricovero in ospedale. Giorno dopo giorno riesce a fare proprio il ritmo di quelle esistenze tanto semplici quanto piene di concretezza e di senso e grazie alla ritualità responsabile di azioni e compiti estranei alla sua vita di prima si avvia gradualmente verso la riappropriazione di sé. Con un occhio straordinariamente acuto per la realtà della vita quotidiana, Helle Helle raffigura con calore e umorismo tagliente l’esaurimento nervoso di una donna spinta alla periferia geografica e sociale.
Recensione
di Nihal
Ci ho messo un po’ a decidermi di fare questa recensione: questo libricino, Dai Cani, mi ha lasciato alquanto scombussolata e ho avuto bisogno di un po’ di tempo per mettere in ordine le idee.
Siamo in un piccolo paese del Nord Europa, alla fermata dell’Autobus una donna è alla ricerca di un posto in cui piangere da sola, in attesa di un autobus che, sa bene, non passerà. Una coppia di giovani le offre riparo dalla tempesta di neve in arrivo, così la donna, in fuga da se stessa, pian piano si insinua nella vita semplice delle persone che improvvisamente si trova intorno, trovando conforto nei ritmi di quella quotidianità.
La narrazione è condotta su due linee parallele: da una parte il passato di Bente e gli avvenimenti che l’hanno portata a quella stazione dell’autobus, dall’altra tutto ciò che le accade dopo. Così troviamo mischiati passato e presente, come se quelli non fossero altro che ricordi innescati da dettagli che colpiscono la protagonista, che, presa da questa vita che non le appartiene e che è così lontana dalla sua realtà, è come se riaffrontasse ogni singolo evento che ha reso la sua esistenza così vuota e banale. È una donna alla ricerca di uno scopo, di un’ispirazione che un tempo aveva fatto di lei un’artista e che ora sembra essere persa per sempre.Bente è una donna che si è lasciata andare, si è arresa completamente, sopraffatta da un senso di vuoto che può essere interpretato come una depressione profonda. Così ha lasciato che la vita le scorresse accanto, è stata a guardare inerme, troppo stanca per reagire, ed è diventata una presenza silenziosa e un po’ inquietante. Finché qualcosa non l’ha scossa a tal punto da farla svegliare dal suo tepore, da costringerla a fare qualcosa: si è resa conto che le persone che le stavano intorno stavano andando avanti senza di lei, quasi sostituendola. Questo è ciò che fa scattare la scintilla nella donna che da tempo aveva rinunciato alla sua ricerca: nel momento in cui ha perso la sicurezza del suo posto, la sicurezza su chi lei fosse, quel senso, quell’ispirazione, diventano fondamentali per la sua vita per continuare a esistere, per sentirsi parte del mondo.
Il crollo delle sicurezze è destabilizzante, la fuga diventa la scelta più ovvia perché la persona che era prima era stata distrutta, la donna non aveva più un’identità: doveva trovarla insieme al senso.
In questo stato d’animo la nostra protagonista si ritrova a quella fermata, accolta da due giovani, John e Putte, che nell’offrirle un posto nella loro casa le offrono anche una risposta a tutte le sue domande, le offrono una nuova identità, un punto di partenza: nella semplicità delle loro vite, scandite da problemi comuni (il lavoro, le faccende domestiche, un parente in ospedale, i bisogni dei vicini, ecc…) Bente si ritrova per la prima volta circondata da problemi reali che a volte hanno una soluzione, a volte non ce l’hanno, eppure il senso sta lì: nella lotta per andare avanti, sempre e nonostante tutto; negli attimi di trascurabile felicità; nell’affetto sincero e pivo di aspettative.Dai Cani è un libro interessante e pieno di spunti di riflessione sulla vita moderna che, soffocata dalle grandi riflessioni, si perde il piacere della semplicità che si nasconde nelle piccole cose. Con uno stile molto particolare, che non rivela mai al lettore più dello stretto necessario, Helle Helle ci regala una storia purificativa, con pochi elementi che descrivano la protagonista, quasi a lasciare al lettore il compito di caratterizzare il personaggio per meglio identificarsi. Una piccola opera d’arte, che consiglio a tutti.