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Dai nostri blogger: La vittoria dietro ogni sconfitta

Creato il 21 febbraio 2012 da Sportduepuntozero

Bskilled - Foto GladysE’ di qualche giorno fa la notizia che Simone Moro e Denis Urubko hanno deciso di rinunciare alla prima ascesa invernale del Nanga Parbat, 8125 mt, in Pakistan. Il motivo della rinuncia è stata la previsione di fortissime nevicate che avrebbero messo a rischio la spedizione e la loro vita. La spedizione aveva preso il via 51 giorni fa e i due atleti avevano già installato tre campi, raggiungendo la quota di 6600 mt. Simone ha annunciato il ritiro attraverso il suo blog con delle parole molto toccanti.

Ma lo sport è pieno di queste storie.
Mi piace ricordare un’altra grande alpinista italiana, Nives Meroi. Questa atleta italiana sta cercando, insieme al marito, di conquistare tutti gli ottomila con una filosofia di ascensione da vera alpinista: niente ossigeno, niente sherpa che battono la pista o che portano i pesi, la tenda la montano da soli e la caricano nello zaino.
Due anni fa stava per conquistare il suo “dodicesimo” ottomila, il Kangchenjunga in Nepal. A soli 600 mt dalla cima suo marito, Romano Benet, inizia ad avere i primi sintomi di una malattia con cui avrà da lottare per i successivi due anni: l’aplasia midollare severa. Impossibile per lui salire, le propone di andare da sola. Lei risponde: “Senza di te non ha senso, gli altri 11 ottomila li abbiamo sempre fatti insieme!”. E ad un soffio dalla vetta, scendono perchè la vita di Romano, e l’amore che li lega, viene prima del record sportivo.

Alex Bellini, grande atleta che ho avuto modo di conoscere e intervistare personalmente, nel 2008 provò ad attraversare l’Oceano Pacifico a remi in solitaria, partendo dal Perù per arrivare in Australia. Alex aveva già compiuto un’impresa simile riuscendo ad attraversare a remi l’Atlantico, due anni prima.
12 dicembre 2008: la costa australiana è a poche miglia dall’imbarcazione di Alex. La traversata si sta concludendo. Questa avventura era iniziata nel febbraio dello stesso anno, quasi 10 mesi prima. Dieci mesi di intensa fatica, fisica e mentale, superando difficoltà di ogni genere. Di lì a poco la vittoria sarebbe stata sua. Ma anche in questo caso le condizioni metereologiche volsero al peggio e la vita di Alex venne seriamente messa in pericolo. A quel punto la scelta più difficile per ogni atleta: “mi ritiro rinunciando alla vittoria oppure vado oltre anche a costo di rischiare la mia stessa vita?” Alex racconta nel suo libro “Il pacifico a remi” le emozioni legate a quel momento.

Da psicologa sportiva non posso che fermarmi a riflette su queste storie. Ci si allena anni per un’impresa sportiva, con il sogno di raggiungere un risultato e poi…. qualcosa di non previsto ci pone di fronte ad una scelta difficilissima.

Per molti rinunciare può essere letto come una grande sconfitta ma prendo a prestito le parole di Simone Moro che dice: “Ciò che davvero determina l’esito di una spedizione come questa è il rapporto tra l’uomo e la montagna: se la natura non offre le condizioni perfette per poter raggiungere l’obbiettivo, ciò non deve essere considerato un fallimento ma solo un’esperienza che potrà servire come base per altri futuri progetti”.
L’essenza di un buon allenamento mentale è anche questo: aiutare gli atleti a riconoscere i propri limiti e a saper gestire le sconfitte per trasformarle in apprendimento.

Ma se ci guardiamo attorno capiamo quanta poca “psicologia” ci sia nei campi da calcio delle giovanili quando genitori indiavolati gridano ai propri figli di fare di più o quando vediamo alla televisione atleti costretti ad andare oltre in nome di uno sponsor o di un contratto che non prevede rinunce.
Senza contare le storie, troppe, di atleti che non hanno saputo fermarsi in tempo trasformando la loro motivazione allo sport in una vera “ossessione” per lo sport. A volte fatale.


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