Tanti anni fa, pubblicai una guida/libro di viaggio sul Nepal. L'introduzione fu scritta dai gradini del Tempio di Shiva e Parvati da dove si raccoglieva, con uno sguardo, un pezzo di Nepal. Su quei gradini, mi sono seduto per cosi tanto tempo, che sono finito,per caso, anche in una foto di amici di amici turisti. Li si raccolgono i tamang dei villaggi per parlare e bere il tè, donne spiluccano i bambini, perdigiorno giocano a scacchi.
Sotto scorre il mondo: turisti inseguiti da risciomen e guide improvvisate, venditori di penne di pavone, sadhu da fotografare, portatori carichi di ogni cosa. Sopra occhieggiano, come due innamorati alla finestra Shiva e Parvati, potenti e amati; ma, tanti anni, fa usati da una pubblicità di un supermercato italiano.
Il grande piazzale di Basantapur, oggi pieno di tende, e prima, affollato di venditori di souvenirs; la Piazza dei templi con le alte pagode e la casa della Kumari (la bambina è stata spostata dopo il terremoto); Hanuman Dhoka, dal nome del sacro scimmione che proteggeva la dinastia degli Shah; tutto chiuso dalle pagode e dai bianchi colonnato dell'antico Palazzo Reale.
La piazza, malgrado macchine e taxi, era rimasta quasi uguale agli anni in cui i re uscivano dal Palazzo per salire sugli elefanti parcheggiati a Basantapur. E' il centro vitale di Kathmandu e, per la gente dei villaggi, del Nepal. Non se la passavano male gli antichi monarchi, oltre a vivere nel lusso del grande Palazzo, potevano scegliere anche le ragazze del popolo a loro piacimento. Per evitare che cio accadesse a sua figlia e per nasconderla alla vista dei regnanti, il ricco padre che abitava proprio di fronte al Palazzo reale fece costruire la bellissima pagoda dedicata a Shiva, che nascose cosi le sue finestre da cui si affacciava la figlia tentatrice. (era il 1560). Altissimi scalini, in cui la gente si affollava durante le feste e da cui svettavano i tre piani della pagoda . Poco più in là, più piccolo, il Trailokya Mohan Narayan Temple, dove Garuda protegge Vishnu e, infatti, solo il bestione di pietra ha resistito.
Oggi dai gradini del Tempio, la Piazza sembra essere stata rasata; si vedono solo i gradoni, i tetti a pagoda, sorretti da travi di legno scolpite, sono crollati. I militari hanno portato in salvo antiche statue, ornamenti, linga in pietra e cristallo. I giovani volontari hanno accumulato e salvato, per un futuro restauro, legnoni intarsiati. Intorno alla Piazza, le vecchie case, raccolte intorno ai cortili che sono specie di parrocchie (bahal) per i Newari (gli originari abitanti della Valle), sono storte, gonfiate, in piedi per miracolo.
Oggi non è neanche possibile sedersi sui gradini del Tempio, anch'esso sofferente, ferito e tenuto su da grossi legnoni (foto). Sullo sfondo si vede l'altra grande assenza della vecchia Piazza, il Kasthmandap, dove da secoli venditori, viaggianti, freakettoni e cantanti trovavano riparo.
Quasi venticinque anni fa, scrivevo per quel vecchio libro, proprio da questi gradini: modernità e tradizione s'incontrano e s'incontrano, senza equilibrio. Lunghe file di macchine, riscio, mendicanti, case in cemento armato e incredibili palazzi e finestre di legno. In certe parti della città è il nuovo che prevale, in altre è l'antico, invitante e affascinante, che conserva intatta la sua grazia e la sua bellezza. Il canto di un gruppo di fedeli sale da un piccolo tempio di legno, un sadhu vestito con un brandello di cotone recita una fila interminabile di preghiere, la linea di una pagoda si perde nel cielo azzurro.
Seduti sul gradino di un tempio, tutti i pensieri si allontanano, risucchiati dalle immagini e sensazioni che scorrono davanti agli occhi e nella mente. Forse nella sua essenza, kathmandu è ancora il luogo affascinante e misterioso che entusiasmo' tanti viaggiatori del passato. Non può mancare tristezza nel vedere che luoghi che sono stati parte della propria vita siano, letteralmente spariti. Così come, forse, il fascino della vecchia Kathmandu. Che, come una donna amata, s'era gia imbruttita, nel corpo e nella mente, prima del disastro. Ma che ancora vedevo con gli occhi del primo incontro.
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